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  • Pirlo per Lippi:| Troppe idee, forse nessuna

    Pirlo per Lippi:| Troppe idee, forse nessuna

    Lippi: troppe idee, forse nessuna. Gli resta una carta sola: Pirlo.
    Nessuno ci batte e non battiamo nessuno sono i confini di questa Italia attorcigliata su se stessa, e non più padrona di quel girone che avrebbe dovuto mettersi in tasca. Era impossibile giocare peggio che con il Paraguay, ma ci siamo andati molto vicini. Se il 2-0 inflitto alla Slovacchia rivaluta almeno in parte il censo dei sudamericani, il pareggio con la Nuova Zelanda ribadisce quanto la Nazionale sia sterile, e quanto debba ancora crescere, ammesso che - in queste circostanze, e con questa rosa - ci riesca.

    Due gol da punizioni, due gol come in tutto il Mondiale del 2006. Subiamo poco, ma gli avversari non ce ne perdonano una. Detto che gli anni passano, e Cannavaro lo sa, il problema resta la manovra d’attacco. Lippi ha ruotato Iaquinta, Gilardino, Di Natale e Pazzini. Morale: al netto della iella (palo di Montolivo), delle parate di Paston e dei quindici angoli a zero, stringi stringi abbiamo prodotto troppo poco per gridare al destino cinico e baro. Discutiamo pure sul gol di Smeltz (se Reid la spizza di testa, è fuorigioco) e sui gomiti larghi di Fallon (da rosso dopo mezz’ora), ma cosa sarebbe successo nei nostri pollai se l’arbitro avesse decretato un rigore «con tuffo» come quello di De Rossi?

    Si sapeva come avrebbero giocato i neozelandesi: il loro è un calcio-rugby che prende slancio da uno sterminato pacchetto di mischia e si avventura nella selva del duello abbattendo tronchi e bruciando sterpaglie. Il ritorno al 4-4-2, la nostra «mamma», ha prodotto progressi così lievi da giustificare un rigo. Se mai, non avrei tolto Pepe e intasato gli spazi con il 4-3-3. Come il Paraguay, la Nuova Zelanda ci ha lasciato il pallone. E lì sono cominciati i guai. A parte Montolivo, in crescita, De Rossi e c. non sono riusciti a raffinare la manovra comele esigenze avrebbero richiesto. Ci è mancata - o meglio: ci manca - la magia dell’ultimo passaggio, dell’ultimo cross, problema al quale neppure Camoranesi ha offerto una plausibile soluzione.

    Tornare sulle scelte di Lippi sarebbe pretestuoso: se è vero che non ha lasciato a casa «fenomeni», è vero, altresì, che qualcosa di meglio avrebbe potuto inventarsi. Comporre la Nazionale sul blocchetto della settima in classifica, la Juventus, era un rischio che fin qui non ha pagato. Da Gilardino e Di Natale mi aspettavo di più. Italia-Slovacchia diventa, così, decisiva. Finire secondi nel girone, vorrebbe dire tamponare l’Olanda negli ottavi. E finire fuori, beh, ci siamo capiti. La fortuna dell’Italia è il grigiore di questo Mondiale. Sono tutti lì, in attesa di un errore, di un numero, di una briciola: un andazzo che i nostri hanno preso sin troppo alla lettera. Resta una carta da giocare: Pirlo. Non dico che la sua bacchetta possa trasformare la zucca in carrozza, ma siamo all’emergenza. Nel frattempo, si scartabella in archivio. Due pareggi. A Vigo, nel 1982, furono addirittura tre. E poi sterzammo. Sinceramente: che barba.


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