Quella contro il Cagliari è stata l'ultima delle fatidiche cinque partite contro dirette concorrenti che attendevano il Pescara. In totale, con Torino, Sampdoria, Bologna, Palermo e Cagliari sarebbero dovuti arrivare 15 punti, o giù di lì, per poter parlare ancora di salvezza. Invece il bottino è stato magro, magrissimo: un solo punto, frutto del pareggio in Sicilia. In classifica i biancazzuri sono stati raggiunti dal Siena che sconta una penalizzazione di 6 punti. Questo la dice lunga sulla qualità e la forza di questa squadra, costruita male in estate e indebolita ancora di più nel mercato invernale.

Con queste credenziali, con questi risultati contro le dirette rivali, non si può certo essere fiduciosi. E' aumentato a dismisura, e a ragione, il numero di quelli che pensano che ormai sia davvero finita. L'occasione della Serie A non è stata sfruttata al meglio: peccato, chissà quando ricapiterà, anche perché il livello non è eccelso, se ne poteva approfittare. Si poteva fare meglio, molto meglio: non era una missione impossibile. Bergodi paga tutti i limiti evidenti della sua inesperienza: era partito bene, ma nel momento di 'quagliare', quando aveva un calendario facile, è naufragato con tutta la squadra, facendo acqua da tutte le parti.

La colpa non è solo la sua, ovvio: anche Mourinho o Capello, con una rosa del genere, non avrebbero potuto fare tanto di più. Un piccolo spiraglio rimane, ma è molto difficile pensare che questa squadra possa trovare i punti che le servono contro squadre attrezzate per fare un campionato di alta classifica. Vedremo, ma se ci credono ancora Palermo e Siena, perché non ci può credere ancora il Pescara?