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  • Milan, la difesa a 3 è una necessità. La figuraccia di Roma pesa sul gruppo

    Milan, la difesa a 3 è una necessità. La figuraccia di Roma pesa sul gruppo

    • Giancarlo Padovan
    Al primo avversario serio incontrato nel suo breve cammino (la Lazio), il Milan si sfascia subendo quattro gol (a uno) e rischiando una punizione ancor più clamorosa. La squadra che dall’inizio della stagione ad oggi mai aveva perso (nei preliminari di Europa League aveva incontrato formazioni di categoria inferiore, a Crotone aveva vinto con un uomo in più, contro il Cagliari aveva subito il pareggio prima di imporsi a fatica), rimedia una figuraccia che peserà non solo sui giudizi della critica, appassionatamente milanista, soprattutto dopo un mercato da oltre duecento milioni, ma anche sugli equilibri di un gruppo che forse credeva di essere più avanti nel lavoro di costruzione.

    Montella ha bisogno di tempo, il MIlan ha bisogno della difesa a tre (Romagnoli, appena recuperato, era in panchina). Sia perché ha gli uomini adatti per farla (Bonucci, Musacchio e Romagnoli appunto), sia perché un centrocampo a quattro o a cinque è maggiormente sostenibile rispetto ad una linea quasi sempre in inferiorità numerica (con la Lazio sicuramente).

    C’è poi il ruolo di Bonucci. In una difesa a quattro è un elemento capace, ma non di spicco. In quella a tre risulta tra i migliori del mondo: non lascia mai i compagni soli all’uno contro uno e non è disposto a subirlo. Contro Immobile, invece, a parte i tre gol (più un assist del laziale) ha rimediato una brutta figura proprio nel confronto diretto. Al 25’ della ripresa, a risultato ormai cristallizzato, il centravanti biancoceleste è andato via palla al piede nella metacampo avversaria e, arrivato nei pressi del limite dell’area, ha saltato Bonucci quasi senza vederlo, concludendo con un tiro fuori di poco.

    E’ molto probabile che il tonfo del Milan sia riconducibile alla grande prestazione della Lazio e, in particolare, del suo terminale offensivo. Tuttavia, nei primi venti minuti, il MIlan si era fatto preferire per la manovra e il possesso della palla, nonostante fossero progressivamente venute meno le accelerazioni (Kessie) e le verticalizzazioni (il fischiatissimo Biglia).

    Poi la Lazio, inizialmente timida e bloccata in Lulic, ha preso coraggio e guadagnato campo. Fino al rigore del primo gol (37’ contatto tra Luis Alberto e Kessie), realizzato da Immobile, la Lazio avrebbe potuto lasciare il segno da calcio d’angolo (16’) quando Bastos (subentrato all’infortunato Wallace dopo quindici minuti), di petto ha spinto fuori anziché nella porta di Donnarumma, un’insidiosa traiettoria proveniente dalla bandierina di destra.

    Ma il gol da una parte ha acceso la Lazio e dall’altra ha spento il MIlan. Dopo quattro minuti scarsi, Immobile si è ripetuto. Probabilmente con la segnatura più bella dell’intera giornata. Un destro al volo dal vertice sinistro dell’area del portiere che è andato a spegnersi sul palo opposto di Donnarumma. Grande gol e grande azione con la quale la Lazio ha attaccato in massa e con un esterno, Lulic che ha crossato da destra.

    Tutto questo non per caso, ma perché la squadra ha saputo muoversi e cambiare le posizioni, secondo un precetto di gioco di Simone Inzaghi, un allenatore che si sta imponendo su un grande palcoscenico senza avere sponsor e raccomandazioni, tranne quelle di Tare (suo scopritore) e di Lotito.

    La partita, già virtualmente chiusa, è stata sigillata nei primi quattro minuti della ripresa. Il Milan, scarico e remissivo, è rimasto negli spogliatoi senza sprigionare una sola scintilla d’orgoglio (è successo sul 4-0 con il gol di Montolivo, pronto a ribattere a rete, una punizione di Calhanoglu, entrato per Cutrone), così la Lazio ne ha approfittato subito. Prima con il voracissimo Immobile (tripletta) a chiudere un’azione di Lulic rifinita da Parolo. Poi con Luis Alberto, servito da un assist perfetto di Immobile (voto 9) al culmine di un confronto in velocità (vinto dal napoletano) su Musacchio.

    La Lazio ha vinto perché si è costruita le opportunità per giocare con serena determinazione (il doppio vantaggio). Il Milan ha perso perché difesa e centrocampo hanno ceduto e il trio d’attacco (prima Suso, Cutrone, Borini; poi Suso/Bonaventura, Kalinic, Calhanoglu) hanno visto e trovato poco la porta.

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