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  • Pandev, la mia vita raccontata a CM/2: 'Mou è leale, Rossi il maestro. La verità sulla Lazio. Il segreto del triplete all'Inter'

    Pandev, la mia vita raccontata a CM/2: 'Mou è leale, Rossi il maestro. La verità sulla Lazio. Il segreto del triplete all'Inter'

    • Leo Andervolti
    Seconda parte dell'intervista a cuore aperto di Goran Pandev, che a calciomercato.com racconta la propria carriera. Nella prima si è parlato degli inizi e delle difficoltà, ora è tempo di calcio giocato.

    - Parliamo di Mourinho, pregi e difetti. E ancora, potendo scegliere, da chi ti piacerebbe essere allenato tra i grandi tecnici che non hai mai avuto?

    Ho lavorato con Mourinho sei mesi all’Inter e abbiamo vinto tutto. E' una persona sincera, molto leale, ti parla tanto, riesce ad entrare in sintonia con i suoi giocatori. Ti dice sempre tutto in faccia, personalmente e davanti alla squadra, e in quel periodo con tanti campioni, questa qualità ha fatto la differenza. Invece tra i vari allenatori che non ho mai incrociato, avrei voluto Jurgen Klopp. Mi piace moltissimo come giocano le sue squadre. Ma sono stato fortunato, ho avuto grandi tecnici, da Delio Rossi a Walter Mazzarri, mi hanno insegnato molto. Vorrei citarli tutti ma la lista è lunga, non sono più un ragazzino.

    - Quali sono le persone del calcio alle quali sei maggiormente grato?

    Forse la persona che più mi ha fatto crescere è mister Delio Rossi, negli anni della Lazio. Ho imparato tante cose con lui.

    - Gli anni della Lazio di Lotito, i primi gol in Champions League, poi cos’è successo?

    Sono arrivato quando è cambiata la proprietà, con Lotito. Vestire quella maglia era un sogno, seguire il percorso di tanti campioni della mia terra, come Boksic, Mihajlovic, Stankovic. Mister Delio mi ha dato fiducia, quelle stagioni sono state irripetibili. Ogni anno facevo gol e assist, mentre Lotito rinnovava il contratto ad altri giocatori il mio restava invariato. Anno dopo anno. Volevo continuare la carriera alla Lazio, invece ci siamo lasciati malissimo. Mi sono sentito preso in giro e quando infine il presidente ha proposto il rinnovo, era tardi, il nostro rapporto non era più lo stesso. Sarò ingenuo, ma non pensavo di finire fuori squadra per aver chiesto la cessione. Col senno di poi credo che il presidente abbia commesso un errore nella gestione dei rinnovi e un altro dopo più grave soprattutto per orgoglio. Sono successe cose brutte, che non mi va di ricordare. Restare fuori rosa in quei sei mesi senza potermi allenare in gruppo, senza calciare un pallone o salutare i miei compagni, mi ha fatto molto male perché negli anni precedenti avevo dato tutto per quella maglia. E veramente mi dispiace. Alla Lazio ho fatto 5 anni bellissimi, me li ricorderò tutta la vita. Che dire, non tutto va come s’immagina. Quella difficoltà forse mi ha reso più consapevole e maturo. Anche fuori rosa, senza una persona ad allenarsi con me, non ho mai smesso di lavorare per mantenere forza e resistenza, ma non è stato facile.

    - Il 22 dicembre 2009 un lodo arbitrale ti ha dato la possibilità di tornare a giocare. Cosa hai provato?

    Nel momento della pronuncia sono impazzito di gioia. Sono scappato fuori dalla lega calcio, Milano era sommersa di neve. Mi hanno raggiunto i miei procuratori. Ci siamo abbracciati e abbiamo esultato come per la vittoria di una finale. Quanta tensione accumulata dentro, senza di loro sarei crollato. E grazie all’avvocato Grassani che mi ha difeso siamo riusciti ad avere la meglio. Ricordo che il giorno dopo sono tornato a casa per le feste di Natale senza conoscere il mio destino. Quando Carlo mi ha chiamato erano i primi di gennaio. Mi ha detto solo questo: “Mourinho ti vuole”. Mi sembrava di essere tornato a quel giorno di tanto tempo prima, non ci credevo. L’Inter è la squadra che mi ha portato in Italia e mi sentivo in debito. Avevo altre proposte, ma io volevo solo l’Inter.

    - Cosa hai sentito il primo giorno alla Pinetina? E cosa ti passa per la mente se ti dico triplete?

    La squadra era rientrata da Dubai, dove svolgeva il ritiro. Io sono arrivato alla Pinetina il 3 gennaio. Quando Mourinho mi ha chiamato e mi ha spiegato un po’ di cose, ho pensato: sono tornato a casa. Sentivo che dovevo dare il massimo. Voglio raccontarti una cosa. In quel momento, la mia condizione fisica dopo sei mesi d’inattività era si e no al 20%. Nonostante tanti sforzi per allenarmi separatamente, soltanto il ritmo gara ti da la giusta condizione. Se ho fatto ciò che ho fatto, bene o male, è stato solo per la tensione emotiva che avevo accumulato nei mesi fuori rosa e che Mourinho ha saputo tramutare in carica nervosa e voglia di rivalsa. Il corpo conserva sempre per se qualche energia nascosta. Mourinho ha attinto lì, non so spiegare meglio come. Mi avessero detto che avremmo fatto il triplete non ci avrei mai creduto, e invece abbiamo vinto tutto. Un sogno appunto. Come ho detto prima la vita non lo sai cosa ti porta.

    2/Continua
     

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