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  • Perisic e Murillo: 'Inter, vinciamo lo Scudetto'. Il croato: 'Ero vicino al Napoli ma poi...'

    Perisic e Murillo: 'Inter, vinciamo lo Scudetto'. Il croato: 'Ero vicino al Napoli ma poi...'

    Ivan Perisic non si accontenta. Il nazionale croato dell'Inter ha dichiarato in un'intervista al Corriere dello Sport: "Siamo forti e dobbiamo credere in noi stessi". 

    Perisic, che bilancio fa della prima parte di stagione dell’Inter? 
    "Siamo primi ed è bello essere lassù quasi al termine del girone d’andata, ma credo che dobbiamo fare meglio. Speriamo di riuscirci fin dalla ripresa del campionato". 

    In cosa può migliorare l’Inter? 
    "Nel gioco. In alcune partite abbiamo conquistato i tre punti perché siamo stati anche un po’ fortunati. Con questo non voglio dire che siamo primi immeritatamente, anzi... Contro la Juventus, la Roma, il Napoli e in altre 5-6 gare abbiamo espresso un bel calcio, ma è necessario farlo sempre o almeno con più continuità". 


    Solo giocando bene l’Inter può restare in alto? 
    "Alla lunga giocare bene è importante. Abbiamo davanti a noi tante partite in campionato e il quarto di finale di Coppa Italia contro il Napoli, un match difficile nel quale però vogliamo sfruttare fino in fondo le nostre chances. Tra i nostri obiettivi c’è anche quello di arrivare il più avanti possibile in coppa". 

    La priorità, però, è la qualificazione alla prossima Champions. 
    "Arrivare tra le prime tre è fondamentale. Va bene il terzo posto, il secondo o anche... il primo". 

    Crede in un’Inter da scudetto? 
    "Io di natura sono ottimista e credo in me stesso, nel fatto che riusciremo a chiudere tra le prime tre e nello scudetto. Non sarà facile però perché la concorrenza è tanta: la Juventus è tornata sui livelli degli ultimi quattro anni, il Napoli e la Fiorentina esprimono un gran bel calcio, il migliore degli ultimi campionati, mentre la Roma che ha passato un periodo difficile sta tornando sui livelli di ottobre-novembre". 

    Qual è la sua favorita nella corsa per il tricolore? 
    "Niente favorite. Io spero che vinca l’Inter".  

    Qual è la squadra che teme di più? 
    "La Juventus è forte, ha vinto 7 partite di fila, ha un gruppo che si conosce bene e che ha conquistato gli ultimi 4 scudetti. Rispetto alle altre formazioni ha sicuramente un vantaggio". 

    L’Inter, invece, che vantaggio ha rispetto alla concorrenza? 
    "Delle prime cinque in classifica siamo gli unici che non devono giocare le coppe europee. A primavera di solito la Champions League e l’Europa League portano via molte energie, fisiche e nervose, ed essere più riposati può essere un vantaggio da sfruttare. Siamo primi e soprattutto siamo forti: dobbiamo credere in noi". 

    In estate, nel pieno della trattativa tra il Wolfsburg e l’Inter, ha mai pensato che il suo trasferimento a Milano avrebbe potuto non concretizzarsi? 
    "Sì perché la negoziazione è stata dura e lunga 2-3 mesi. Personalmente non ho mai avuto dubbi perché la mia scelta l’avevo fatta parecchio prima, ma ho dovuto aspettare che le due società si mettessero d’accordo". 

    Perché ha voluto così fermamente trasferirsi a Milano? 
    "Il mio sogno era quello di giocare in Italia. A 27 anni (li compirà il 2 febbraio, ndr) avevo capito che era arrivato il momento giusto per questa avventura. Dopo quattro stagioni in Germania, non potevo più aspettare. A questo poi dovete aggiungere che ero stato cercato da uno dei club più forti al mondo, l’Inter. Appena il mio agente mi ha detto dell’offerta nerazzurra, non ho avuto dubbi". 

    E pensare che il Wolfsburg ha provato a farle cambiare idea promettendole il rinnovo del contratto. 
    "C’è stata una trattativa per il prolungamento e mi dicevano di firmare, di non avere fretta ad andarmene, ma non volevo più aspettare". 

