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  • Monza, il ds Antonelli a CM: 'I 46 secondi di Marrone, le chiamate con Galliani, Gytkjaer visto per caso. Vi racconto una scalata da A'

    Monza, il ds Antonelli a CM: 'I 46 secondi di Marrone, le chiamate con Galliani, Gytkjaer visto per caso. Vi racconto una scalata da A'

    • Michele Antonelli
    Sette anni in un paio d’ore, o poco più. Rischio e bellezza del gioco del pallone. Il Monza per la prima volta in Serie A nasce dal vuoto dell’estate 2015: dopo la sconfitta in finale di Coppa Italia Serie C, la società fallisce e riparte dalla D. Cambia tanto, quasi tutto. E inizia una scalata che si conclude domenica 29 maggio 2022 a Pisa, Arena Garibaldi. A qualche centinaio di metri da Campo dei Miracoli, termine che poco si addice al trionfo brianzolo. Un’ascesa studiata e messa in piedi giorno dopo giorno, dall’abisso al successo. Filippo Antonelli, ds del club (foto: Buzzi), ha visto la storia prendere forma in prima fila. "Alla fine dei regolamentari non si poteva più stare in tribuna, mi sono spostato vicino alla panchina. Poi ho guardato in faccia i nostri giocatori e ho capito che la serata era quella giusta". A Monza dall’agosto 2015, ha raccontato in esclusiva a Calciomercato.com la cavalcata biancorossa dai dilettanti al paradiso.  

    Con quali obiettivi è iniziata quest’avventura?

    "Con l’idea di ridare serietà e appeal a questa società, da sempre basata sulla competenza. Ricordiamo che il Monza, prima dell’avvento della nuova proprietà, aveva preso parte a 39 campionati di Serie B. Quando sono arrivato, la piazza era stanca e delusa dopo due fallimenti e anni di insuccessi". 

    Nel 2015 avrebbe immaginato un epilogo così?

    "Era una situazione del tutto diversa, la Serie A era impensabile. Ma le persone che lavorano nello sport vivono di sogni, il motore naturale della vita, e io posso dire di averne realizzato uno bello grosso. La voglia di credere in qualcosa non deve mai mancare, solo così può nascere un’impresa". 

    Nel 2018 cambia tutto con l’arrivo di Silvio Berlusconi. 

    "È un visionario, un uomo che ragiona in prospettiva e che trasmette entusiasmo. Fin dall’inizio ha voluto in campo una squadra capace di giocar bene e di farsi rispettare. Sempre e comunque". 

    E con lui, Adriano Galliani.

    "Il nostro rapporto è quotidiano. Seguo le sue direttive, ci confrontiamo e sono contento di far parte di un progetto così esaltante. La mentalità vincente di Berlusconi e Galliani si è vista e sentita soprattutto dopo le sconfitte, che capitano. Da quella nella semifinale playoff dello scorso anno, contro il Cittadella, forse il momento più difficile della mia esperienza qui, alla partita persa qualche settimana fa contro il Perugia, con cui abbiamo mancato la promozione diretta. Il loro segreto è guardare avanti e mai indietro. Così ho capito cosa significa vincere". 

    Dall’inferno al paradiso in sette anni. Quali sono le istantanee di questa scalata?

    "Penso subito al mio primo acquisto, Andrea D’Errico, poi diventato capitano di una squadra lasciata solo la scorsa estate. E all’arrivo in panchina di mister Zaffaroni, con cui nel 2016 abbiamo vinto la Serie D. Poi il decisivo cambio di proprietà, accompagnato da una ventata d’energia, e il ritorno in B dopo vent’anni, grazie al trionfo in campionato. Infine, la ripartenza della scorsa estate con Stroppa. Un nuovo inizio dopo una delusione difficile da metabolizzare". 

    Una ripartenza chiusa in grande stile, dopo una stagione a cento all’ora e con diversi protagonisti in vetrina. Su tutti, Gytkjaer…

    "Ci accorgemmo di lui quasi per caso. Andai a Cracovia per visionare un terzino, da prendere per necessità. Al tempo, Christian giocava nel Lech Poznan e si trovò ad affrontare il ‘nostro’ uomo. Testa, tecnica, tenacia. Mi convinse e tornai in Polonia la settimana successiva per avere la conferma.  Dissi a Galliani che il terzino non aveva convinto e mi chiese il motivo del ritorno. Gli mandai il curriculum di Gytkjaer, facendo notare il suo contratto in scadenza, e mi disse di non tornare senza averlo prima bloccato. Strappai il sì, in Italia sistemammo i dettagli con calma". 

    Nulla a che vedere con la fretta dell’affare Marrone, ultimo colpo della scorsa sessione estiva. Un regalo del destino.

    "È stato divertente. Mister Stroppa lo chiedeva, Galliani disse di no perché avevamo nove difensori. Continuai a chiamarlo dallo Sheraton Hotel e mi rispose di lasciar perdere perché con noi ognuno alzava le richieste. E io, ‘Guardi dottore, Luca è accanto a me. E per venire a Monza rinuncerebbe anche a tanti soldi’. Ci ripensò e diede l’ok quasi allo scadere, riuscimmo a depositare il contratto per 46 secondi. La nostra promozione è nata lì (ride, ndr)". 

    Altri elementi fondamentali in stagione sono stati Dany Mota Carvalho… 

    "Anche qui una bella trattativa. Dany arrivò nel gennaio 2020 dalla Juve, ma era nel mirino già da tempo. L’anno prima Galliani disse di evitare per il prezzo troppo alto. Poi, qualche tempo dopo, glielo riproposi perché avevamo bisogno di una punta. Si arrabbiò, ma dopo cinque minuti mi richiamò. ‘Filippo, è così forte?’, chiese. Confermai e chiamammo Paratici per intavolare la trattativa. In quel momento capii che ci sono no e no e che a volte vale la pena insistere". 

    … e Carlos Augusto.

    "Durante il lockdown iniziai a vedere video su video del campionato brasiliano. Mi colpì, decisi di puntare su di lui. Sapevo che sarebbe arrivato in Italia appena possibile per fare il passaporto e iniziai a prendere contatti con Duílio Monteiro Alves, prima direttore sportivo e oggi presidente del Corinthians. Poi entrò in scena Galliani per chiudere la missione, visti i buoni rapporti con il club per affari passati". 

    Finita la festa, riecco il mercato ai blocchi di partenza. 

    "Godiamoci il successo ancora per qualche giorno, meritiamo un momento così. Tra un po’ inizierà il vero lavoro. La proprietà metterà in piedi una squadra vincente, il successo è nel loro dna. Pian piano, durante tutte le trattative passate, il dottor Galliani mi ha insegnato che ogni operazione è da studiare con passione. Come se si trattasse sempre di un Van Basten. Per questo dico che i trionfi non arrivano per caso".

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