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Roma, Dodò:| L'attesa finalmente è finita

Roma, Dodò:| L'attesa finalmente è finita

  • V.N.

L'attesa è finita. Dopo undici mesi dall'operazione che nel novembre dello scorso anno gli ricostruì il legamento crociato del ginocchio sinistro, José Rodolfo Pires Ribeiro, alias Dodò, è pronto a stupire. Per lui garantisce il ds Sabatini: 'Ha una corsa rotonda che vi farà innamorare e renderà orgogliosi i tifosi della Roma', le parole del dirigente il giorno della presentazione. Iperbole linguistica a parte, in queste parole c'è tutta la stima che il dirigente nutre nei confronti dell'ex Corinthians.

Il laterale sinistro è una scommessa che Sabatini è sicuro di vincere, come ha già fatto in passato con gli sconosciuti - all'epoca - Kolarov e Lichtsteiner. Proprio per questo motivo la Roma ha investito un milione di euro per il premio di formazione che spettava al club paulista e pagato anche una commissione di 1,5 milioni all'agente Calenda. Due milioni e mezzo, per un ragazzino con un legamento crociato rotto e con il contratto scaduto, non è cosa di tutti i giorni. Ma a Dodò è bastato poco per far sì che a Trigoria si convincessero che il suo acquisto va ritenuto come uno dei migliori effettuati dalla Roma negli ultimi due anni. E questo, senza aver giocato nemmeno un minuto in campionato. 

Paragoni a parte, Dodò, una volta ristabilito al 100%, potrebbe stravolgere le gerarchie in difesa. Nell'idea di fondo c'è lui come titolare della fascia sinistra con Balzaretti a destra (ruolo che ha già svolto in Nazionale). In un colpo solo, Zeman risolverebbe così il problema degli esterni difensivi, considerando che Piris ancora non convince e Taddei è da considerare come un calciatore adattato in quella posizione. Ma ci vuole pazienza. La Roma e soprattutto il calciatore non dimenticano gli ultimi mesi. Quasi un anno a vedere gli altri giocare, a ripensare all'entrata assassina di Bolivar, capitano dell'Internacional di Porto Alegre, e non riuscire a sostenere un allenamento con i compagni è un peso duro da digerire per chiunque. Figuriamoci per un giovane di 20 anni.

Il rientro continuamente rimandato ha poi alimentato le tesi più disparate: problema sottovalutato, Zeman ha forzato subito la mano con carichi di lavoro eccessivi, chi ha pensato addirittura che ci fosse bisogno di un altro intervento o che la prima fase di recupero in Brasile fosse stata condotta in maniera sbagliata. Quale fosse la risposta giusta, ora è tutto alle spalle.

(Il Messaggero)

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