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  • Ranieri: 'All'Inter mi rovinò Thiago Motta. Senza calcio non mi sento un disadattato'

    Ranieri: 'All'Inter mi rovinò Thiago Motta. Senza calcio non mi sento un disadattato'

    • Redazione CM
    Claudio Ranieri, ex tecnico di Inter e Roma e campione d'Inghilterra con il Leicester ha rilasciato un'intervista al Corriere dello Sport in vista della sfida di campionato tra nerazzurri e giallorossi:  "Mourinho e la sua vecchia frase? José ora è un grande amico. Fu molto carino quando il Leicester mi esonerò. Si presentò in conferenza stampa con la tuta che portava le iniziali CR. 'Ha scritto la storia più bella di sempre', disse". 

    MOURINHO OGGI - "Più riflessivo, consapevole, si cambia. E perfettamente aderente al progetto dei Friedkin. Lui gioca per vincere, la sua carriera è segnata da successi straordinari, tuttavia sa bene che in questa fase della Roma ci sono gli ostacoli, i limiti imposti dal Fair Play Finanziario... Mourinho è un galvanizzatore unico, inimitabile, l’Olimpico si riempie per lui, più che per la squadra. La Roma aveva bisogno di Mourinho e probabilmente Mourinho della Roma, di una tifoseria che si è data a lui senza riserve".  
     
    SENZA SQUADRA - "Io non mi sento un disadattato, anche se per trentacinque anni i tempi della mia giornata li ha scanditi il calcio, il lavoro. E non considero il periodo da calciatore. Quando non giochi o alleni ti vengono a mancare tante cose, riferimenti importanti, devi riempire i vuoti e non è sempre facile. Non ci sono gli allenamenti, i ritiri, i viaggi, le partite. Ad ogni modo vivo tutto con grande serenità e, anzi, mi godo la libertà di poter andare lunedì a Vittoria per ricevere un premio intitolato proprio a Di Marzio. La serata la presenterà Gianluca, suo figlio, e ci sarà anche Tucci, la moglie".  
     
     TRIBUTO DELL'OLIMPICO - "Roma-Leicester. Ero seduto di fianco a Candela, Totti un paio di posti più in là. A un certo punto Vincent mi diede una gomitata e indicò il tabellone che mi stava inquadrando. Quando partì l’applauso di entrambe le tifoserie rimasi sorpreso e spiazzato, io sono timido, riservato. Fu mia moglie a suggerirmi di alzarmi in piedi per ringraziare i sessantamila. Un’emozione fortissima che mi porto dentro, uno dei ricordi più belli".  
     
    IMPRESA CON IL LEICESTER - "Vi contribuirono tanti fattori. A partire dal presidente che mi consegnò la squadra quando era ancora in ritiro, all’improvviso aveva mandato via l’allenatore. Il Leicester era salito la stagione precedente in Premier e in seguito si era salvato all’ultima giornata. Cambiai alcune cose, gradualmente ma radicalmente. I terzini, innanzitutto, poi intervenni su Simpson e Fuchs. Decisi di trovare posto al giovane Kanté, un motorino inesauribile. Prima lo provai all’ala sinistra, quindi lo misi centrale di centrocampo e insieme a Drinkwater formò una coppia sensazionale. Quei ragazzi stavano bene insieme, si aiutavano. Se Mahrez si accentrava, Okazaki andava a coprire il suo lato. Nelle prime settimane spiegai alla squadra che non bisognava mollare mai, recepirono in fretta il messaggio. Riuscirono a trasformare tanti 0-2 in pareggi o in vittorie. La storia delle pizze offerte quando non prendevamo gol è nota. Trovai una pizzeria che dopo le prime settimane decuplicò le entrate. Se non ricordo male quell’anno perdemmo solo tre volte, due con l’Arsenal e una col Liverpool".  

     INTER - "Partimmo bene bene bene. Le cose cambiarono quando a gennaio Thiago Motta decise di andare al Psg. Eravamo d’accordo che sarebbe partito a fine stagione, ma lui cambiò idea e fece pressione sul presidente che lo accontentò. Senza Thiago saltarono gli equilibri in campo, come un orologio nel quale si inceppa un singolo elemento e l’intero meccanismo ne risente. Se un giocatore rovina un progetto? Ci sono giocatori che hanno la funzione di equilibratori, fanno girare la squadra, la prendono per mano. Al Monaco, in B, trovai Mounir Obbadi, che in seguito passò al Verona. Con lui a centrocampo trovammo la quadra e la promozione".  
     
    COSTRUZIONE DAL BASSO - "La odio. È vero che se trovi tre, quattro passaggi fatti bene annulli la pressione alta degli avversari e si apre una voragine nella loro difesa. Ma per ottenere quella precisione di battuta servono giocatori con caratteristiche speciali e non tutti se li possono permettere. Io ammiro il Liverpool di Klopp che cerca abitualmente la profondità, non sta lì a fare ottocento passaggi orizzontali o all’indietro. Sarà perché da ragazzo ho giocato a basket, ho fatto mia la propensione ad arrivare in fretta nell’area avversaria. Nel ’97, al Valencia, tutti mi parlavano, esaltandolo, del possesso di Real e Barcellona e io puntai sulla rapidità e sul verticale. Non capisco chi palleggia a lungo, subisce il gol e solo quando è sotto verticalizza. Ma fatelo dall’inizio, dico io".  

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