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  • Pippo Russo: Il Taranto come l'Ancona, i tifosi al comando del club

    Pippo Russo: Il Taranto come l'Ancona, i tifosi al comando del club

    Dopo Ancona (CLICCA QUI), Taranto. Nel giro di poche settimane due club storici della provincia calcistica italiana passano sotto il controllo di associazioni rappresentative dei tifosi e della comunità locale, indicando al mondo del calcio italiano una via alternativa per uscire dalla crisi. A Taranto è successo tre giorni fa, quando la Fondazione Taras ha raccolto la proposta del presidente-proprietario uscente Domenico Campitiello: la cessione del 97% del pacchetto azionario alla cifra simbolica di 1 euro. L’ennesima sfida estrema, per l’associazione che già nell’estate del 2012 aveva vinto quella più difficile mantenendo in vita il club e iscrivendolo alla serie D dopo la sciagurata gestione D’Addario in C1. Quella che aveva visto la squadra cumulare sul campo un numero di punti sufficiente alla promozione diretta in B, ma che a causa dell’ingente massa debitoria era costata il passaggio attraverso i play off (persi) in conseguenza delle penalizzazioni a torneo in corso, e poi il fallimento. Nei tre anni trascorsi da allora la Fondazione Taras ha fatto da collante per la continuità del calcio tarantino, battendosi per l’affermazione di un calcio economicamente sostenibile. E spesso la missione non è stata facile da portare avanti. Perché a Taranto come altrove il tifoso medio, specie quando passa il momento d’emergenza, torna a sognare l’ingresso del mecenate in società e le campagne acquisti fatte per sbaragliare la concorrenza con la forza del denaro. Uno schema che ormai non esiste più, fatta eccezione per alcuni grandi club stranieri che lottano ai vertici del calcio europeo. Ma che nella mentalità diffusa continua a mostrare una perniciosa capacità di presa, e a ritardare l’assunzione di coscienza rispetto all’attuale realtà del calcio italiano. Che da anni registra una moria di club dalla Lega Pro in giù, e che da quest’anno ha visto il virus estendere il contagio anche ai massimi livelli come il caso Parma ha dimostrato.

    Di questo scollamento, fra la realtà (o irrealtà) sognata dal tifoso medio e i fatti riscontrabili da chi vive il calcio in termini di gestione aziendale quotidiana, fanno esperienza tutte le associazioni che sperimentano la partecipazione alla governance di un club, o che comunque promuovono un’idea di calcio democratico in cui il tifoso non sia soltanto il generico componente di una comunità che si mobilita nel giorno della partita. Queste associazioni promuovono un’idea esattamente opposta: quella secondo cui al tifoso tocchi una responsabilità da esercitarsi nei giorni feriali per salvaguardare un bene comune. Quale il club calcistico è, per via del suo essere espressione della comunità e della sua continuità storica. E un bene comune non va soltanto fruito, ma curato e salvaguardato attraverso condotte attive. Richiede più sacrifici che benefici, è vero. Ma è altrettanto vero che lasciarlo nelle mani di altri è il primo modo per smettere d’essere cittadini e tornare sudditi. Tale approccio al rapporto col club calcistico, improntato all’idea di responsabilità, è portato avanti da tutte le associazioni che aderiscono a Supporters in Campo (CLICCA QUI), organizzazione nazionale di cui Sosteniamolancona e Fondazione Taras sono componenti. E al pari degli amici di Ancona, i componenti della fondazione tarantina non hanno esitato a raccogliere la sfida della gestione diretta. La situazione è esaltante e complicata al tempo stesso. I termini economico-finanziari dell’avventura sono ben riassunti in questo articolo di Alessandro Oliva, pubblicato sul sito “Calcio e Finanza”  (CLICCA QUI).

    Ma la vera difficoltà dell’impresa, a Taranto come a Ancona o in qualsiasi altra piazza verrà a sperimentarsi l’acquisizione di un club da parte di un’associazione rappresentativa dei tifosi e della comunità, sarà quella del cambiamento di mentalità. Sia da parte dei tifosi, che dovrebbero cominciare a pensare al calcio anche in termini di doveri e non soltanto di diritti e pretese; sia da parte dei proprietari stessi, che il giorno in cui capiranno quanto preziosa possa essere la presenza di rappresentanti della tifoseria nel club forse riusciranno a strutturare una dialettica più costruttiva e meno isterica con l’intera tifoseria. La via per la sopravvivenza del calcio, nella provincia italiana, è questa. Meglio capirlo in fretta, se non si vuole che il pubblico degli appassionati di calcio si riduca a quello che compra gli abbonamenti della pay tv per vedere la serie A e le competizioni internazionali.

    @pippoevai
     

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