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  • Pippo Russo: 'La Fifa uccide mio figlio!' Il caso della Masia perduta
Pippo Russo: 'La Fifa uccide mio figlio!' Il caso della Masia perduta

Pippo Russo: 'La Fifa uccide mio figlio!' Il caso della Masia perduta

“La Fifa sta ammazzando mio figlio”. Una frase forte ma non molto distante dalla verità. L’ha pronunciata Danny Lederman nel corso di un’intervista rilasciata al New York Times (CLICCA QUI), il cui merito è aver portato a conoscenza dell’opinione pubblica un dramma fin qui passato sotto silenzio: quello dei ragazzini stranieri messi fuori gioco dalla cantera del Barcellona, in seguito alla sanzione Fifa emessa per irregolarità nel tesseramento di minori. Fin qui si era guardato soltanto a un aspetto delle conseguenze determinate dalla sanzione. Ci si era concentrati esclusivamente sul blocco posto al calciomercato del Barcellona, valido per due sessioni e tuttora in corso.  È stato invece ignorato l’interrogativo che avrebbe dovuto essere di maggiore interesse: che fine fanno i minori il cui tesseramento viene dichiarato irregolare dalla Fifa? La risposta è venuta dal signor Danny Lederman, che con le sue parole ci ha fatto scoprire come spesso, su una questione, ci si ponga le domande sbagliate.

Danny è il padre Ben, quindicenne statunitense che nell’estate del 2011 è entrato a far parte delle giovanili del Barça. Quell’anno la famiglia di Ben lasciò la California per trasferirsi in Catalogna e permettere al ragazzo di accedere a La Masia, l’accademia del Barcellona. Un trasferimento che però non rientra nei parametri fissati dall’articolo 19 del regolamento Fifa sullo statuto e i trasferimenti del calciatore, che fissa dei limiti molto rigidi. Il giovane calciatore può trasferirsi all’estero soltanto dopo aver compiuto il diciottesimo anno d’età, o anticipare il termine se sussistono alcune condizioni: la famiglia si trasferisce assieme a lui, ma per motivi non legati al calcio; nel caso di trasferimenti che avvengano all’interno dell’Unione Europea, possono essere autorizzati quelli di ragazzi d’età fra i 16 e i 18 anni a patto che la distanza fra il luogo di residenza e i centri d’allenamento del club (con in mezzo la frontiera fra i due paesi) non ecceda i 100 chilometri (CLICCA QUI). Per essersi ritrovato fuori da questi parametri, Danny Lederman si è visto annullare il tesseramento. Continua a frequentare La Masia per allenarsi, e nel frattempo ha anche collezionato presenze con la nazionale Usa Under 15. Ma non può giocare. In termini calcistici non esiste. Il suo sogno è stato mandato in cenere dall’ispezione della Fifa e dalla sanzione che ne è seguita.

Riprendendo l’articolo del New York Times, il giornale spagnolo Gol ha allargato la lista degli esclusi (CLICCA QUI). Quello di Ben Lederman non è un caso isolato, altri ragazzi si sono visti negare il sogno. Cinque di loro hanno già abbandonato il Barça: il giapponese Take Kubo, il francese Kais Ruiz, l’olandese d’origine nigeriana Bobby Adekanye, l’olandese Fede Fofana e il venezuelano Matías Lacueva. E comunque proceda la carriera calcistica di ciascuno, si può dire già da adesso che nulla potrà cancellare il trauma d’essersi visti espellere dall’accademia di uno dei club più forti del mondo. Quanto a Lederman, il giornale spagnolo specifica che presto se ne tornerà negli Usa per riprendere a giocare, ché altrimenti gli toccherebbe rimanere nel limbo fino al 2018. Situazione analoga è quella del camerunese Patrice Sousia il cui “embargo” scadrebbe nel 2017. Dovrà tornarsene in Africa dopo aver toccato il paradiso del calcio europeo.

I casi dei ragazzi strappati al loro sogno, e messi nelle condizioni di vivere un trauma ai limiti del disadattamento, pone un serio problema sul quale riflettere. E tenendo conto di ciò è necessario mettere alcuni punti fermi. Da una parte c’è che il principio fissato dall’articolo 19 del regolamento Fifa sullo statuto e i trasferimenti del calciatore è sacrosanto: bisogna combattere il traffico di minori, uno dei fronti più tragici fra i tanti attraverso cui le mafie globali sfruttano il calcio. Ma c’è anche il lato opposto della questione, quello che porta l’applicazione di un principio sacrosanto ma astratto a scontrarsi con la complessità delle situazioni concrete. Lì dove anche il più corretto dei princìpi, se applicato in modo burocratico, può produrre danni irreparabili. In questo senso, il caso dei ragazzi perduti della Masia è un’occasione per ripensare non tanto la regola, quanto le modalità della sua attuazione. Sarebbe interessante sapere come la vedano gli utenti di Calciomercato.com. E fermo restando che, se si vuole combattere sul serio la piaga del traffico di minori nel calcio, forse è su club meno mediatici del Barcellona che bisognerebbe puntare l’attenzione.

@pippoevai

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