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  • Milan, cosa c'è dietro l'impresa in Champions: i segreti di un trionfo

    Milan, cosa c'è dietro l'impresa in Champions: i segreti di un trionfo

    • Cristiano Ruiu
      Cristiano Ruiu
    L’ultima volta fu proprio a Londra, all’Emirates Stadium. Sono passati 11 interminabili anni. Un’enormità nella storia della squadra italiana più “europea” di tutte. E 11 anni dopo il Milan torna ai quarti di finale della “sua” coppa per antonomasia. Sempre a Londra, stavolta a Withe Hart Lane. In 11 anni è successo di tutto nella storia rossonera. Ma questa qualificazione ha un sapore totalmente diverso rispetto a quella dell’epoca. 11 anni fa a Londra passò il turno un Milan fortissimo, ma dilaniato da contrasti interni. In campo e in società. Tant’è vero che per poco l’Arsenal di Wenger non riusciva a ribaltare il 4 a 0 di S. Siro. Era il Milan di Barbara contro Galliani, di Ibra contro Allegri, del mancato affare Pato-Tevez, del gol di Muntari. Era il Milan del “tutti contro tutti”, che avrebbe fatto da spartiacque tra la straordinaria epopea berlusconiana e gli anni bui dell’inesorabile declino. Non ci furono abbracci dopo quella notte londinese, il Milan passava il turno pieno di rivalità e rancori.

    TUTTI UNITI - In 11 anni è successo di tutto, ma ieri sera Londra è andata in scena una squadra più unita che mai. Dentro e fuori dal campo. E gli abbracci di fine gara hanno salutato il ritorno nelle prime 8 d’Europa, il posto dove dovrebbe sempre stare il Milan. Ma le cose non arrivano per diritto divino, arrivano con la cultura del lavoro, il sacrificio e la pianificazione. E il regista del ritorno “a casa” del Milan è stato senza dubbio Paolo Maldini. Quando il “capitano”, prima della vittoria-qualificazione contro il Salisburgo, disse: “È stato bello vincere il campionato l’anno scorso, ma la storia del Milan ci impone di primeggiare soprattutto in Europa” l’orientamento della nuova stagione è diventato chiarissimo, impossibile da fraintendere. Paolo Maldini aveva spostato il suo mirino sull’Europa, la casa sua, della sua famiglia, del Milan. E quell’obiettivo lo hanno seguito tutti, all’uninsono. Da Pioli in giù. Anche i preparatori atletici, il cui obiettivo era tirare a lucido la squadra proprio per gli ottavi di finale contro il Tottenham, oltretutto avversario meno impossibile di altri, forse il migliore tra quelli presenti nell’urna di Nyon. Tutto è girato per il verso giusto. A partire dal sorteggio e persino il gennaio “horribilis” è stato propedeutico alla causa europea.

    LA MOSSA DI PIOLI - Infatti Pioli, per porre fine all’emorragia di gol subiti che gli sono costati Coppa Italia, Supercoppa e che gli stavano surriscaldando la panchina, ha cambiato schema di gioco e anche atteggiamento tattico. Non a caso è arrivata una serie di partite a porta inviolata, tra cui la doppia sfida contro gli Spurs. Zero gol subiti in 180 minuti e tutto sommato anche poche occasioni concesse alla squadra di Conte non sono stati certo un caso. Come non è stata un caso la super parata-qualificazione di Maignan su Kane nell’extra time. Anche il rientro del portiere francese era stato pianificato per Londra con due gare di rodaggio nelle gambe. Se vogliamo anche la squalifica di Leao a Firenze è stata un toccasana per il portoghese che si è presentato in grande spolvero in Champions League. Ecco Firenze, unica battuta d’arresto, di questo periodo di quasi inviolabilità e di una ritrovata soliditá di squadra. Ma anche la sconfitta del Franchi non è un caso, perché, se ne sono accorti tutti, il Milan inconsciamente aveva già la testa a Londra. E lo si è visto bene. Perché dal punto di vista tattico e strategico gli uomini di Pioli non hanno sbagliato niente. Se non qualche occasione di troppo divorata davanti a Forster. Complessivamente il Milan ha condotto la partita sia all’andata sia al ritorno e l’aggregate di 1 a 0 sta stretto ai rossoneri. E questo è un aspetto molto significativo, soprattutto in prospettiva dei prossimi turni.

    IL CAPITANO - Dal punto di vista tecnico e qualitativo il Tottenham sulla carta era superiore al Milan, ma il Milan è stato nettamente più squadra, pur non potendo contare su tantissimi fuoriclasse. Anzi fondamentalmente tre: due li abbiamo citati, il terzo merita la copertina. A Londra era il capitano e a nostro giudizio è stato il migliore in campo. Non solo per aver determinato l’espulsione di Romero, ma per aver giocato da condottiero tutte e due le sfide. Parliamo naturalmente di Theo Hernandez, tornato in stato di grazia dopo la delusione qatariota. Non a caso, e torniamo sempre lì, uno su cui il solito Maldini (insieme a Boban) aveva puntato a occhi chiusi. Non adesso che è facile, ma 4 anni fa, quando non ci credeva nessuno. Né a lui né al Milan. Oggi, insieme a Bayern, Chelsea e Benfica il Milan è nelle migliori 8 d’Europa. Gli altri ancora non si sa. La finale sará a Istanbul, un altro conto aperto per Paolo e per la storia del Milan.

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