No, niente più pareggi, per carità. Il Palermo fuori casa ne ha raccolti quattro a fronte di otto sconfitte e nessuna vittoria. Un triste primato quello rosanero, condiviso guarda caso con l'avversario di domenica, il Siena. La squadra siciliana, però, è fanalino di coda della Serie A in quanto a punti raccolti lontano dalle mura amiche, quattro appunto. Perfino il Novara - corsaro a San Siro - e lo stesso Siena, con cinque pareggi, hanno fatto di più. È chiaro che l'andazzo nelle gite fuori porta va cambiato. Magari non equiparandolo a quello casalingo: il Palermo, se non fosse schizofrenico da una domenica all'altra, lotterebbe per lo scudetto. Altro che la super-sfida Milan-Juventus.

Lo abbiamo detto per buona parte delle 12 trasferte di questo campionato, ma ci ripetiamo a costo di essere stucchevoli: può e deve essere la volta buona. Intanto perché il Siena è in un momento negativo sublimato dalle sconfitte con Lecce e Catania, due dirette concorrenti nella lotta-salvezza; poi perché Sannino sarà privo della sua punta di diamante, il palermitano Calaiò, che mercoledì si è fatto ammonire e bypasserà la sua terra natale causa squalifica. 'Segnali', si direbbe assecondando retorica e leggi non scritte del calcio, ma è meglio non mettersi da soli in credito con la fortuna.

Quella delle trasferte resta una tara storica da quando il Palermo è tornato in A nella stagione 2004-05. I rosa hanno sempre costruito le proprie fortune in casa, depauperando il patrimonio lontano dal proprio pubblico. Impossibile capire la genesi di una malattia congenita, giacché il problema sarebbe stato già bell'e risolto. Sono cambiati allenatori, tritati e frullati interpreti, ma la sostanza non è mai cambiata. Peccato, perché il Palermo avrebbe raggiunto traguardi ancora più dolci di quelli comunque ottenuti nel corso degli anni. Ma adesso bisogna pensare a fare un passo alla volta. Cominciando (finalmente) da Siena.