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  • Quel gol è proprio tanto 'petaloso'!
Quel gol è proprio tanto 'petaloso'!

Quel gol è proprio tanto 'petaloso'!

  • Marco Bernardini
Ho sempre pensato che, alla fine, ci salveranno i bambini. Quelli come Matteo, otto anni e “terza c”, il quale più o meno inconsapevolmente è riuscito a dimostrare che nella vita non è tutto così scontato, banale e già visto come saremmo portati a immaginare. Bastano un pizzico di fantasia e una spruzzata di intuizione per inventare un cocktail diverso dal solito. Lui, Matteo, osservando un fiore lo ha trovato proprio tanto “petaloso”. Lo ha scritto nel tema del compito in classe. La maestra, insegnante attenta e partecipe, ha inviato il componimento a chi di dovere. I responsabili dell’Accademia della Crusca si sono affrettati a inserire quel aggettivo così particolare nell’elenco delle “parole nuove”. Il nome di Matteo, a cavallo del suo “petaloso” ha già fatto per tre volte iin giro del mondo come accadde quando Archimede da Crotone inventò il celebre “eureka”.
 
Il linguaggio è importante. Fondamentale. La comunicazione tra esseri viventi (animali e forse anche piante compresi) dovrebbe consentire la conoscenza e quindi la realizzazione del buon vivere civile significato da rispetto e tolleranza per il prossimo. Il linguaggio può anche diventare una pericolosa arma di disgregazione nelle mani di malintenzionati o di bari professionisti al tavolo dell’esistenza quotidiana. In ogni caso la “parola”, ciascuna parla nella sua specificità lessicale, dovrebbe indicare esattamente ciò che vuole mostrare. Una sua eventuale ambiguità crea confusione e provoca danni.

Lo sport, specialmente dagli Anni Ottanta a oggi, è stato letteralmente saccheggiato da chi, intuendone la presa popolare del linguaggio, ha deciso di servirsene come mezzo di persuasione semplicistico ma efficace. La politica, per esempio, non ha esitato a fare man bassa frugando nella terminologia calcistica. “Fare squadra”, “scendere in campo”, “esercitare il pressing”, “giocare in difesa”, “entrare a gamba tesa” sono soltanto alcune delle perifrasi prese a prestito dallo stadio per animare il dibattito parlamentare. Otre alle parole, poi, si è pensato di scendere sul terreno dei fatti. Pernacchie, insulti, striscione, bandiere e cori assortiti, sputi, gestacci e scazzottate. La Camera dei deputati, soprattutto, come la Curva Ultras. Sono loro, gli onorevoli, a nostra immagine e somiglianza.

Naturalmente, oltre ai furti lessicali, esiste anche l’interscambio. Un giochino che il gioco del pallone, quello tecnico e quello parlato, hanno reso sufficientemente divertente oltreché paradossale. Ho preso, in ordine sparso, dal vocabolario del calcio parole che in origine volavano significare ben altro. Divertiamoci insieme, se volete.

