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  • Pirelli torna in borsa: 25 milioni per Tronchetti Provera. Lite coi miliardari USA, trema l'impero della Cina
Pirelli torna in borsa: 25 milioni per Tronchetti Provera. Lite coi miliardari USA, trema l'impero della Cina

Pirelli torna in borsa: 25 milioni per Tronchetti Provera. Lite coi miliardari USA, trema l'impero della Cina

Il 18 ottobre è in programma il congresso del partito comunista cinese. L'attenzione dei tifosi di calcio è rivolta al possibile sblocco degli investimenti all'estero per lo sport, ma la questione più importante a livello mondiale riguarda la politica. Per chi è interessato e vuole farsi un'idea di cosa sta succedendo, consigliamo la lettura di questo articolo pubblicato su La Repubblica in edicola oggi. 

Due Paperoni, uno dissidente, il braccio destro del leader e una lunga scia di veleni. 
Cina-Stati Uniti, la lite tra i miliardari che ora fa tremare l'impero di Xi. 
Favori e relazioni internazionali in un intrigo da film nelle stanze più segrete di Pechino. 

È una linea sottile e naturalmente rossa, un intrigo di relazioni internazionali e favori personali, un intreccio che dalle campagne della Rivoluzione Culturale si dipana fino ai corridoi della Casa Bianca, sfiora i bastioni nucleari di Pyongyang e si allunga nelle stanze più segrete della Grande Sala del Popolo. Chi si nasconde dietro al mistero che fa tremare i vertici dell'Impero? 

PERSONAGGI - Xi Jinping, segretario generale del partito e presidente della Repubblica popolare, che il 18 ottobre verrà riconsacrato per (almeno) altri cinque anni. Wang Qishan, numero 5 del Comitato permanente ma braccio destro di Xi, il potentissimo zar anticorruzione che accusandoli di mazzette l'ha liberato di tanti nemici. Chen Feng, il supermiliardario che sulle ali di Hainan Airlines oggi possiede un quarto degli Hilton Hotels, ha messo gli occhi sulla bibbia del capitalismo Forbes e sul gigante tedesco delle assicurazioni Allianz, fino a inamorarsi di Skybridge, il giocattolino di Wall Street rilevato dalle mani di Anthony Scaramucci, l'ex consigliere di Donald Trump. Guo Wengui, altro miliardario, ex faccendiere del partito caduto in disgrazia e fuggito negli Usa con tanto di residenza nel golf club trumpiano di Mar-a-Lago, da dove sparge veleni sulla corte di Pechino facendo gongolare i nemici di Xi il Riformatore, la vecchia guardia ma ancora in armi di Hu Jintao e Jiang Zemin

TRAMA - È l’alba degli Anni 90 e Chen Feng, ex pilota dell'aviazione dell'Esercito popolare, viene chiamato a rimettere in piedi una disastrata aerolinea di proprietà del governo locale di Hainan, per poi impossessarsene. Una storia come tante nel travaglio dal collettivismo al capitalsocialismo di oggi. Ma Cheng è particolarmente fortunato: a capo del China Agriculture Trust Investement di Hainan arriva Wang Qishan, funzionario sveglio e ambizioso, deciso a riscattare l'umiliazione subita nella Rivoluzione Culturale, quando nell'esilio delle campagne di Saanxi ha stretto amicizia con un altro giovane sveglio e ambizioso, un certo Xi Jinping. Sono i crediti della banca di Wang a finanziarne l'ascesa, ma Cheng vuole volare ancora più alto, e chissà come riesce a finire nelle grazie dello zio d'America di turno: è George Soros a iniettare nella sconosciuta Hainan Airlines decine di milioni di dollari, staccando l'ultimo assegno nel 2005 e svelando così la prima "American Connection" di questa storia. Da allora, la compagnia aerea vola davvero. Ma chi la controlla? Passano più di dieci anni e Guo Wengui, il miliardario in fuga negli Usa, lancia accuse in un'intervista a Voice of America, poi bloccata per pressioni di Pechino: il presidente Xi, dice, ha cominciato a volerci veder chiaro sui legami tra quello che da una piccola compagnia aerea è diventato il colosso Hna e il suo vecchio protettore Wang. Guo non porta prove, parla di "un nipote" di Wang che avrebbe ampie quote della società, in realtà riconducibili allo zio. Ma è quanto basta per scatenare la guerra. Pechino si scaglia contro il miliardario accusandolo di ogni nefandezza, spuntano 19 indizi di reato tra corruzione, frode, riciclaggio e perfino rapimento e stupro. Guo è circondato, chiede asilo politico agli Usa, ma il Wall Street Journal lancia l'allarme: questa sì che è una "complicazione diplomatica", proprio ora che Trump sta facendo pressione su Xi per fermare l'atomico Kim Jong-un. Cheng prova a uscire dall'angolo e gli chiede 300 milioni di danni: ma intanto la sua Hna, uno dei Quattro Cavalieri delle Acquisizioni insieme a Anbang, Fosun e Wanda, è finita nelle lente di Pechino, la pacchia è finita, le spese pazze all'estero fanno alzare il debito e "mettono a grave rischio il sistema finanziario", dice il governo che ora chiede il conto anche agli amici. Bisogna fare pulizia e Cheng cerca disperatamente di mettere ordine nelle scatole naturalmente cinesi della composizione societaria. Ma la pezza è peggio del buco: com'è possibile che adesso il maggior azionista di Hna sia diventata una sconosciuta charity di New York? Chi c'è davvero dietro? 

