La notizia che i tre medici soccorritori di Piermario Morosini siano indagati per l'ipotesi  di reato di omicidio colposo, ha bruscamente riacceso l'attenzione sulla tragedia del 14 aprile scorso a Pescara. 

Non poteva essere altrimenti perchè la domanda che tutti ci poniamo, da quel maledetto giorno di cinque mesi fa, è sempre la stessa: il calciatore bergamasco sarebbe stato salvato se fosse stato usato il defibrillatore?

In questi mesi abbiamo ascoltato e abbiamo letto le diverse prese di posizione assunte da luminari e specialisti di alto rango e, siccome cardiologi non siamo, non possiamo che rimetterci alle spiegazioni di chi ne sa molto più di noi.

Ma c'è un ma. C'è il diritto e anche il dovere  di capire, di sapere se, quel giorno a Pescara, sia stato fatto tutto quanto era umanamente possibile per strappare alla morte il ragazzo del Monterosso, la cui scomparsa ha fermato il calcio e ha commosso il mondo.

Sabato 15 settembre, a Bergamo, il campo sportivo del Monterosso verrà ufficialmente intitolato a Piermario Morosini. Ci saranno Anna, la sua ragazza; i suoi familiari, gli amici, molti di quelli che hanno avuto la fortuna di conoscere il ragazzo che sorrideva sempre e da grande voleva fare il calciatore.

Per onorare la memoria di Mario, per rendergli giustizia, il lavoro dei magistrati pescaresi è di fondamentale importanza. Ricordando che il defibrillatore dovrebbe essere obbligatorio in tutti i luoghi del nostro Paese teatro di eventi sportivi, dall'ambito professionistico all'amatoriale.

C'è una proposta di legge all'esame del Parlamento, presentata sull'onda emotiva della tragedia di cinque mesi fa. Speriamo che quelli della Casta non le  facciano fare la fine della legge sugli stadi: sono quattro anni e mezzo che ci dormono sopra.  

Xavier Jacobelli

Direttore Editoriale www.calciomercato.com