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  • Pippo Russo: la moviola in campo esiste già e la gestiscono i grandi club

    Pippo Russo: la moviola in campo esiste già e la gestiscono i grandi club

    Ci si affanna a chiedere la moviola in campo e non ci si accorge che c’è già. È presente in un modo particolare, diverso da come i sostenitori della svolta tecnologica vorrebbero. Se si pensa a una situazione in cui lo strumento è disponibile a margine della gara, attivabile in caso di circostanze controverse, allora esso non è ancora disponibile. E mi auguro che, Goal Line Technology a parte, il calcio non oltrepassi mai la soglia dell’assoggettamento costante alla dittatura dell’immagine. Se invece si guarda alla capacità della moviola di egemonizzare la costruzione della realtà e delle versioni ufficiali e  di creare opinione a proposito dei fatti che si stanno svolgendo sul terreno di gioco, ecco che allora scopriamo quanto essa sia già – e pesantemente – in campo. Di più: la moviola è il super-giocatore dell’epoca in cui il calcio si è trasformato in fenomeno innanzitutto televisivo, riservando alla dimensione del campo da gioco un’importanza complementare. 

    È il mezzo televisivo stesso a ridisegnare il perimetro di gara, facendolo a propria misura e secondo un codice e un linguaggio suoi. In questo nuovo perimetro la moviola, intesa in senso molto ampio (cioè, come la possibilità di scomporre per immagini il singolo episodio filtrandolo attraverso velocità e angolazioni diverse), è uno strumento di gioco. Che, come ogni strumento, dà effetti in conseguenza dell’uso che ne fa. Queste riflessioni mi tornavano alla mente dopo il sabato televisivo della scorsa settimana. Quando, sintonizzato su Sky Sport, ho visto svilupparsi due episodi che pur nella loro diversità hanno rinsaldato una mia opinione: che nel calcio televisivo di oggi la moviola non è uno strumento neutro e che è un errore clamoroso pensare all’immagine come a un fattore di oggettività nella formazione del giudizio. Un’oggettività che dovrebbe essere legata alla visibilità dell’episodio (vedo coi miei occhi, e ciò mi mette al riparo da ogni manipolazione della mia opinione), e che invece viene spesso inficiata dal modo in cui l’immagine viene confezionata e dai commenti che l’accompagnano. 

    Soprattutto, mi sono rafforzato nel convincimento che nel calcio televisivo di oggi il ruolo dei commentatori tecnici rischi d’essere sempre più quello degli spin doctor in politica: cioè, diffusori di una versione della verità che non è oggettiva, ma piuttosto viene confezionata a beneficio di un interesse di parte. E con questo non mi spingo a sostenere che i commentatori tecnici assumano consapevolmente e in malafede un ruolo da spin doctor. Mi limito a dire che, sempre più spesso, finiscono per esserlo. Venendo allo specifico degli episodi, il primo si è consumato nel post-partita di Genoa-Fiorentina. Gara terminata 1-1, con gol del pareggio viola irregolare per un fuorigioco di Babacar. Un episodio che è andato a allungare la sequenza di recenti decisioni arbitrali sfavorevoli al Genoa. Collegato da Marassi c’era un infuriato Enrico Preziosi. Personaggio di cui non ho stima alcuna e sul quale continuo a chiedermi perché mai non sia stato radiato nonostante una condanna penale definitiva per frode sportiva. E tuttavia, a dispetto di questa pessima opinione sul personaggio, trovo che le sue parole di sabato scorso siano totalmente condivisibili. A partire da quelle che stigmatizzavano il diverso uso della moviola fatto nelle trasmissioni post-partita a seconda che l’episodio danneggi una squadra mediaticamente potente o un’altra di minore appeal. 

    Soprattutto, c’è stato un furioso scambio di battute con Giancarlo Marocchi del quale potete trovare traccia su YouTube. Presente in studio, l’ex juventino ha espresso un’opinione quantomeno risibile: a suo giudizio, poiché il Genoa è “una squadra da quinto posto”, il suo presidente dovrebbe smettere di lamentarsi per i torti arbitrali perché tanto a fine campionato la squadra raggiungerà più o meno la posizione che merita. Ovviamente Preziosi lo ha sbranato e con ogni ragione. Per quanto mi riguarda, non ricordo d’aver mai sentito pronunciare un’opinione così sballata sul tema del diritto a reclamare i propri diritti e a pretendere un trattamento uguale a chiunque altro in termini di giustizia. Secondo l’opinione di Marocchi, un club dovrebbe lamentarsi soltanto se dovesse trovarsi danneggiato in una misura che infici il suo (presunto) valore di classifica e non per reclamare un diritto valido secondo principi universali di giustizia. Di fatto, Marocchi ha teorizzato un principio di giustizia di classe, secondo cui ogni soggetto può ambire soltanto al grado di giustizia determinato dal suo rango. Un orrore etico. Ciò che una volta di più sollecita la riflessione sull’adeguatezza degli “opinionisti” allo svolgimento del loro compito.

