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  • Quando il Chievo mise paura alla grande Juve...

    Quando il Chievo mise paura alla grande Juve...

    Cartoline dal passato. Vista mare sulla sfida tra Chievo e Juve. Partita delle mille emozioni. Sfida che ha fatto ingoiare rospi per una vita al popolo gialloblù. Divenuta improvvisamente gara dell'orgoglio due stagioni fa, quando Gennaro Sardo ha fatto arrossire la Signora regalando la prima vittoria della storia al piccolo Ceo. Ora, dunque, va leggermente meglio.
    Il Chievo si è pure salvato contro la Juve. Notte magica all'Olimpico e serie A in tasca per il decimo anno consecutivo. Tuttavia, ai tempi di Chievolandia, quando Gigi Delneri toccava i baffi e subito accadevano magie, questo duello ha acceso in maniera particolare le fantasie veronesi. Il Chievo perdeva, d'accordo. Ma in più di un'occasione ha regalato sussulti memorabili. La gloria, a volte, si degna di baciare anche i perdenti. E c'è chi ricorda. Con piacere.

    L'INIZIO DELLA STORIA. Massimo Marazzina, ex attaccante gialloblù e oggi commentatore televisivo, ha castigato più volte la Juve. A domicilio, ma anche al Bentegodi. «Segnavo sempre – racconta – non vincevo mai. Ma era bello lo stesso. E fu bellissimo la prima volta in A, nella stagione 2001 – 2002, contro di loro. Era la grande Juve, noi il piccolo Chievo. Ricordo Delneri che durante la settimana ci spiegava come si muovevano i campioni bianconeri. Sentivo nomi roboanti: Del Piero, Nedved, Thuram. E pensavo: ma sono davvero quelli della tv? Era così. Ma ce ne accorgemmo solo in campo. E fu bellissimo. Perché segnai subito due gol alla Juve. Noi andavamo ai duemila all'ora, loro non ci capivano niente. Non importa abbiano vinto loro. Il Chievo si era manifestato. E quello fu il segnale iniziale. In A ci stavamo alla grande anche noi. E quella notte è nata dentro di noi una grande forza. Ricordo nello spogliatoio la rabbia per il ko ma allo stesso tempo la consapevolezza di avere fatto qualcosa di importante».
    COMPAGNO DI STANZA. Fabio Moro, oggi assistant team manager al Chievo, non vuole ricordare tutto. «Evitiamo di parlare di rigori, per favore? Alcune cose non vanno giù». D'accordo, evitiamo. Ma poi l'ex difensore torna su un particolare. Quello della prima notte da leoni. Il Chievo perde negli istanti finali proprio a causa di u tiro dal dischetto. La mano di Moro c'era? Non c'era. Ma contro la Juve anche il petto 'vale' come una mano. «Thuram venne da me a fine gara – racconta Moro – e mi chiese: davvero l'hai toccata con la mano? Ora possiamo dircelo. Io gli risposi che il tocco non c'era stato. Mi guardò, sorrise. Capii tante cose. Anche lui aveva capito. Purtroppo la perdemmo. Ma io voglio ricordare soprattutto Del Piero. Con Alex siamo stati più di una volta compagni di stanza durante i ritiri delle nazionali giovanili. Un gran bravo ragazzo. Serio, educato, determinato. Ritrovarsi di fronte in campo è stato bello. Perché oltre all'uomo serio e maturo, davanti a me stava anche il campione. Ero soddisfatto. Per dove ero arrivato. Ma anche per il successo di Alessandro».
    ARRIVA LA PALLA. Daniele Franceschini, ex ala mancina del Chievo, ha smesso di giocare a calcio. «Decisione di questi giorni – ammette –. Inizierò il corso di allenatore per prendere il patentino di Seconda categoria. La Juve? Vi ricordate, vero, che il mio gol è valso il primo pari della storia in campionato al Bentegodi?». Certo, come si può dimenticare. «Semioli scende sulla destra - racconta Daniele - e taglia tutta l'area juventina con uno dei suoi soliti cross. Piazzo la palla di 'piattone' in diagonale. Vedo Buffon in tuffo. La prende? No che non la prendo. Credo sia stata una rete bellissima. La più bella della mia carriera. Anche perché l'ho segnata proprio a loro. Quella sera (Chievo – Juve 1-1, campionato 2005 - 2006) abbiamo messo paura a una squadra che in un modo o nell'altro riusciva sempre a batterci. Anche da allenatore questa storia la racconterò all'infinito».
    HO SEGNATO A BUFFON. Lorenzo D'Anna, oggi osservatore del club della Diga, ha sfidato i grandi campioni della Juve. «Una fotografia? La mia rete su rigore a Buffon. Era il 14 settembre 2003, il Chievo fu sconfitto due a uno in rimonta. Fa sempre un certo effetto fare gol al miglior portiere d'Italia. Ma le immagini sono altre. Ho in testa due facce: Del Piero e Trezeguet. Il primo perché era un campione di signorilità. Un giocatore speciale, contro il quale era bello misurarsi. Trezeguet era impressionante. Poteva dormire per una partita, poi bastava lasciargli mezzo centimetro e lui la buttava dentro. Era proprio un giocatore da Juve».


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