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  • Napoli in silenzio: è il turnover il muro che divide De Laurentiis e Sarri

    Napoli in silenzio: è il turnover il muro che divide De Laurentiis e Sarri

    Dalla Grande Bellezza al Grande Freddo in quarantotto ore appena. Doveva essere una festa, un punto d'arrivo e un grande traguardo, e invece Real Madrid-Napoli s'è trasformata in una bomba: polemiche, critiche, frattura mediatica De Laurentiis-Sarri e silenzio stampa a oltranza fresco di giornata. Boom. Che guaio. Eppure il Napoli è lì, pronto a dare battaglia in campionato e in ogni tipo di coppa, sospeso com'è tra Juve (in Italia) e Real (in Champions), e non demorde. Non può, non deve. E d'accordo l'ago e il filo usati dal presidente per cucire le bocche, ma il contrasto resta. Sacrosanto, non fa una grinza. Bene, anzi male: e soprattutto perché? Per capirci qualcosa bisogna fare un salto indietro nel tempo, e precisamente all'oretta successiva alla fine del campionato precedente: "Abbiamo già acquistato Tonelli e compreremo altri calciatori: ora sono caz... tuoi che dovrai farli giocare tutti!", disse De Laurentiis a Sarri nella conferenza di fine stagione ridendo. Ma evidentemente non scherzando: perché alla fine, secondo il presidente, il problema principale sta proprio nella gestione della rosa. Con tanti saluti ai milioni, moltissimi milioni, adagiati in panchina e poi anche in tribuna. 

    LE CRITICHE - E già, il punto focale dello sfogo madrileno di De Laurentiis è prettamente questo: giocano sempre gli stessi. Soprattutto in certi ruoli. Fermo restando il caso Milik, reduce da un lungo infortunio, giocano i soliti, i fedelissimi, e a volte in panchina non si vedono neanche i giocatori pagati in estate 15 (Rog) o anche 16 milioni a gennaio (Pavoletti): tipo al Bernabeu. Il concetto, che magari l'amarezza della sconfitta con il Real ha esasperato a caldo, non è neanche una novità. Altroché: il presidente ravvisa da sempre questo tipo di peccato nella gestione dell'allenatore, e al di là della dichiarazione divertente ma alla lunga rivelatasi seria di un campionato fa, di esempi ce ne sono a gogò. Privati - come dopo il pareggio con il Palermo - e pubblici. Del tipo: a fine novembre, dopo il pareggio del San Paolo con il Sassuolo, De Laurentiis lanciò un messaggio forte e chiaro dalle Giornate professionali di cinema di Sorrento: "Aspetto con interesse il debutto di Rog". Un nome che a un certo punto a Napoli è diventato quasi un mistero: pagato fior di milioni, presentato come un grande prospetto ma del tutto ai margini. A gennaio, in pieno mercato e nel bel mezzo dell'esplosione di Mertens, il presidente confezionò un altro messaggio: "Ora magari ne prendo un altro ma poi direte che era meglio quello di prima", disse alludendo chiaramente all'acquisto ormai prossimo di Pavoletti e al momento eccellente del belga. Che, poi, a Madrid è stato involontario e principale protagonista delle parole presidenziali: "Evidentemente si pretende troppo da chi è stato spostato in un ruolo non suo".

    GLI ELOGI - Detto questo, però, bisogna anche dire altro. E dunque citare quelli che appena uno, o pochi giorni prima erano stati i cavalli di battaglia bianchi e principeschi. "Mertens è più forte di Higuain". E soprattutto: "Sarri è un genio, ha impostato un gioco che in tanti ritengono unico in Europa e io sono monogamo. Ma sul rinnovo deve dire la sua". E ancora: "Gli scazzi sono il sale della vita, ma ormai dovreste aver imparato a conoscermi". Una frase emblematica, sintomatica, simbolo e manifesto: De Laurentiis è davvero così. S'arrabbia, si sfoga, è istintivo ma poi dimentica. Sorride e abbraccia. E sia chiaro: questa è pura cronaca. E' il racconto di una realtà che va da sempre così, a prescindere dai giocatori e dagli allenatori, e che ora il mondo ha appreso direttamente dal Bernabeu in una notte di Champions. Con un'eco assordante. 
     

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