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  • Pepito: |'Sogno lo scudetto. La Fiorentina può farcela'

    Pepito: |'Sogno lo scudetto. La Fiorentina può farcela'

    Giuseppe Rossi sbuffa su e giù da un gradino con in mano due manubri da 12 chili. Poi ci sono gli allunghi e i palleggi in equilibrio su un sorta di cuscino, mentre il guru newyorkese della fisioterapia, Luke Bongiorno, lo costringe a ripassare la tabellina del 7. "Serve a distrarlo dall'esercizio e a creare situazioni inaspettate: quelle che troverà in campo", spiega. Al NySportsMed di Union Square, cuore di Manhattan, puoi imbatterti in Tom Cruise, David Beckham o deliziose modelle. Oggi c'è Pepito, che suda in mezzo a clienti meno rinomati. Sbaglia un tocco e si scalda: "Voglio la perfezione. E la voglio sempre". Un paio di lunghe cicatrici gli solcano il ginocchio destro. Storia passata sperano a Firenze, dove arriverà martedì. Sul possibile rientro rimane vago: "Ho ricominciato a correre a febbraio, ma solo da poco ho inserito i cambi di direzione. Il 4 aprile c'è una visita decisiva in Colorado dal dottor Steadman. La voglia di tornare è tanta, ma non c'è motivo per forzare i tempi". Sdraiato sul lettino butta un occhio alla Gazzetta di giovedì: "Jo-Juvetic, che intrigo". Sorride: "Quando uno ricomincia a fare gol iniziano subito discorsi così. Certo che vorrei giocare con lui. È un fuoriclasse". Ammette che dell'inno Viola non conosce le parole: "Però so la musica". Ride spesso, anche quando gli chiediamo se sua mamma Cleo sia juventina. "Era. L'ha cambiata papà. Diventò milanista come lui. Poi ha sempre tifato per le mie squadre".

    Anche lei è cresciuto tifoso rossonero.
    "Ebbene sì. Ma quando il calcio diventa professione smetti di essere uno sfegatato. La domenica mattina alle 9 con papà guardavo il Milan di Van Basten e Gullit. Un po' di simpatia mi è rimasta".


    Ma qualche anno fa, Galliani disse: "Rossi non è giocatore da Milan".
    "L'ho sentita quella. Ma sul mio conto ne hanno dette tante. Perché non si sono fatte avanti società importanti? Quando subisci un infortunio come il mio è difficile rientrare nei progetti di chi ha ambizioni di successo immediato: vogliono gente pronta".

    E allora è arrivata la Fiorentina.
    "Che mi ha richiesto con decisione e ha dimostrato di credere in me nel momento più difficile. Sono cose che vanno dritte al cuore. E poi Montella fa un gioco molto "spagnolo", che si adatta bene alle mie caratteristiche".


    E ritroverà anche due vecchi compagni. Non è incredibile che nessuna grande si sia accorto di Borja Valero?
    "Perché nel calcio molti vedono solo quelli di 1,90 per 80 chili. E invece ci sono tanti giocatori dal fisico normale che hanno un'intelligenza tattica sopraffina e sanno già come muoversi prima che la palla gli arrivi fra i piedi. Borja è uno di questi".

    La Fiorentina può aspirare un giorno a vincere lo scudetto?
    "Secondo me, sì. La Serie A non è la Liga, dove dominano Real e Barcellona. In Italia c'è più equilibrio. Squadre come la Fiorentina, la Roma, la Lazio o il Napoli possono farcela".


    Chi prende Rossi che cosa guadagna?
    "Sono uno che vuole sempre vincere. È un chiodo fisso. Non penso ai soldi o alla bella vita, mi piacerebbe vincere qualcosa, perché è da quello che si giudica un giocatore".


    Allora è d'accordo con Michael Jordan: recentemente ha detto che un campione è chi riesce a conquistare più titoli.

    "Assolutamente. Penso a uno come Alan Shearer: ha fatto più di 300 gol in carriera e non viene mai nominato fra i grandissimi. Proprio perché non ha vinto niente".


    E invece i suoi attaccanti di riferimento chi sono?
    "Sono passato dalla fase Van Basten-Gullit a George Weah. Quindi a Shevchenko. Quando giocai contro il Chelsea gli chiesi la maglia che ho tuttora attaccata alla parete".


    E le persone da cui ha imparato di più?
    "Giggs e Scholes: gente tosta. In allenamento curano i dettagli in modo ossessivo. E, poi, Ferguson. Fuori dal campo ti tratta come un gioiello di famiglia. Dentro ti dice le cose in faccia, anche a muso duro. Ma tutti lo rispettano e lo seguono, perché ti fa vincere".

    Come mai lasciò Manchester?
    "Perché Queiroz, che dirigeva gli allenamenti, non mi vedeva. Quando arrivarono Nani e Anderson, Ferguson fu molto onesto: "Non troverai lo spazio che vorresti"".

    Quanto tempo è che non sente Prandelli?
    "Forse dall'Europeo. Ma va bene così. Alla maglia azzurra tengo tantissimo, però per conquistarla devi giocare bene nel tuo club. Meglio procedere per piccoli passi".

    Mai pensato alla Nazionale Usa? Qui la considerano un traditore.
    "Sono stupidaggini. Anche da bambino non ho mai avuto dubbi. Con rispetto, era difficile entusiasmarsi per Cobi Jones o Tony Meola...".

     

    Raffi Lauretta, l'amico del cuore con cui è cresciuto in New Jersey, dice che lei non si è montato la testa.

    "Non bisogna mai dimenticarsi le proprie origini. Sarebbe sciocco pensare che siccome tiri calci a un pallone sei migliore di altri. So che la maggioranza dei colleghi è come me. Poi c'è anche qualcuno che si fa abbagliare dai soldi e dalla fama".

    Oggi ha ancora un idolo?
    "Kobe Bryant. Lo ammiro per la sua voglia di vincere. L'ho incontrato per la prima volta un mese fa a una festa. Però, lo ha avvicinato mia sorella: io sono timidissimo e preferisco non rompere le scatole. Abbiamo fatto una foto assieme, non credo che abbia capito chi ero: proprio una bella serata".


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