EPILOGO - Nel mistero se ne apre un altro. Wang Qishan scompare: nessuna menzione, nessuna notizia – nota l'agenzia giapponese Nikkei – su un signore che pure è di fatto il numero due dell'Impero. Il blackout comincia il 6 agosto ed è rotto solo l'altro giorno da un'ispezione blitz ai vertici del partito in provincia. Un mese senza news. Ma in Cina anche il silenzio parla: a volte, anche più eloquentemente. E per dire che? Lo zar è scomparso per preparare un'altra delle sue formidabili purghe: un vero repulisti alla vigilia del Congresso che deciderà il futuro di Xi, certo, ma pure suo. Per la legge non scritta del limite d'età, cinque dei Magnifici Sette del Comitato permanente a ottobre dovranno sloggiare. Ma per Wang, solo per lui, si farebbe un'eccezione. La mossa dimostrerebbe la forza raggiunta dal nuovo Mao, capace di imporre il suo braccio destro oltre ogni regole. Ma lo strappo sarebbe anche il precedente che tra 5 anni, quando in pensione dovrebbe andare lui, Xi potrà invocare per rimanere in sella. Possibile? È una linea sottile e naturalmente rossa: così sottile che non l'acciuffi più. 


Tornando in Italia, la notizia economica del giorno è il rientro in borsa di Pirelli, main sponsor dell'Inter. Ecco un altro interessante articolo pubblicato nell'edizione odierna del Corriere della Sera

La quotazione. 
Il ritorno di Pirelli a Piazza Affari: ChemChina primo socio con il 45%. 
Sul mercato fino al 40%, debutto il 4 ottobre. Ai manager un premio di 70 milioni. 

Si alza il velo sulla nuova Pirelli, in vista del ritorno a Piazza Affari. Ieri la Consob ha autorizzato la pubblicazione del prospetto informativo dell’offerta pubblica di vendita del gruppo guidato da Marco Tronchetti Provera, che si appresta a tornare in Borsa a tre anni dal delisting. Un documento di oltre 800 pagine che contiene tutti dettagli dell'offerta e una macrofoto del gruppo dopo la separazione della parte "industrial", con cui è stata creata Prometeon. 

In Borsa arriverà il 35% del capitale (che salirebbe al 40% con l’esercizio integrale della greenshoe) di Pirelli. Le azioni messe in vendita da Marco Polo, la holding controllata da ChemChina, Camfin e Rosneft, potranno essere sottoscritte a partire da lunedì prossimo 18 settembre, fino al 28, a un prezzo compreso tra 6,3 e 8,3 euro. Il prezzo definitivo verrà fissato dopo la chiusura degli ordini e il debutto è previsto per il 4 ottobre. Sulla base della forchetta di prezzo indicata, Pirelli avrà una capitalizzazione compresa tra 6,3 e 8,3 miliardi. Il marchio Pirelli è stato valutato in bilancio 2,27 miliardi di euro. 

Con l'Ipo si conclude di fatto il riassetto avviato tre anni fa con l'arrivo di ChemChina. Dopo la scissione della parte "Industrial", Pirelli è stata trasformata in una "pure consumer tyre company" con un business tutto focalizzato sui segmenti "premium" e "prestige" ad alta redditività. Il piano triennale predisposto per la quotazione indica un obbiettivo di crescita nel segmento "New Premium" tre volte superiore a quella media del mercato dei pneumatici e un aumento medio dei ricavi del 9% l'anno. 

Le azioni collocate saranno vendute da Marco Polo, che incasserà una cifra compresa tra 2,5 e 3,3 miliardi, gran parte dei quali destinati a ChemChina che resterà primo socio anche dopo l'Ipo, con una quota compresa tra il 46% e il 45% più un'azione, a seconda del capitale collocato (35% o 40%). Camfin, la holding che raccoglie gli interessi di Tronchetti e degli altri azionisti italiani, deterrà invece una partecipazione compresa tra l'11,7% e 10,1%, mentre Long Term Investment (Rosneft) avrà tra il 6,6% e il 4,9% di Pirelli. Le azioni saranno possedute in modo diretto poiché Marco Polo è destinata allo scioglimento una volta che sarà completata l'Ipo. Le azioni tuttavia resteranno vincolate per un periodo variabile tra i 180 giorni indicati per Rosneft ai 360 previsti per ChemChina e Camfin. 

Il prospetto conferma la centralità del management nel piano di quotazione, con una serie di incentivi a lungo termine. È previsto anche un premio, "special awards", per il successo della quotazione. L'assegnazione è legata al raggiungimento da parte di Pirelli di un determinato valore al momento dell'Ipo e il premio è destinato a 26 manager "ritenuti determinanti per il conseguimento degli obiettivi strategici di sviluppo del business e in particolare per la quotazione di Pirelli", è spiegato nel prospetto. A Tronchetti, che manterrà la carica di vicepresidente esecutivo e amministratore delegato, sarà destinato il 25% del bonus totale, al netto del costo aziendale. Se la capitalizzazione raggiunta da Pirelli alla quotazione fosse di 7,3 miliardi (media tra i valori la forchetta indicata dalla società) Tronchetti Provera incasserebbe circa 25 milioni di euro. 
 

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