    Il secondo episodio è avvenuto poche ore dopo, in occasione di Roma-Empoli. Sul punteggio di 1-1, nell’area giallorossa, durante un’azione in velocità il difensore romanista Yanga Mbiwa ha allargato il braccio colpendo al volto l’attaccante empolese Pucciarelli e atterrandolo. Era rigore o no? Per quanto mi riguarda, prima di dare un’opinione sull’episodio devo esprimere il mio punto di vista a proposito della logica che porta al giorni d’oggi a concedere i rigori. Ho vissuto un’epoca del calcio in cui per concedere un calcio di rigore bisognava che fosse commessa una scorrettezza palese, anche grossolana. Un’epoca in cui il lavoro dei difensori era rispettato e gli attaccanti dovevano sfidare il fuoco nelle aree di rigore per strappare un tiro in porta. Ne parlai qualche tempo fa con Pietro Vierchowod, chiacchierando a proposito dell’estinta figura degli stopper. E lui espresse un’opinione che contiene una profonda verità: “Ai miei tempi, se un attaccante segnava 15 gol in un campionato era un fenomeno. Oggi vedo attaccanti che segnano 25 e più gol come se nulla fosse”. Opinione ineccepibile. E qui non si tratta di fare i nostalgici richiamando un tempo andato. Le cose evolvono, e il calcio assieme a loro. Piuttosto, voglio sottolineare che a partire dai Mondiali di Italia 90 si è avuta una svolta regolamentare favorevole al gioco d’attacco, espressa attraverso tre leve: la mortificazione del ruolo di portiere; una continua riformulazione della regola sul fuorigioco, resa sempre più cervellotica e interpretabile, ma comunque con l’orientamento a favorire l’attacco; e una repressione cieca dell’azione di contrasto da parte dei difensori, con largheggiamento nella concessione di rigori per fattispecie lunari come il “danno procurato” o addirittura l’”imperizia” (sic!). 

    Detto tutto ciò, vengo a esprimere la mia opinione sull’episodio che sabato sera ha coinvolto Yanga Mbiwa e Pucciarelli all’Olimpico. Se dovessi giudicarlo col metro regolamentare del calcio di una volta, direi che un tempo certi episodi non sarebbero nemmeno stati presi in considerazione. Ma se lo devo giudicare col metro di adesso, allora dico che quell’episodio è rigore tutta la vita e che negli ultimi anni sono stati concessi rigori per scorrettezze molto più lievi di questa. Per non dire dell’inesistente rigore concesso a favore dei giallorossi dieci giorni prima giusto in un altro Roma-Empoli, di Coppa Italia. Ebbene, secondo telecronisti e commentatori tecnici sia di Sky che di Mediaset quell’episodio non era da rigore. E questa, a dispetto dell’opinione che ciascuno si è fatto guardando le immagini, è diventata la verità televisiva ufficiale. Lo è stata per opinione di Beppe Bergomi su Sky. E lo è stato ancor più per opinione Sebino Nela su Mediaset, le cui frasi tranchant a proposito dell’episodio ho letto sui social network. Questa ciò che la verità ufficiale televisiva ha sancito sull’episodio. Il che aiuta a comprendere perché io parli di “moviola già in campo”. Per questo sostengo che di moviola dovremmo averne di meno anziché aumentarla.
    Un’ultima cosa: provate a cercare su YouTube una traccia dell’episodio che ha coinvolto il difensore romanista e l’attaccante empolese. A me non è riuscito. Per chi non lo ha visto in partita, quell’episodio non è mai esistito e non ne rimane traccia. Ma in fondo l’Empoli deve solo salvarsi, e a fine stagione (forse) raggiungerà il risultato che gli compete.

    Pippo Russo

    Twitter: @pippoevai

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