    E’ vero che sarebbe potuto arrivare in Italia anche nelle scorse stagioni? 
    "Sì, con il Napoli c’erano stati contatti prima e dopo il Mondiale in Brasile. La trattativa era seria, ma non abbastanza per arrivare alla firma del contratto. Probabilmente se non mi fossi infortunato alla spalla sinistra (frattura e intervento chirurgico, ndr) le cose sarebbero andate diversamente: Bigon (allora ds degli azzurri, ndr) aveva parlato con il mio procuratore, ma sapere che potevo star fuori 3-4 mesi ha rallentato tutto. Alla fine sono rientrato dopo 6 settimane...". 

    Come si trova a Milano? 
    "Sono molto contento. In città sto bene, con i dirigenti e i compagni va tutto alla perfezione e l’atmosfera che c’è intorno alla squadra è buona perché rispetto alla scorsa stagione i risultati sono migliorati e i tifosi sono più contenti. Noi però vogliamo crescere ancora e non ci accontentiamo". 

    E’ corretto dire che il popolo nerazzurro non ha ancora visto il vero Perisic? 
    "Posso fare meglio, questo è sicuro. Mi aspettavo di avere qualche difficoltà perché quando arrivi in un campionato difficile come quello italiano un periodo di tempo per adattarsi è inevitabile". 

    Che differenza ha trovato tra la Bundesliga e la Serie A? 
    "In Germania le squadre lasciano molto più spazio e per un’ala come me giocare lì è meglio. Da voi ho imparato tante cose a livello tattico e altre le apprenderò nei prossimi mesi". 

    Le piace far parte di un’Inter con tanti calciatori provenienti dai Balcani? 
    "Sì, mi piace, ma per il campionato italiano non è una novità la presenza di tanti giocatori  dell’ex Jugoslavia. Quando ero giovane e seguivo la Serie A mi ricordo che c’erano tanti croati, serbi e bosniaci. Vuol dire che siamo considerati bravi e affidabili". 

    In questa categoria rientra anche il suo compagno Brozovic che prima delle vacanze natalizie ha segnato un paio di gol niente male. 
    "Negli ultimi due anni siamo stati insieme in Nazionale e ho capito quanto è forte. Ha tutto per diventare uno dei migliori centrocampisti al mondo, ma adesso sta a lui dimostrare le sue capacità in ogni incontro. Le ultime reti che ha realizzato sono state incredibili e spero che non si fermi". 

    Anche lei si è fatto fotografare con le due dita sotto il mento nella ormai classica posa “EpicBrozo”. 
    (Sorride) "Questa cosa è molto divertente. Nello spogliatoio Marcelo piace a tutti perché è un ragazzo simpatico che fa ridere. E adesso è anche popolare per le sue foto". 

    Avrebbe scommesso che un altro croato, Mandkuzic, sarebbe diventato così importante per la Juventus? 
    "Non avevo dubbi. Ha iniziato con qualche difficoltà a causa di problemi fisici, ma adesso sta segnando molto perché è un grande centravanti. I suoi mezzi e la sua bravura non sono in discussione". 

    L’eccezionale prima parte di stagione di Kalinic l’ha sorpresa? 
    "Kalinic è una sorpresa per chi non lo conosceva, non per me che l’ho avuto come compagno, fin da quando era ragazzino, nell’Hajduk Spalato. Nikola è un top player e adesso lo sta dimostrando anche in Italia dopo anni nei quali non ha avuto fortuna: ha sbagliato ad andare in Inghilterra perché probabilmente non ha le caratteristiche adatte alla Premier, mentre in Ucraina ha fatto bene, ma quello è un campionato poco seguito dai grandi club e non è stato subito notato". 

    Una Croazia con così tanto talento può essere protagonista ai prossimi Europei? 
    "Noi speravamo di far bene anche al Mondiale del 2014, ma nel girone iniziale siamo andati subito in difficoltà complice un arbitraggio discutibile nella prima gara contro il Brasile. Non abbiamo avuto fortuna neppure nel sorteggio dell’Europeo (la Croazia è stata inserita nel gruppo insieme a Spagna, Turchia e Repubblica Ceca, ndr), ma siamo forti e lo dimostreremo sul campo". 

    Cosa pensa dell’Italia di Conte? 
    "Ha la fortuna di avere molti giocatori della Juventus che si conoscono bene: questo può essere un bel vantaggio. E poi mi sembra che quello azzurro sia un gruppo giovane che può crescere con il passare del tempo". 

