Calciomercato.com

  • Pippo Russo: sindrome cinese, perché Dalian Wanda Group punta sulla Serie A

    Pippo Russo: sindrome cinese, perché Dalian Wanda Group punta sulla Serie A

    Sindrome cinese. Da qualche giorno ne sono affetti gli analisti più o meno effimeri che cercano di leggere le conseguenze per il calcio italiano derivanti dalla cessione di Infront, via fondo Bridgepoint, al colosso cinese Dalian Wanda Group. Da più parti s'azzarda ipotesi e scenari dalla portata angusta. Tanto più se disegnati da analisti il cui principale compito era, fino all'altro ieri, l'esercizio denominato "Bacio della Pantofola di Infront". Costoro adesso provano a esorcizzare la perdita di certezze alluvionando i lettori con numeri e proiezioni sull'affare, e azzardano analisi dilettantesche sulla pechinizzazione del calcio italiano come se la serie A fosse il centro di tutto. E mancano di cogliere lo scenario vero, quello perseguito dal presidente di Dalian Wanda Group, il signor Wang Jianlin. Costui è il secondo uomo più ricco della Cina, cioè il secondo uomo più ricco della seconda economia mondiale. Era il primo fino a qualche mese fa, prima di essere scalzato da Jack Ma, ex insegnante di lingua inglese diventato miliardario grazie all'invenzione di Alibaba, il portale di e-commerce che s'appresta a sferrare l'attacco ai player occidentali del settore. Uno smacco per il signor Wang, ma certo anche un incentivo a raddoppiare gli sforzi d'espansione del suo gruppo. Che opera prevalentemente nei settori dell'hospitality e dell'entertainement. Riguardo al primo, Dalian Wanda Group è proprietario di numerosi e importanti hotel di lusso sparsi per il mondo. Per quanto riguarda l'entertainment (settore nel quale opera anche Alibaba, tramite la Alibaba Pictures), la holding di Wang Jianlin controlla una vasta catena di sale cinematografiche. Dunque, Dalian Wanda Group è un gigantesco gruppo economico-finanziario globale specializzato nell'economia dei servizi al tempo libero. Uno dei principali player globali di un'economia integrata che offre servizi al consumo di loisir e spettacoli di massa, oltre a mettere a disposizione strutture ricreative e ricettive. A una holding come questa mancava di fare il salto di qualità definitivo, assumendo il ruolo di content provider, fornitore di contenuti. Dunque, esso doveva mettersi nelle condizioni di produrre lo spettacolo, e non più di limitarsi a distribuirlo attraverso le strutture ricettive e ricreative. L'acquisizione di Infront, unita a altre operazioni più o meno note al pubblico italiano, permette a Dalian Wanda Group di compiere il salto dando corso a una logica perfettamente coerente con new global economy del XXI secolo. Ma a questo punto, prima di proseguire il discorso, è bene fare un passo indietro e proiettare l'analisi su un livello superiore.

    Da qualche tempo sostengo una tesi, che traspare nel mio "Gol di rapina. Il lato oscuro del calcio globale" e verrà dettagliatamente esposta nel sequel del libro e in altri di prossima stesura. Questa tesi sostiene che l'economia globale del XXI secolo è innanzitutto un'economia dell'entertainment, cioè dello svago e del divertimento. E che in un'economia dell'entertainment il calcio è il pilastro principale, perché è in assoluto il più globale dei giochi esistenti. Lo è perché universalmente diffuso, ormai anche presso gli angoli del globo che in altre epoche erano stati refrattari a accoglierlo come gli Usa. Ma è globale anche in un'accezione culturale, perché si tratta di un fenomeno multidimensionale. Ha una forte dimensione identitaria e collettiva, ma al tempo stesso esalta la figura dei singoli celebrandoli come eroi. È uno sport ma anche un grande spettacolo da mettere in scena e veicolare secondo i canoni narrativi più disparati. Soprattutto, ha una dimensione economica sempre più forte e spiccata. Ovvio che un fenomeno come questo, col gigantismo del business che può alimentare, venisse fatto oggetto d'interesse da parte degli investitori e dei capitali che in questa fase storica dominano la scena. Ovvero, i capitali provenienti dai paesi dell'ex impero sovietico e quelli asiatici. Chi manovra questi capitali vede nel calcio una straordinaria fonte d'investimento, soprattutto perché la commercializzazione del prodotto calcio presso i paesi non europei presenta dei margini di sviluppo che in Europa non riusciamo proprio a immaginare. E fin qui il senso di un'operazione come quella del Dalian Wanda Group è chiaro. Resta invece da capire come mai i capitali e gli investitori partano alla conquista del calcio europeo anziché dedicarsi allo sviluppo di movimenti calcistici locali. Ciò che oltretutto risulterebbe più economico. La risposta è semplice: come spettacolo globale, il prodotto-calcio ha una matrice ben precisa che viene dalla sua tradizione maturata lungo l'asse euro-sud americano. Su quell'asse si è sviluppato il calcio durante l'intero XX secolo, passando dallo status di gioco pionieristico a quello di enorme business di portata planetaria. E la tradizione è un asset che non s'inventa né si tira su in poche battute. La storia dei duelli fra i club di un paese o appartenenti a paesi diversi, gli scontri fra rappresentative nazionali dei paesi calcisticamente più sviluppati, e soprattutto la galleria di grandi campioni che hanno costruito l'immaginario di questo sport, sono un corredo immateriale che nessuna strategia ingegneristica può produrre. Va acquisito e basta. I paesi asiatci e africani sono delle straordinarie riserve di passione calcistica. Ma ciò non sarà loro sufficiente, almeno per un altro mezzo secolo, a alimentare una tradizione del calcio equiparabile a quella costruita lungo l'asse euro-sudamericano. Dunque per i capitali e gli investitori extraeuropei il "Calcio della Tradizione" rimane l'unico investimento possibile nell'ottica di un business calcistico globale. E i club europei vengono privilegiati a quello sudamericani perché offrono le garanzie derivanti dall'essere cresciuti dentro mercati maturi.

