Non devi soltanto essere un senatore, il più bravo con la palla tra i piedi o il più carismatico in campo. Per diventare un buon capitano devi essere anche un abile oratore. Non di quelli che intortano la gente, ma di quelli che parlano con schiettezza. Che poi fa rima con bellezza e, perché no, esattezza. Quando decide di sedersi di fronte a microfoni, telecamere e taccuini, Fabrizio Miccoli non lo fa per pavoneggiarsi o incartare pacchi di retorica; ieri, primus inter pares (perché il Palermo sta messo maluccio), si è messo davanti al gruppo. Per proteggerlo e raccontare al pubblico come vanno realmente le cose.

Ieri Miccoli non ha mai nominato direttamente Zamparini, ma con la sua lingua da capitano ha sapientemente cadenzato il pensiero. Senza fare polemica, semplicemente analizzando i fatti. Non è vero che 'questo Palermo è più forte di quello dell'anno scorso' (parola di patron), perché 'sono andati via Viviano, Silvestre, Balzaretti e Migliaccio' (i nomi Miccoli non li ha pronunciati, ma vabbè). 'Non vale la pena fare un paragone con l'Udinese, che parla sempre di salvezza ma poi zitta zitta frega tante squadre e va in Champions. Il nostro unico obiettivo è la salvezza; è inutile girarci intorno, dimentichiamoci gli anni passati e pensiamo a mantenere la categoria, ché poi magari qualche soddisfazione ce la togliamo'.

Provate a smontare una sola affermazione di Fabrizio, che ieri, c'è da scommetterci, ha guadagnato tanto di quel credito tra i tifosi che nemmeno dieci triplette. La gente di Palermo è più limpida dell'acqua di sorgente: ti dà affetto puro, a patto di non darle da bere delle velleità. I Cavani e i Pastore sono un lontano ricordo, i campionati in cui 'arrivare dopo l'ottavo posto era un fallimento' (sì, ancora Miccoli) pure, le tre vittorie consecutive sul campo della Juventus un tatuaggio sul cuore. Adesso bisogna solo armarsi di provincialismo e tanta, tanta pazienza. Che non farà rima con bellezza, ma è l'unica alternativa.