    In Francia la prossima estate non ci sarà Jovetic, eliminato con il suo Montenegro. 
    "Di Stevan posso dire solo cose positive perché è un vero amico e attaccante super. Lo conosco da 10 anni e so quello che nella sua carriera ha fatto con la Fiorentina e il City. Sarà fondamentale anche per l’Inter". 

    Che impressione ha avuto di Mancini, il tecnico che tanto l’ha voluta? 
    "Con lui si lavora molto a livello tattico perché è un allenatore che cura tutti i dettagli. Sa come trasmettere quello che vuole al gruppo e il fatto che subiamo pochi gol non è casuale". 

    Finora, però, non avete segnato molto e diverse gare le avete vinte per 1-0. 
    "Questo per me è un risultato... nuovo perché in 4 anni in Germania solo 1-2 volte le partite della mia squadra sono finite 1-0. Non è un problema comunque: la cosa più importante è vincere e conquistare i 3 punti. Non abbiamo sempre giocato un bel calcio, eppure siamo lassù, davanti a tutti. Questo mi fa ben sperare in vista del futuro". 

    Cosa chiede al 2016? 
    "Di vincere con l’Inter. Dobbiamo dimenticare la sconfitta con la Lazio e conquistare i tre punti già a Empoli. Siamo primi in classifica e vogliamo restarci". 
     

    MURILLO - Secondo lo stesso Corriere dello Sport, Jeison Murillo (già nel mirino delle grandi di Spagna, Barcellona e Real Madrid) piace parecchio anche al Liverpool di Klopp, che lo vorrebbe a gennaio. L'Inter è intenzionata a resistere perché lo reputa un elemento chiave e lo tratterebbe solo per una proposta da 40 milioni di euro. 
    Proprio il difensore colombiano ha parlato alla Gazzetta dello Sport: "Il mio dovere è lottare. Inter, il tuo è lo scudetto. In battaglia cambio testa e divento guerriero. Mi cercano Barça e Real? Che se ne parli pure, ma io sudo la mia maglia fino all'ultima goccia. Sul braccio ho tatuato il nome di mio papà, Jose James. Il pane a casa non mancava, papà faceva l’imprenditore ma eravamo in tanti e non è stato facile portare avanti una famiglia numerosa. Ecco: se non ho preso brutte strade nelle vie della mia città, in Colombia, dove l’infanzia può andare per traiettorie sbagliate, beh, è grazie alla cultura del rispetto, della famiglia, della correttezza e dell’amore verso Dio che lui e mia madre mi hanno dato da piccolo. Ho sempre voluto fare il calciatore. Fin dai tempi in cui io, piccolo piccolo, venni raggiunto dall’Inter prima di diventare interista veramente". 


    Apparentemente lei è tranquillo, posato, riflessivo. Poi? 
    "Credo di essere più maturo dei miei 23 anni, sono il sesto di sei figli e nel crescere dentro una famiglia splendida secondo una vita umile si capiscono molte cose. E forse ci si sviluppa prima". 

    Lei però, in campo, si trasforma davvero. 
    (sorride) "Sì sì. Perché quando sei dentro alla battaglia la tua cabeza , la testa, cambia. E lì divento un guerriero: bisogna lottare, guadagnarsi ogni cosa. Detto questo, sono poi sempre un chico , un ragazzo che ama vivere bene, molto e con semplicità". 

    Oltre al calcio cosa c’è? 
    "La mia fidanzata Samantha (ingegnere petrolifero che frequenta un Master a Milano, ndr), tanto relax fuori dal campo, poi Bella e Dante che sono i miei due bellissimi cani". 

    Dante: ma la serie A è un Inferno o un Paradiso? 
    "Ovvio: un Paradiso. E’ il campionato nel quale tutti prima o poi vogliono arrivare. Se lo pensavo così? Lo sognavo, ecco". 

    Storia nota ma va ripetuta: un bel giorno, nella sua squadretta in Colombia, arriva il timbro di Inter Campus. Quel che si chiama destino è tutto dentro a quell’inizio. 
    "Destino, davvero. Quella prima squadretta del mio quartiere si chiamava Andresanin e divenne partner del progetto Inter Campus, quello che porta il calcio e aiuti ai bambini nel mondo. Bene, un giorno arrivarono portando un mare di regali nerazzurri: maglie, palloni, scarpe, anche foto autografate". 

