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  • Né Allegri né Ranieri: Mazzarri, toscano della Costa, non teme l'inglese

    Né Allegri né Ranieri: Mazzarri, toscano della Costa, non teme l'inglese

    • Fernando Pernambuco
    “Sonetti, toscano della costa, non teme il libeccio”. Così recitava un bel titolo di anni fa. Come dire: il ruvido corsaro non teme le battaglie. In fondo i toscani della costa s’assomigliano un po’ tutti, (da Agroppi a Lippi, da Mazzarri a Fascetti) con quel fare un po’ ruvido da pistoleri, tra il torvo e il furbo. 

    Solo Allegri fa eccezione: un labronico a rilascio lento, con un aplomb monotematico, alla Buster Keaton. In ogni dopo partita (a bordo campo si conta qualche sfuriata contro i suoi) si mostra emotivamente bilanciato nelle molte vittorie e nelle poche sconfitte. Testardo, comunque, come gli altri.

    Una certa comunanza tra Mazzarri e Allegri, viene in mente quando si pensa non solo all’ accento, ma alla forte prudenza e a un innato conservatorismo dei due. Sia tattico, sia psicologico. La differenza sta nella capacità del livornese di reggere alla pressione e di saper governare grandi squadre. Tutto sommato in un diverso rapporto con l’ansia.

    Mazzarri era talmente abituato all’ ansia, da non saperne farne a meno. Raramente liberato dopo una vittoria, preferiva di gran lungo coltivare la geremiade luttuosa della sconfitta. Urlava, si agitava, capriolava a bordo campo per un gol subito; restava di marmo per un gol segnato. Non sopportava  il peso del pronostico favorevole e quindi della grande squadra. Non poteva  partire in “pole position”: non faceva che guardare nello specchietto retrovisore; doveva arrivare da dietro, confuso nel gruppo, procedere a zig-zag, possibilmente senza farsi riconoscere.

    Testardo, “trecinqueduista” indefesso, affezionato a un gruppo di giocatori che stenta a non far giocare (simile in questo all’Allegri juventino) era una moderna incarnazione del “primo non prenderle” e palla avanti. Alfiere d’un calcio di rimessa più che di proposta.

    Il Mazzarri inglese sembra mantenere intatte le sue caratteristiche, ma appare più liberato, più svincolato dall’ ansia. Intanto perché si esprime in una neolingua sconosciuta ai più, l’anglo-sanvincenzese, poi perché riparte da una squadra che non deve necessariamente vincere la Premier e, infine, perché la pressione nel calcio inglese sembra minore rispetto a quella del Campionato italiano. Chi l’ha mai visto festeggiare così, come dopo la vittoria contro lo United, in Italia?

    E’vero, in fondo, anche il Leicester di Ranieri è una squadra all’italiana, difesa, blocchi e ripartenze e quindi in Inghilterra, come spesso è accaduto tra le due Nazionali, questo atteggiamento premia. Ma noi non siamo abituati a vedere un Mazzarri sorridente e trionfante. Dov’è finito quel broncio rauco e lamentoso, sempre in bilico sull’abisso della bestemmia?

    L’Inghilterra, per lui, potrebbe essere terapeutica. E un po’ ci dispiacerebbe vedere ritornare sul mare di San Vincenzo un ironico signore in giacca, cravatta e bombetta, con un accento oxordiano.

    No, questo no! Magari Walter vince la Premier e arriva con un doppio petto gessato, ma l’inglese no! Quello non lo impara!
     

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