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  • Mourinho, magari è colpa dei raccattapalle

    Mourinho, magari è colpa dei raccattapalle

    • Pippo Russo
      Pippo Russo
    Dall'individuo al gruppo fino a toccare il vertice del Super-ego. Il post-partita di José Mourinho ieri sera al Friuli è stato popolato da evoluzioni verbali contorte, fra le quali soltanto quella sull'attribuzione delle colpe ha avuto il pregio della chiarezza. È stato quando si è trattato di assegnare le responsabilità di una sconfitta che per la sua Roma è stata talmente larga da non ammettere scappatoie. E infatti il tecnico portoghese è partito da questo assunto: quando perdi 4-0 non c'è granché da commentare. Dunque ecco il riconoscimento dei meriti all'Udinese, ciò che del resto non avrebbe potuto non avvenire. Ma da lì in poi sono cominciati i distinguo, non particolarmente efficaci. E prima dei distinguo c'è stata l'attribuzione delle colpe, avvenuto secondo uno schema tipico dell'egolatria mourinhana. Che al solito si esprime secondo principio: "Vada bene o vada male, tutto dipende soltanto da me".

    Il passaggio si è avuto quando, nell'intervista del dopo gara rilasciata a Dazn, il tecnico di Setúbal è stato chiamato a spiegare una sconfitta così pesante. Mourinho ha iniziato parlando di un errore individuale che ha spianato la strada all'Udinese, riferendosi allo sciagurato appoggio di petto provato da Karsdorp che ha permesso a Udogie di sbloccare subito il risultato in favore dell'Udinese. Ma da lì ha immediatamente allargato il raggio del discorso dal particolare al generale, dicendo che un errore individuale è comunque colpa della squadra. E infine ha compiuto il passaggio dal generale al supremo, affermando che se ha colpa la squadra deve avere per forza colpa lui. Perché lui è la squadra. Anzi, lui è tutto.

    E dunque si approda sempre alle sue virtù demiurgiche, sia nel bene che nel male. Discorso ormai stantio, da catalogare nell'archivio degli atti amministrativi anziché nel repertorio delle frasi che lasciano il segno. Del resto, che Mourinho fosse in serata dialetticamente infelice lo ha dimostrato nei passaggi successivi. Ciò che davvero costituisce una novità. Perché se il tecnico portoghese smarrisce la vis dialettica, significa che è in corso un guasto bisognoso d'essere monitorato. Non è stata una frase specifica, ma piuttosto quel riconoscere a denti stretti i meriti dell'avversario, ma col costante riferimento a qualche elemento che li sminuisse.

    Per esempio, lo stile di arbitraggio di Maresca, che stando alle parole di Mourinho sarebbe stato valutato negativamente dall'ambiente giallorosso già nel momento della designazione. E a questo elemento è stato conseguente collegare lo stile di gioco molto fisico dell'Udinese, che dall'arbitraggio del fischietto napoletano è stato tollerato. E in questa parte del discorso rimane sottinteso il riferimento all'episodio del rigore non assegnato per il contatto fra Becao e Celik a inizio ripresa, quando il punteggio era ancora 1-0. Infine, c'è stata la frecciata sui raccattapalle e il loro comportamento che si suppone ostruzionistico. Lamentela francamente surreale, al termine di una gara persa 4-0.

    A tutto ciò va aggiunta quella promessa di rivedersi al ritorno, che sa di bullismo in cerca di rivincita. Una pesante caduta di stile, ma anche segno di perdita del controllo. Magari soltanto momentaneo, ma questo lo capiremo nei giorni e nelle settimane che verranno. Una perdita di controllo che si leggeva in filigrana ascoltando ogni frammento di dichiarazione. Con Mourinho che riconosceva la legittimità della vittoria dell'Udinese e faceva i complimenti, ma che sotto sotto “nun ce voleva sta'”. Non ha rimediato una gran figura. E chissà se a freddo ne ha preso coscienza.

    @pippoevai

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