    E lei voleva quella di? 
    "Ivan Ramiro Cordoba: era l’idolo della mia mamma, e di tutti in Colombia. Ricordo che regalavano maglie a maniche lunghe e faceva caldo: ecco, io quella maglia la indossavo da mattina a sera, fino alla sfinimento, sudando all’infinito". 

    Quando dicono che l’Inter gioca male cosa pensa? 
    "Penso al primo posto. Penso che sia importante capire le cose che non vanno bene, migliorare sempre, acchiappare il momento e anche il risultato. Nel calcio, alla fine, conta quello". 

    Sta contando, e pesando molto, la perfetta "connection" con Miranda. Come ci siete riusciti in sei mesi? 
    "Ci troviamo come fossimo insieme da sempre. I motivi? Veniamo dallo stesso campionato, da due squadre robuste e forti, c’è esperienza anche tattica, collaborazione, comunicazione, semplicemente ci capiamo al volo". 

    Ecco: quanto parlate fra voi due e Handanovic? 
    "Molto. E Samir ci urla le cose in italiano. In cosa dobbiamo migliorare? C’è sempre qualcosa di invisibile da perfezionare". 

    Miranda fuori pare timidissimo. 
    "E’ vero, ma in campo anche lui cambia testa: gioca senza paura di nulla, da leader". 

    E’ un’Inter che può essere piena di leader. 
    "Siamo una squadra nuova, ma di gente che ha grosse personalità e unione. Se sai di avere a fianco compagni forti, di carattere, grossi fisicamente e che fanno paura, beh, allora vieni contagiato, trascinato. E questo succede a ognuno di noi, a me e a tutti. Questa è l’Inter, e questa è anche la sua forza". 

    E la forza di Mancini? 
    "Dà tranquillità, sa guidare la squadra e va seguito: l’esperienza che ha è una garanzia in ogni senso". 

    Ed è garantito che lei resterà all’Inter? Secondo alcuni rumors, prima il Real Madrid poi anche il Barcellona e il Liverpool si sono interessati a lei. 
    "E’ bello che si dicano certe cose. Com’è quella citazione? Nel bene o nel male, basta che se ne parli. Ma io sono un professionista e rispetto la mia camiseta , la maglia che indosso. Fino all’ultima goccia di sudore". 

    Si parla di lei come nuovo Samuel: era soprannominato "Il Muro", mentre Murillo lo chiamano "La Muralla". Ci siamo... 
    "E’ un grande piacere sentirmi accostato a giocatori di valore, come lui o Cordoba. Ma è il momento di essere... Murillo". 

    Che come idolo ha? 
    "Thiago Silva è un riferimento. Cosa penso di avere di lui? Io penso di avere tutto di... Murillo. L’altra sera, qui a Doha, ci siamo incontrati: era già successo, ma mai come in questo caso siamo riusciti a parlare un po’. Mi ha fatto i complimenti per il mio lavoro, mi ha incoraggiato e poi alla fine ci siamo scambiati la maglia. Bellissimo momento". 

    Scudetto è una parola bellissima ma da non pronunciare? 
    "Pronunciare la parola Scudetto all’Inter non è un pensiero: è un dovere". 

    Sarà una lotta fra Inter e Juventus? 
    "Noi pensiamo a noi, e basta". 

    Il miglior attaccante affrontato? 
    "Quando non stai attento, tutti". 

    Avremmo detto Messi: nell’aprile 2014, Granada-Barcellona, Murillo ammutolì Leo fino a diventare celebrità. 
    "Giocare contro Messi è speciale: lui è uno dei migliori, se non il miglior giocatore del mondo. Ma quella volta non fu merito mio ma dell’intera squadra". 

    A volte, nel vostro lavoro, capita di essere espulsi. 
    "Tutti sbagliamo, ma il mio rosso di Palermo proprio non lo capii. E ci rimasi male perché non era fallo. Comunque è passata, come la sconfitta con la Lazio: andiamo oltre". 

    Nel futuro, quale regola farebbe cambiare nel calcio? 
    "Non da difensore ma da giocatore: mi pare che gli arbitri fischino troppo. Uno sfiora col dito un altro, questo si butta per terra e fischiano. Mi pare eccessivo". 

    Quanti tatuaggi ha? 
    "Quattro, perché?". 

    Se vince lo Scudetto se ne fa un altro? 
    "No, no. Se vinciamo festeggio a casa, sul divano con Samantha, Bella e Dante". 
     


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