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  • Occhio al Chievo:|Contro le grandi morde
Occhio al Chievo:|Contro le grandi morde

Occhio al Chievo:|Contro le grandi morde

i là c'è un'Inter che zoppica, balbetta, si ritrova all'improvviso travolta da una specie di crisi di identità, tenera, mal difesa. Di qua c'è il Chievo speculatore con le piccole ma spregiudicato con le grandi, che poche volte quest'anno ha ciccato gli appuntamenti di lusso.
L'aria - profumata da una classifica che sa di buono - è quella giusta per mettere qualche altro sassolino nell'ingranaggio di Leonardo, produrre imbarazzi a San Siro, sognare lo sgambetto.
Almeno un mezzo sgambetto, quello che domani pomeriggio potrebbe virtualmente estromettere i nerazzurri dalla lotta scudetto e gratificare i gialloblù di un altro punto, governando un'altra bella spinta verso la Serie A 2011-'12.

A TESTA ALTA. Sia come sia, il campionato in corso sostiene le ambizioni di Pioli e compagnia. Che, se si eccettua la sofferta trasferta di Udine, hanno sempre destato impressioni positive contro le avversarie di rango. Anche quando alla fine della fiera il bottino è stato nullo. Complessivamente, nelle sfide contro le prime otto della classe, finora i gialloblù hanno messo assieme 13 punti in undici gare, vincendo tre volte, pareggiando quattro e perdendo quattro.
Le note liete sono arrivate dal doppio confronto col Napoli (con relativo pieno di punti); quelle meno simpatiche - al di là del rivedibile viaggio a Udine - dal doppio appuntamento col Milan, che però ha fornito non pochi motivi per recriminare. Senza trascurare lo sfortunato imciampo casalingo con la Lazio.
CAPOLISTA INGORDA. Milano, quest'anno, non ha portato bene alla causa gialloblù.
Il Chievo che ha fatto visita al Milan, l'ottobre scorso, ha patito un avvio rovinoso trovando però l'energia e l'orgoglio necessari a rientrare temporaneamente in gara grazie a una sortita di Cesar. Nel finale i rossoneri arrotondarono, ma l'undici di Pioli destò comunque discreta impressione.
Meglio ancora - sul piano del gioco e degli attributi - sarebbe andata diciassette giornate dopo, nel discusso ritorno del Bentegodi, chiuso in malora anche per colpa di quel colpo malandrino di Robinho, capace di segnare solo con l'aiuto della mano.
VEDI NAPOLI E POI GODI. Tutto differente il bilancio con la seconda squadra della A che, avesse fatto fruttare meglio gli incroci col Chievo, si troverebbe probabilmente in cima.
La trasferta del San Paolo rimane uno dei piccoli capolavori di Pioli, interpretato alla perfezione da capitan Pellissier, strepitoso sia nelle vesti di goleador che in quelle di rifinitore. Non basta perché la quarta di ritorno, al Bentegodi, resterà ugualmente indelebile grazie alla perla di Moscardelli e all'affondo letale di Sardo, trasformatosi per una notte in Messi. Sei punti sottratti con pieno merito ai partenopei e moccoli a quintali asciugati in gola a Mazzarri.
DA BENITEZ A DELNERI. Il Chievo dalla faccia tosta ha colpito anche e soprattutto i campioni d'Italia, l'Inter del triplete, la macchina da gioco (e da gol) attrezzata da Mourinho ed ereditata da Rafa Benitez.
Che magari non sarà mai stato capace di alzarle troppo i giri, ma che tutto aveva in mano tranne che un'utilitaria.
L'Inter al Bentegodi ha conosciuto una delle giornate meno felici del suo tribolato campionato, crollando ben più di quanto non spieghi il risicato 2-1 finale. Un'altra ragione per rimettere la faccia cattiva anche domani a San Siro.
In sequenza sarebbero arrivati anche i testa a testa con Roma e Juventus, più o meno lanciate, all'epoca, alla rincorsa della vetta.
Il 2-2 con i giallorossi, guardando ai contenuti, ai modi, all'aspetto più romantico della contesa (considerato anche che il Bentegodi era ridotto a una specie di campo di patate) resta un'altra impresa. E quel secondo tempo, vissuto senza paura, da cuori impavidi, stuzzica ancora brividi.
Simile l'andamento della partita con la Signora, accompagnata dal grande ex Gigi Delneri. Il rigore cattivo di Marcolini, il prodigio di Quagliarella, la gara che sembra segnata fino all'ennesima ripresa giocata tutta d'un fiato, alla garibaldina, con la porta di Storari presa d'assalto e la stoccata in extremis del solito Pellissier a incendiare le anime gialloblù.
PASSO LENTO. Gli altri incontri con le grandi del torneo non hanno riservato ulteriori successi. Le amarezze sono arrivate dalla Lazio, sorniona e corsara a Verona grazie a Zarate, e dall'Udinese, che al Friuli imperversò in lungo e in largo sulla stranita truppa clivense limitando solo per caso al 2-0 il risultato finale.
Decisamente meglio sarebbe andata a Roma, nel ritorno con i biancazzurri di Edy Reja, stoppati quando già parevano in fuga dall'acuto rapinoso di Bostjan Cesar. Uno che all'Olimipico deve aver davvero suscitato grande impressione se ora il suo nome fa bella mostra sul taccuino degli uomini di mercato di Lotito.
Palermo, infine. L'ultima delle otto sorelle che stanno governando i destini della A, in attesa di sfidare i gialloblù all'ultima di campionato, non riuscirono all'andata ad affondare le zanne, nonostante il robusto bagaglio di talento e la fase, allora non brillantissima, dell'undici di Pioli.
La storia si rovescia domani, quando il Ceo testerà ulteriormente lo stato di salute - apparso assai cagionevole - dei campioni d'Italia, maltrattati in rapida sequenza prima dal Milan e poi dallo Schalke 04.
Come ha detto Fabio Moro, «sognare non costa nulla». E già un pari peserebbe oro.


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