    Questa è la logica che porta il Dalian Wanda Group a comprare un colosso del settore sport marketing come Infront e, indirettamente, il campionato di calcio italiano di cui Infront è advisor di nome ma finanziatore di fatto. Resta semmai da capire perché, fra tutti i campionati che avrebbe potuto scegliere per colonizzare il calcio europeo, il signor Wang Jianlin punti l'attenzione sulla nostra serie A. In fondo, avrebbe potuto puntare sulla Spagna e la sua Liga, dato che da quelle parti la holding cinese ha già degli affari ben avviati. È notizia delle scorse settimane l'acquisto da parte del gruppo del 20% dell'Atletico Madrid, per 45 milioni di euro. Meno noto è il fatto che Wanda Dalian Group starebbe cercando di recuperare un megaprogetto dell'entertainment in terra spagnola. Si tratta di Eurovegas, un'imponente area dedicata al gioco d'azzardo e all'entertainment. Un affare da 30 miliardi di dollari proposto nel 2011 dal miliardario americano Sheldon Adelson al governo spagnolo, e la cui realizzazione avrebbe dovuto essere nella città di Alcorcon, cintura metropolitana di Madrid. Il progetto rimase un'ipotesi perché Adelson pretendeva che Eurovegas fosse una zona franca non soltanto in materia di vizio autorizzato, ma anche di tutela dei diritti del lavoratore. Che nella Las Vegas europea avrebbero dovuto adeguarsi a standard nettamente al di sotto della norma. Dopo l'acquisto della quota dell'Atletico Madrid, si è fatta largo l'ipotesi che il Dalian Wanda Group recuperi il progetto Eurovegas e lo porti avanti. E dunque, a maggior ragione: perché l'Italia, e non la Spagna? Anche qui il motivo è intuibile. In Spagna la disciplina dei diritti televisivi è molto squilibrata, con la presenza di due club di dimensione globale come Real Madrid e Barcellona che divorano una parte sproporzionata della torta. Una situazione talmente confusa da spingere i vertici della Liga a guardare alla disciplina italiana di ripartizione dei diritti televisivi come a un modello, il che fa capire quanto male stiano messi da quelle parti. Inoltre, proprio la presenza di Real e Barça, col loro potere economico e politico, avrebbe posto l'investitore nelle condizioni di fare i conti con due attori riottosi alla prospettiva di accettare le logiche dirigistiche di un investitore esterno. Meglio la serie A, campionato facilmente contendibile sul mercato. E non soltanto perché si trovava già nella pancia di Infront, ma anche per motivi politico-economici. In Italia non ci sono club dal peso politico equiparabile a quello di Real e Barcellona. Delle tre componenti dell'ex G-14,  la lobby dei club europei più potenti, soltanto la Juventus mantiene un peso relativo sul piano internazionale. Che però non la colloca al di sopra della seconda fascia europea. Le altre due, Inter e Milan, arrancano pure nel nostro campionato. Inoltre, dal punto di vista delle istituzioni calcistiche, l'investitore esterno si trova al cospetto di una federazione ininfluente all'estero e sputtanata in patria, e di una Lega Calcio divisa in fazioni e totalmente incapace d'iniziativa. In condizioni del genere la serie A, che pur in un momento di bassa fortuna come l'attuale rimane un brand con grandi possibilità di rigenerazione e espansione, era il più ghiotto degli affari da realizzare in una logica di economia globale dell'entertainment. Il signor Wang Jianlin potrà disporne a piacimento, e a parte i mal di pancia delle frange di tifosi nostalgici e rompicoglioni troverà davanti a sé soltanto tappeti rossi e pose genuflesse. Se poi (come ha appena ipotizzato il signor Infront Italia, Marco Bogarelli) il magnate cinese dovesse davvero comprare anche il Milan, il cerchio si chiuderebbe.

    Pippo Russo 

    @pippoevai

    Altre Notizie