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  • Pazzini: nel Milan delle creste vince la normalità

    Pazzini: nel Milan delle creste vince la normalità

    E' un'intesa toscana che funziona. Uno di mare, l'altro di entroterra, uno allenatore, l'altro il suo attaccante. Nati a diciassette anni e poche decine di chilometri di distanza, abituati a stare sul filo del rasoio e a legarsi al dito le critiche. Giampaolo Pazzini è uno che scaraventa la palla in rete tutte le volte che gli girano le scatole e magari anche quando non gli girano. Ha segnato 15 gol in campionato, soltanto uno meno di El Shaarawy. Giampaolo Pazzini è l'uomo del destino di Massimiliano Allegri, l'allenatore sempre in bilico, seduto sugli scogli in attesa di veder passare i nemici, sempre che questo accada. Se per ora la posizione è sufficientemente comoda, è anche merito di un attaccante che entra in campo e risolve i problemi, senza essere molto glamour.

    Presenze pesanti - In questa stagione non banale, Pazzini ha segnato solo gol importanti, come se le pressioni lo rendessero più determinato. Ha dato la scossa al Milan all'inizio della stagione con la tripletta di Bologna, poi ha attraversato un'eclissi, ma quando c'è stato bisogno di lui non ha fallito. L'unico problema è stato un ginocchio ballerino che lo ha costretto a giocare spesso senza essere al top. Questa stagione di Pazzini è marchiata dall'assenza per infortunio a Barcellona e soprattutto dalla rete di Genoa-Milan, in un momento particolarmente delicato. Com'era quello di domenica, con la Fiorentina lanciata al sorpasso in classifica. L'ha fermata Pazzini, uno che a Firenze e dintorni non è amato. Un altro segnale in una stagione bizzarra e piena di spigoli, per lui e per tutto il Milan.

    Legami forti - Celebrato e criticato, il Pazzini milanista ha subìto per mesi il confronto con Cassano. Cassano nobilitava il gioco dell'Inter, Pazzini sembrava inutile al Milan. Sembrava. Allegri ha molta fiducia nel suo centravanti. «Pazzini è il mi' omo», scherzava domenica dopo il successo con il Catania. «E' un giocatore prezioso e un ragazzo intelligente». Ora che ha superato Ibra, lo hanno scoperto in tanti. Zlatan alla prima stagione rossonera aveva segnato 14 gol, Pazzini domenica è arrivato a 15 in 26 presenze, contava il sito del Milan celebrando l'ex interista: ha giocato meno dello svedese, ha segnato di più. E in queste settimane senza respiro, in queste partite da giocare senza possibilità di sbagliare, Allegri conta su Pazzini, sulla sua voglia di Champions e sul desiderio di chiudere definitivamente la bocca a chi lo riteneva prima un acquisto sbagliato, poi un giocatore da sacrificare a Balotelli. «Ma tutti mi hanno fatto sentire importante», ha detto l'attaccante a Milan Channel. «Sto dando una mano e sono contento, ma non è finita e non dobbiamo mollare niente».

    Media ok - Pazzini non ha raggiunto il suo record di gol, ma ha fin qui la migliore media-reti della sua carriera: una ogni 100 minuti. Alla fine dell'annata migliore, quella dei 19 gol che servirono a trascinare la Samp ai preliminari Champions, era di un gol ogni 170. Tante reti non bastano a tenerlo sempre in campo: il ginocchio imperfetto e la necessità di verificare meglio la possibilità di una coesistenza positiva con Balotelli per 90 minuti spingono Allegri a tenerlo in panchina. Ma, nonostante le difficoltà e la concorrenza dei giovani crestati, Pazzini si è assicurato un posto importante nel Milan e nei piani del tecnico. «Quando posso dare un consiglio, soprattutto a gente che si fa voler bene come Niang, El Shaarawy e De Sciglio lo faccio volentieri. Stephan ha abituato tutti troppo bene. Fa delle buone partite e ci aiuta ad avere equilibrio, non si deve fossilizzare sul gol, la rete arriverà». Consigli per i giovani, complimenti per i vecchi. «Allegri ha gran parte del merito della rimonta. E' l'allenatore più criticato d'Italia, ma è un grande e speriamo di averlo con noi a lungo». Non è dato sapere se il binomio Allegri-Pazzini durerà; ora funziona, a dispetto dei minuti passati in panchina.

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