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  • La fuga dalla guerra e quell'omaggio ai soldati croati: Milan, scocca l'ora di Mandzukic, il 'provocatore' dei serbi

    La fuga dalla guerra e quell'omaggio ai soldati croati: Milan, scocca l'ora di Mandzukic, il 'provocatore' dei serbi

    • Luca Fazzini
    Appagamento, sottovalutazione dell'avversario, incidente di percorso, deconcentrazione: sono tante le teorie dietro il tonfo del Milan a La Spezia, nella peggior gara dell'anno in campionato. Un 2-0 senza storia, un campanello d'allarme in vista della Stracittadina scudetto. Parlare di crisi è fuori contesto, ma le sconfitte - in poco più di un mese - sono già tre. E, numeri alla mano, la cooperativa del gol rossonera si è inceppata. Nelle 9 partite giocate nel 2021, il Milan è andato in gol con 5 giocatori: tolta la rete (inutile) di Calabria con la Juve, brillano solo Leao (2 gol), Kessie (3), Rebic (3) e il solito Ibra (5). 

    CERCASI GOL - Serve, dunque, tornare a segnare. E serve farlo con tutta la rosa, perché poggiare tutte le speranze su Zlatan Ibrahimovic rischia di essere un'arma a doppio taglio. Lo sanno bene Maldini e Massara, che a gennaio hanno puntato (quasi) tutte le fiches su Mario Mandzukic: esperienza e carisma a servizio di una squadra che, nella prima parte di stagione, ha dovuto rinunciare al suo totem per ben 15 partite. Sin qui il croato ha messo insieme solamente 76 minuti senza brillare: lentamente sta trovando la miglior condizione, persa dopo quasi un anno ai box. E proprio un anno è il periodo trascorso dall'ultimo gol segnato: era l'11 febbraio e Mandzukic andava in rete nel 2-0 contro il Persepolis nella Champions League asiatica. 

    IL CROATO CHE ZITTÌ IL MARAKÀNA - Già, la coppa. Territorio che il Milan tornerà ad esplorare giovedì, nel terribile teatro del Marakàna di Belgrado, catino a cui solo il Covid ha potuto mettere un freno, obbligando i 55.538 seggiolini a restare vuoti. Luogo e sfida che per Mario ha un significato particolare. All'età di sei anni, infatti, fugge da Slavonski Brod verso Ditzingen (Germania) insieme alla famiglia a causa della guerra d'Indipendenza croata. Una rivalità riaccesa nel 2012: una settimana dopo che il tribunale dell'Aia aveva assolto Ante Gotovina e Mladen Markac, generali croati inizialmente condannati per crimini di guerra, Mandzukic esultò con il braccio teso. Un episodio celebrato in Croazia e duramente criticato in Serbia, smorzato poi da Rummenigge, dirigente del Bayern quando l'attaccante vestiva la maglia bavarese. ​Per uno come lui, dunque, giocare in Serbia non sarà mai una semplice partita: si pensi a quel settembre 2013, quando aprì le marcature di un Serbia-Croazia valevole per le qualificazioni a Brasile 2014. Destro all'angolino ed esultanza con le mani dietro le orecchie per sentire il rumorosissimo silenzio del Marakàna, zittito. Roba per gente tosta. Ci sarà silenzio anche giovedì: tocca a lui, ora, dare voce e suono al Milan. Pioli è intenzionato a lanciarlo dal 1' per ripartire, per indirizzare il cammino in Europa League e per purgare nuovamente i serbi. Ma, soprattutto, per lanciare il primo messaggio al mondo rossonero. 

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