ACCADEMIA. Quella delle Belle Arti o quella Militare. Robe serie. Fare accademia in campo vuol dire essere un po’ cialtroni.
AURELIO. In origine trattasi di imperatore romano. Poi, un giorno, il tecnico della Roma Aurelio Andreazzoli sfidò Taddei a chi faceva più gol di tacco. Vinse Aurelio.
BARRIERA. Quelle orribili, non solo per i portatori di handicap o i diversamente abili. Anche quelle ideologiche. In campo, Platini, Baggio e Del Piero le abbattevano.
BISCOTTO. Delizioso da inzuppare nel latte a colazione. Ulteriore modo per Banderas di guadagnare con la reclame. Nel calcio un boccone avvelenato per lo sport.
BOMBER. Non so se ricordo bene, ma mi pare che “UnaBomber” sia ancora latitante. Spesso, la domenica, latitano anche quelli pagati per “sparare” in rete.
BUSTA. Quando non c’era Internet serviva per infilarci la lettera alla morosa. Nel calcio famosa quella per il riscatto di Paolo Rossi. Arbitri sorpresi con lei in tasca.
CATENACCIO. Serviva a unire i piedi dei disgraziati che remavano sulle “galere” e che in caso di naufragio morivano affogati. Cosa pensavano del nostro calcio all’estero.
COLPO DI TESTA. Quello di Rosina, casalinga piemontese, che dopo essere andata al Circo di Buffalo Bill scappò di casa con il cow boy. La specialità di John Charles.
CUCCHIAIO. Si chiamava Uri Geller e divenne famoso perché riusciva a piegare le posate con la forza del pensiero. Ciò che mancava a Totti quando lo sbagliava.
DISIMPEGNO. Tutte le abitazioni dell’alta borghesia possedevano una camera che fungeva da spogliatoio. Parola che i difensori di Zeman perlopiù ignorano.
DODICESIMO UOMO. Un film per la televisione di Alessandro Balena in fase di postproduzione. Quelli che allo “Stadium” hanno aiutato la Juve a pareggiare.
DOPPIETTA. Mi stanno antipatici i cacciatori anche se li capisco. Quella a canne mozze la userei contro chi ce l’ha. E’ il piatto preferito dal bravo Toni.
FALLO DI CONFUSIONE. Quando incontri una strafiga, la porti a cena, a ballare, le salti addosso in macchina e scopri che qualcosa non va. Gran casino in area.
GIOCO PERICOLOSO. La roulette russa è quello per eccellenza. Mitico De Niro ne “Il cacciatore”. Nel calcio, per informazioni, chiedere specialmente ai “numeri 10”.
LUNETTA. Che poi significa mezza luna e, visti i tempi, potrebbe essere scambiata per un pericoloso spot. Sicuramente più innocua quella dell’area di rigore.
MALEDETTA. Solitamente riferita a lei che ti ha messo le corna ed è scappata dopo aver fatto un salto nella tua banca. Imprecazione del portiere dopo il gol di Pirlo.
MEZZALA. La famosa e bugiarda teoria del mezzo pollo a testa. Oggi, visti i tempi di ristrettezza, basta e avanza. Nel calcio, chissà perché e migliore quella sinistra.
PANCHINA. La nemica giurata dei pensionati che non accettano il loro nuovo status ma anche amica per chi dà cibo ai piccioni. In disuso tra per i mister sempre in piedi.
PAPERA. La più simpatica è sicuramente la “nonna” di Qui Quo e Qua specializzata in torte e crostate squisite. Vittime innocenti dei cacciatori e terrore dei portieri.
PIATTO. Sono quelli che volano insieme agli stracci, nelle case di famiglie della serie “Guerra dei Roses”. Nel calcio si serve facendo ruotare il piede all’esterno.
PROCURATORE. Erano e sono quelli della Repubblica italiana il cui compito è di grande valore e serietà. Quelli del calcio hanno un po’ sputtanato il termine.
RABONA. Di origine spagnola che vuol dire “coda di cavallo” e quindi presuppone una bella donna. In campo il primo a mostrarla in Italia fu Roccotelli a Cagliari.
SETTE. Nella simbologia esoterica è il numero che rappresenta la perfezione. Intesa come Polo televisivo è quello che fa capo al presidente del Toro, Urbano Cairo.
RIMESSA. Un luogo diventato indispensabile data la carenza di parcheggi e i vigili scatenati a dare multe. Dicasi anche di chi si sente poco bene dopo un’abboffata.
RISCALDAMENTO. La somma dei numeri che stampati sulla bolletta ogni mese ci fanno rizzare i capelli. Più economico scaldarsi come fanno i nostri eroi.
VERONICA. Una bella canzone di Enzo Jannacci oppure l’amica che abbiamo chiesto a Ramona di portare per andare al cinema. Ma, come diceva Paolo Conte che preferiva Bartali, “Al cinema vai, vacci tu…”
 

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