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  • Rinasce il Filadelfia: il Toro è ancora più sacro, Torino è più magica

    Rinasce il Filadelfia: il Toro è ancora più sacro, Torino è più magica

    • Marco Bernardini
    Per comprendere esattamente il significato dell’evento grazie al quale il mondo dello sport è tornato in possesso di un prezioso gioiello, occorre dire brevemente della città per la quale il “nuovo Filadelfia” rappresenterà il cuore pulsante ben oltre i confini di quella che stata l’operazione di eccellenza architettonica. Torino e i suoi abitanti, da sempre, si sono posti come un modello di vita quotidiana e di pensiero filosofico a parte. Quasi non avessero nulla o pochissimo da condividere con il resto di un’Italia sostanzialmente diversa. Oggi più che mai, poiché la metropoli più “francese” dell’intero nostro Paese ha sempre meno da condividere con la cialtroneria politica, amministrativa e sociale ispirata dal Palazzo dove si governa. 

    Non è certo per caso se l’unica città dove i “Cinque stelle”, rappresentati dalla sindaca Appendino, riescono a lavorare bene senza fare casini o cadere nelle trappole del malaffare. Lo stesso problema dell’immigrazione e della necessaria integrazione multietnica che spinge personaggi come Salvini a delirare pubblicamente pur rimanendo di complicata gestione ha intrapreso la strada di una risoluzione possibile. E questo grazie anche alla presenza attiva, in città, di don Ciotti e ei suoi volontari di Libera e all’abitudine storica del migrante gestita con intelligenza dai vari sindaci Novelli, Chiamparino e Fassino. 

    Scippata, nel tempo, da beni di grande valore culturale ed economico come il cinema e la letteratura, Torino si è ripreso il maltolto. Il “Film Festival” ha nulla da invidiare a quello di Roma. Il Salone del Libro voluto dalla Mondadori a Milano si è risolto in un flop. Quello del Lingotto, difeso soprattutto dai medi e piccoli editori, è un trionfo di pubblico e di critica. I cassonetti della spazzatura non sono totem dell’inciviltà, le strade sono pulite e percorribili in maniera umana, i parcheggi underground al momento costo sufficienti e a costo accettabile. Malgrado l’invasione della grande distribuzione alimentare, resistono le vecchie botteghe artigiane e molte aprono gestite da giovani. La cortesia e la gentilezza sono gratis. A tutto ciò è impossibile non affiancare la realtà sportiva e principalmente calcistica di una Juventus già lanciata nel futuro e di un Toro che, grazie a Urbano Cairo, rende moralmente onore al suo passato leggendario. Sia chiaro, Torino non è la metafora della perfetta “Città del Sole” descritta dal filosofo Campanella, ma è comunque a suo modo magicamente a misura d’uomo.

    Il nuovo “Fila”, risorto dalle rovine di uno stadio che non è mai stato soltanto un semplice impianto sportivo ma un’autentica casa per ciascun cuore granata, si colloca in assoluta conformità con lo spirito della comunità torinese. Anche quella bianconera la quale, abbandonando la partigianeria scriteriata, non può fare a meno di osservare la rinascita di quel “tempio” almeno con il rispetto dovuto alla sacralità della Storia. Un poco come avviene per il Museo Egizio, secondo per importanza soltanto a quello de Il Cairo, e per il Museo del Cinema, unico per fascino in Europa. Logicamente, per posizione e per capienza, il piccolo stadio granata non potrà ospitare partite ufficiali. Non quelle della prima squadra, almeno. Ma il solo fatto di saperlò lì, contornato dalle case dai cui balconi si affacciavano i tifosi per vedere la partita direttamente dalla cucina di casa (uno di loro era Antonio Giraudo che veniva ospitato dal mio caro collega Claudio Colombo), non può che far bene al cuore.

    Le notti torinesi intorno al Filadelfia torneranno, anche loro, a essere magiche e mai più silenziose. Come suggeriscono gli ultimi sciamani pellerossa che ancora vivono nello loro riserve del nord America, i loro cimiteri tabù per l’uomo bianco rappresentano un mondo parallelo e invisibile eppure brulicante di vibrazioni e di voci. Quelle degli spiriti dei valorosi antenati i quali, specialmente nelle notti di luna piena, raccontano ai giovani delle loro tribù le storie eterne di “Wakahatanka” il bisonte sacro delle praterie eterne e quelle dei valorosi guerrieri Sioux. Ebbene, quando il nostro satellite si mostrerà in tutta la sua piena bellezza nel cielo sopra Torino, potrebbe valere la pena andare a passeggiare intorno al nuovo “Fila”. Magari i più attenti e sensibili alle magie potranno ascoltare il suono di una tromba che spinge alla carica e sentire la vice di capitan Valentino il quale, dopo essersi arrotolato le maniche della maglietta granata fin sopra i gomiti, ordina ai suoi compagni di scatenare l’inferno.

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