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  • Panchina Roma: destini incrociati

    Panchina Roma: destini incrociati

    Quando la partita diventa un contorno. Roma e Napoli giocano chiudono il campionato senza contendersi nulla: gli azzurri hanno già avuto la Champions che cercavano, i giallorossi sono appesi alla finale di Coppa Italia per entrare in Europa League.
    E allora gli occhi andranno su tutto quello che succede fuori dal campo. Andreazzoli si siede per la penultima volta sul ponte di comando aspettando il derby della salvezza o della condanna, Mazzarri entra in uno stadio che dall’anno prossimo può diventare casa sua.E un orecchio bisogna tenderlo pure a Siena, dove si capirà meglio quanto se la vita di Allegri al Milan può continuare.

    In queste ore cruciali per il futuro l’attesa è vissuta con un certo nervosismo a Trigoria. Mazzarri resta il favorito per tanti motivi, Allegri un’ottima alternativa ma se voltassero entrambi le spalle al club, sarebbe un bel problema trovare una soluzione rassicurante. È Andreazzoli, paradossalmente, a certificare il disagio dei dirigenti: «Hanno trovato il mio successore? Allora ditemi chi è». Anche il pacato Aurelio negli ultimi tempi ha perso serenità. A tal punto da risentirsi se nessuno lo tiene in considerazione per l’anno prossimo. «Vi siete dimenticati - accusa Andreazzoli - che questa squadra ha ancora un allenatore, anche se non è contemplato. Invece c’è, con pieni poteri e tutti i diritti che gli dà la carica, però la mira è spostata da tempo». Con la Roma settima non poteva essere altrimenti.
    Il toscano ci ha provato a salvare il salvabile, a un certo punto sembrava avercela quasi fatta, ma la caduta di Palermo, l’incredibile pareggio con il Pescara e la mazzata inflitta dal Chievo hanno fatto crollare il castello. «Speravo di incidere molto di più - ammette - sulla continuità di questa squadra e invece purtroppo abbiamo avuto due ricadute che non mi sono piaciute affatto: io non ci metto il Chievo. Se mi riconfermerei? Mi costringete a ripetere sempre le stesse cose, allora rispondo di no: non mi riconfermerei perché mi sento incapace! Ma come potrei rispondere il contrario?».
    Evidente che in questi mesi Andreazzoli ci abbia preso gusto, forse più di quanto credesse all’inizio. «Sto allenando la Roma, una delle società più importanti al mondo, come faccio a non goderne? Sono rammaricato di non riuscire a dare tutto quello che non vorrei, ma lo sport abitua a queste cose». Toccherà al successore cambiare il trend dei giallorossi dopo tre campionati da comprimari. E magari potranno chiedere ad Andreazzoli, destinato a restare nello staff, un consiglio sui ruoli da rinforzare. «Mi sono accorto di cosa serve, ma non lo dico. Ricominciare da capo è sempre penalizzante per tutti e non credo che la società lo voglia farlo. Bisogna continuare un percorso che è stato tortuoso e non si può negare. Speriamo ci sia da correggere il meno possibile».
    Aurelio proverà a dare il suo contributo, di nuovo da dietro le quinte. A meno che non arrivi una proposta allettante da fuori. «Credo di saper fare bene il mio mestiere e di avere l'esperienza giusta per tutto quello che mi si potrebbe prospettare, qui o altrove. Il mio destino ce l'ho chiarissimo, e lo controllo io e lo decido io».
    Il campionato è all’atto finale, è tempo di giudizi. «Mediocre secondo me non è la giusta valutazione - dice Andreazzoli - dico sufficiente che potrebbe diventare buono se vinci la Coppa Italia e vai in Europa. Si sono viste anche buone cose, nella prima fase di Zeman un gioco spumeggiante, poi ci sono state delle difficoltà e in seguito abbiamo ritrovato un po' di continuità e siamo tornati vicini agli obiettivi. Ne resta uno davanti da raggiungere tra una settimana, noi siamo molto fiduciosi e potrebbe cambiare completamente l'aggettivo mediocre». In meglio o in peggio.


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