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  • Kakà, il ritorno di un campione

    Kakà, il ritorno di un campione

    • Luca Talotta

    15 ottobre 2011. Real – Betis Siviglia, minuto 58. Mourinho decide di cambiare Kaká; Di Maria si è già svestito, ma l'ex milanista mette a segno un gol bellissimo. Kakà alza i pollici al cielo e viene sostituito, il Bernabeu gli offre la standing ovation. Due anni e mezzo e 65 milioni di euro dopo, le Merengues hanno il loro Galactico. Kaká è resuscitato: "Ho segnato ancora, mi sento bene fisicamente", dirà a fine gara. Già contro l'Ajax a settembre, aveva mostrato grandi passi avanti: "Non dovete guardare una sola gara, ma l'evoluzione totale - aveva detto - ho bisogno di contuinità".


    Nella sua prima stagione, Kaká aveva disputato solo 13 gare intere, tante quante Dudek, il portiere di riserva. La pubalgia l'aveva fermato per 68 giorni, parcheggiato in palestra. Con Pelligrini giocò poco, il Mondiale fu disastroso. Quando rientrò a Madrid, via alla seconda stagione in terra iberica. Gioca solo 844 minuti. Ma ciò che è peggio, è che è appena arrivato un 21enne di belle speranze che fa presto dimenticare ai madrileni Kakà. Si chiama Ozil, l'ex Milan finisce nel dimenticatoio.

    Si parla di mercato: il Real vuole 30 milioni, Kaká ne reclama nove all'anno. Nessuno osa, resta a Madrid. La sua resurrezione avviene in California, nella tournée estiva: "Mourinho aveva tutte le carte per uccidermi, sportivamente parlando, ma non l'ha fatto". Mou gli da fiducia e tempo, gli promette di non venderlo e di tornare a puntare su di lui.

    Tre mesi dopo, Kaká torna: "La psicologia nel calcio è tutto", afferma. Ritrova il posto: cinque gare da titolare, otto matches disputati tra settembre e ottobre, a finire in panchina è Ozil. Finora, per Kakà, 11 gare e tre gol in totale. E non finisce qui: bentornato Ricky!


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