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  • Corriere: Mazzarri è inadatto ad allenare l’Inter (ma non è colpa sua)

    Corriere: Mazzarri è inadatto ad allenare l’Inter (ma non è colpa sua)

    Walter Mazzarri è una persona perbene, un grande lavoratore e un allenatore appassionato. È perciò spiacevole veder piovere su di lui un’enorme quantità di critiche sullo zoppicante avvio della sua seconda stagione all’Inter. Perché sono critiche più rabbiose che logiche, tant’è vero che non tengono conto dell’unico, vero, grande errore commesso dal tecnico di San Vincenzo: avere accettato l’incarico di allenare l’Inter. Un errore che è umano, anzi: umanissimo. Qualsiasi altro allenatore (nonché qualsiasi appassionato di calcio) l’avrebbe commesso. Quindi, inutile prendersela con lui.

    Piccole e grandi
    Bastava avere visto giocare anche una sola partita del Livorno, della Reggina, della Sampdoria, perfino del Napoli di Walter Mazzarri per capire che l’Inter non avrebbe mai dovuto essere una sua destinazione. Erano tutte squadre, quelle, che giocavano un calcio perfetto se sei una piccola che deve salvarsi o una società importante in caccia dell’antica grandezza. Ma se sei già una grande squadra (e almeno nel nome l’Inter lo è), allora non è pensabile impostarsi su un’idea di gioco che prevede un solo modo di stare in campo, per di più molto antico e facile da contrastare: difesa e centrocampo bassi e muniti, con ripartenze rapide affidate agli esterni del 3-5-2. Fine.

    Punti di vista
    È soprattutto sulla base di questo che molti osservatori hanno sempre riconosciuto alle squadre di Mazzarri una dote principale: la difficoltà nel doverle affrontare. Il che è senz’altro una verità, cui però manca un pezzo fondamentale: è difficilissimo affrontare una squadra di Mazzarri se sei più forte o se giochi meglio a calcio. Ora, se sei la Reggina, il Livorno o la Sampdoria (detto davvero con tutto il dovuto rispetto) è alquanto probabile che gran parte del tuo campionato preveda di dover affronate soprattutto squadre migliori. Contro le quali difendersi e ripartire è una tattica che non sarà bellissima ma di sicuro è efficace. Il problema è che se sei l’Inter quest’eventualità ti capita molto meno di frequente. E soprattutto non te la puoi permettere.

    Numeri
    Dietro il luogo comune secondo il quale Mazzarri gioca un calcio da provinciale, si nasconde una verità molto più interessante, figlia di quanto abbiamo detto finora. Almeno 15 squadre su 20 in serie A sono più deboli dell’Inter. Quindi non le si può affrontare col vecchio trucco del calcio all’italiana, per quanto riveduto e corretto. Sotto questo aspetto, i numeri dell’anno scorso parlano chiarissimo: contro le prime 4 squadre della classifica (più il Milan), l’Inter di Mazzarri ha avuto la stessa media punti della Fiorentina (1,2) e inferiore a quella del Napoli (1,9). Ma contro le 15 arrivate dietro, l’Inter ha realizzato mediamente 1,85 punti, contro i 2,1 abbondanti di azzurri e viola (Juve e Roma ovviamente hanno fatto ancora meglio).

    Strategie
    Il dato è chiarissimo, e le prime 5 giornate di questa stagione (8 punti in 5 partite contro squadre teoricamente inferiori, per una media di 1,6 punti a gara) lo riconfermano: con le piccole l’Inter continua a fare troppa fatica. E la ragione è tattica: giocare contro questi nerazzurri, per una cosiddetta piccola, è troppo facile: soprattutto a San Siro, basta scendere in campo chiusi e ordinati e si avrà la certezza che l’Inter farà molta fatica. Perché gli manca una vera strategia in caso di assenza di spazi nei quali ripartire (e i dati sul possesso palla in casi come questi contano poco).

    Piano B
    Se poi il piano B diventa lo schieramento in campo di una squadra con due centrocampisti offensivi e due punte, succede il disastro di San Siro contro il Cagliari. Dimostrazione palese dell’impreparazione di una squadra a qualcosa di diverso da una partita da provinciale. Ma, indipendentemente dalla classifica, l’Inter non lo è e non lo sarà mai. Né possono esserlo i suoi allenatori.

    Un po’ di psicologia
    Un’altra accusa profondamente ingiusta che viene mossa a Walter Mazzarri è quella di essere arrogante. Non è così: basta avere letto la sua autobiografia (Il meglio deve ancora venire) o basta avere chiacchierato con lui di calcio per più dei tre minuti di un’intervista televisiva. A quel punto si sarà capito che il problema di Mazzarri è esattamente l’opposto: il ripetere continuamente i propri meriti e i propri successi non indica sopravvalutazione delle proprie capacità ma l’esatto contrario. Mazzarri è un allenatore che cerca disperatamente approvazione e la conferma di meritare tutto quello che ha avuto in carriera. Come se per lui stesso, considerando da dove è partito, ciò significasse essere arrivato così lontano da chiedersi spesso se tutto questo sia proprio vero.

    Il doppio errore
    Sì, è tutto vero. Ma proprio per questo non doveva succedere. Nonostante la grinta, la passione e l’esperienza che ci mette, a Walter Mazzarri manca anche la dote che un allenatore dell’Inter non può non avere: il carisma del condottiero. Le pagine della sua autobiografia dedicate alla tensione che l’attanaglia prima di ogni partita dicono tutto: e soprattutto si vedono nella squadra che scende in campo ai suoi ordini.D’accordo, quando Massimo Moratti l’ha ingaggiato, l’autobiografia dell’allenatore non era ancora uscita e quindi non poteva saperlo: ma questa è l’unica attenuante all’ultimo grande errore (tra tantissimi ed enormi meriti) della sua presidenza. Laddove la riconferma di Mazzarri sulla panchina dell’Inter è invece il primo, grande errore del successore di Moratti, Erick Thohir. Un errore forse indotto da necessità finanziarie. Ma sempre un errore è.

    Tommaso Pellizzari per Corriere.it

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