Se si arriva fino in fondo, si tratta solo di cinque partite. Nessuno sforzo titanico, soltanto una tenuta psicologica a cui il Palermo - diciamolo - non è abituato. Ma con l'abitudine infusa non ci nasce nessuno. Oggi per la squadra di Rossi comincia la Coppa Italia: è un dovere morale investirci tutte le energie, paradossalmente anche più del campionato. Già, perché la storia del club rosanero - tristemente scevra di trofei - reca ancora in copertina i bubboni delle due finali defraudate. Nel lontano 1974 dal Bologna, cinque anni più tardi dalla Juventus. I decenni si sommano, il calcio è cambiato, ma la ferita nel cuore dei tifosi rosanero non smette di sanguinare.

Oggi il Chievo, se si passerà il turno l'avversario sarà il Parma, sempre in gara unica al 'Barbera'. Nessuna sfida 'monstre' come invece potrebbe succedere in semifinale, laddove l'avversario, salvo clamorose bizzarrie pallonare, sarà il Milan. E chissà che il Diavolo in quel periodo non sia costretto a farsi in quattro tra Champions League e sportellate-scudetto. Glielo auguriamo di cuore, da italiani e da sciovinisti. In finale, quella senza appelli all'Olimpico, tutto può accadere. Del resto è un finale, calderone di spettacolo dove Eupalla e compagni sono soliti rimestare.

Ma la finale, per il momento, è soltanto una chimera. I leader dello spogliatoio, da Migliaccio a Miccoli, hanno ribadito a più riprese che vorrebbero vincere un trofeo in maglia rosanero. E quale occasione migliore di questa Coppa Italia, negli anni divenuta una coppa di latta ma pur sempre una coppa? Il Palermo ha tutti i mezzi per arrivare fino all'ultima volata, non come il Chievo e le big che per motivi diversi guardano a questa competizione come Francesco De Gregori guarda ai matrimoni. Anche a costo di perdere l'affollatissimo treno per la Champions, dunque, non perdiamola di vista questa coppa svilita. A vincere, del resto, da qualche parte bisogna pur cominciare.