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Milan in crisi: sotto accusa il mercato estivo fatto con la consulenza di Moggi

Milan in crisi: sotto accusa il mercato estivo fatto con la consulenza di Moggi

Esposto ai venti di un campionato meno che mediocre, di una situazione finanziaria più che nebulosa e di un equilibrio societario funambolico, il Milan un po’ cinese e non molto milanista, zeppo com’è di ex juventini ed ex interisti nell’organigramma, valutava ieri sera se issare sul pennone la sua unica bandiera: Rino Gattuso. Il campione del mondo di Berlino, 13 stagioni in rossonero, era il candidato alla sostituzione di Montella, messo all’angolo dallo 0-0 col Torino, quarta partita di seguito in casa senza lo straccio di un gol segnato e pareggio custodito nel finale da due prodigiosi balzi di Donnarumma. Prima dell’inizio il ds Mirabelli aveva affidato a Premium l’ultimatum all’allenatore: "Il rodaggio è finito. È stata data tranquillità al tecnico, ma siamo qui per vincere, non per partecipare". Toccava dunque all’ad Fassone e alla misteriosa proprietà cinese, il presidente contumace Yonghong Li e il dg itinerante Li Han, delusi per il settimo posto, decidere sulla staffetta tra Montella e l’allenatore della Primavera terza in classifica. 

In teoria il prossimo appuntamento è semplice, domenica a Benevento, e il successivo cammino percorribile, fino alla fine del girone d’andata: Bologna, Verona, Atalanta, Fiorentina. Però il Milan sta inciampando, molto al di là dei demeriti di Montella, negli stenti dell’attacco, che col Torino hanno reso vano il dominio nel gioco. Dal 2- 0 del 20 settembre alla Spal la squadra non è più riuscita a vincere in casa in campionato e stavolta, più delle parate di Sirigu, sono stati decisivi gli errori di mira di Kalinic e André Silva. 

I tifosi hanno perso l’entusiasmo per il reclamizzato mercato estivo di Fassone e Mirabelli, con la consulenza di Alessandro Moggi, che impegnerà il club per 220 milioni da qui alle prossime due stagioni, tra affari già conclusi e prestiti con obbligo di riscatto. Sempre come si legge su La Repubblica in edicola oggi, nella formazione titolare è tornata la maggioranza preesistente alla rivoluzione: 6 su 11 anche ieri. I superstiti, secondo i piani iniziali, dovevano essere soltanto Donnarumma e Romagnoli. Ma poi si è infortunato subito Conti e Montella ha constatato che Zapata è meglio di Musacchio, che Rodriguez potrebbe equivalere ad Antonelli, che Suso è insostituibile, che Montolivo non fa rimpiangere Biglia, che Çalhanoglu è meno affidabile di Bonaventura (furioso al cambio) e soprattutto che Bacca era più goleador di tutti gli attaccanti messi assieme, con l’eccezione del giovane Cutrone, promosso dal vivaio. 

Proprio come sarebbe il candidato Gattuso, che tuttavia non rappresenta un salto nel buio: diverso fu il battesimo di Pippo Inzaghi e Brocchi, nello scorcio finale dell’era Berlusconi. Gattuso allena dal 2013 e ha vissuto situazioni complicate (eufemismo). Se l’esonero nel Palermo di Zamparini, in B, rientra nella tradizione, non sono di sicuro ordinarie l’esperienza all’Ofi Creta, club fallito in corso d’opera eppure da lui tenuto a galla fino a dicembre, né le due annate in un Pisa promosso in B, salvato dal precipizio societario grazie anche alla sua passione e poi retrocesso con dignità. Pur di tornare al Milan, ha accettato la Primavera, scalando la classifica con qualche talento di prospettiva (Bellanova, Brescianini, Dias). Tutto si può dire, dell’eventuale grande occasione, tranne che non la meriterebbe. 
 

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