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  • Roma, Rudiger: 'Spalletti mio mentore. Juve? Usano la testa, Torino è diversa'

    Roma, Rudiger: 'Spalletti mio mentore. Juve? Usano la testa, Torino è diversa'

    Antonio Rudiger, difensore della Roma, ha rilasciato una lunga intervista a Ultimo Uomo. Per l'occasione ha raccontato tutto se stesso, dall'infanzia a oggi, passando per giovanili e miglioramenti vari. Una menzione speciale va a Spalletti - mentore della sua crescita tattica -, ma anche alla difesa della Juve...

    NEUKOLLN - "Per me era un angolo di paradiso. Perché non sono cresciuto nel razzismo o cose del genere. Avevo amici arabi e di tutte le culture e i Paesi del mondo. Non ho mai avuto problemi, stavamo insieme come una famiglia. A me piaceva vivere lì. Certo, adesso non vorrei che i miei figli crescessero come sono cresciuto io… Ci sono persone che hanno preso altre vie. Non voglio dire che se non fossi diventato calciatore sarei diventato un criminale, non posso saperlo, ma il calcio mi ha dato una buona direzione. Da lì mi è rimasta quella mentalità: never give up. Devi combattere per trovare la tua via d’uscita. Perché se molli sei come un gatto davanti a un leone".

    STOCCARDA O DORTMUND - Se guardi le statistiche, da quando Mario Götze è salito in prima squadra dalle giovanili, ci sono stati solo altri due giocatori che hanno fatto lo stesso salto. Se invece guardo il mio percorso con lo Stoccarda, ho giocato più di 80 partite [con la prima squadra, ndr]. Quindi credo di aver fatto la scelta giusta".

    CALCIO FISICO E INSIGNE - "Non ci sono regole per strada: giochi, ti fanno fallo, ti rialzi. Magari sono i giocatori normali che non possono giocare per strada, perché la palla non rimbalza regolarmente, o perché l’asfalto non è morbido come l’erba… Chi mi ha messo più in difficoltà? Insigne. E'un giocatore molto intelligente. Conosce la mia fisicità e sa che non ha nessuna speranza se si allunga la palla. Per questo ha giocato quasi sempre a un tocco contro di me: non riuscivo a prenderlo. Toccava il pallone solo una volta e poi se ne andava dalla mia zona. Non riuscivo a prenderlo. Il fatto è che lui ha un baricentro basso e quindi è più stabile di me. Io sono molto atletico e veloce, ma se lui si sposta lateralmente, I’m dead. Lui non è il mio specchio, capisci cosa intendo? Come Messi? Lui è di un altro pianeta. Preferisco giocatori alla Mandzukic, che è della mia altezza. Lui, ogni volta che riceveva il pallone provava a giocare di prima verso il centro. L’aveva già fatto un paio di volte e a quel punto ero sicuro che l’avrebbe fatto ancora, perché non è quel tipo di giocatore a cui piace dribblare".

    LA VIA DI MEZZO - "Come difendo? In tutte le cose devi trovare la via di mezzo. Forse in alcune partite sono uscito dalla posizione troppo in fretta. Qualche volta sono troppo aggressivo, altre volte magari aspetto troppo: devi sempre trovare la via di mezzo. Sono ancora giovane e devo ancora migliorarmi in tutto. Verrà con le partite".

    L'INFORTUNIO - "Le persone dimenticano che in questa stagione sono tornato da un infortunio molto grave. Non ho giocato per quattro mesi e poi ho ricominciato direttamente a giocare da titolare: fino ad oggi ho fatto più di 35 partite, è normale avere dei cali. Ma onestamente penso di essere stato costante in questa stagione. La scorsa stagione, sono stato più incostante: una o due partite buone, una cattiva. Ma questa stagione penso di essere stato costante. A volte ci ripenso e dico che è stata una follia, che non è normale essere tornato così velocemente e così in forma. Quando sono rientrato in campo mi dicevano che era come se non mi fossi mai infortunato. Ma poi c’è stato un momento, dopo una decina di partite, in cui mi sentivo un po’ stanco. Ma è lì che interviene la testa. Avevo le idee chiare e questo credo sia il motivo per cui ho fatto un buon rientro".

    LA CRESCITA IN ITALIA - "Penso di essere migliorato. Quando sono passato dalla Germania all’Italia è cambiato tutto, due Paesi diversi, due tipi di calcio diversi. Devi adattarti e ci vuole del tempo: alcuni giocatori si adattano più velocemente, altri ci mettono un po’ di più. Ma penso che adesso sto giocando bene, anche con la palla. Mi sento molto in fiducia con la palla. Ero stato chiamato per giocare centrale di sinistra. Quando gioco a sinistra ho più opzioni, puoi giocare verso l’esterno o l’interno. Se giochi a destra hai solo due opzioni. Ok, ce l’hai anche quando giochi a sinistra… ma è principalmente o la palla lunga o il passaggio al terzino. E la palla al terzino io la chiamo the killer: perché se gliela passi cosa può fare? Ha la linea del fallo laterale dietro di sé ed è più facile da pressare".

    DE ROSSI - "Se gli chiedi qualcosa lui è la persona che ne sa più di tutti, ti può dire qualcosa sulla sua esperienza, cosa ha già visto. Può dirti tutto sulla Serie A, anche su cos’è successo in passato. Queste per me sono le cose interessanti".

    SPALLETTI - "Mi sta insegnando molto in difesa. Penso si veda: da quando è arrivato sono migliorato molto, secondo me. Soprattutto riguardo al lavoro tattico, Spalletti gli ha aperto le porte di un mondo che prima non conosceva. In Italia si lavora sicuramente più sulla tattica rispetto alla Germania, soprattutto da quando è arrivato Spalletti: è stato davvero… wow!".

    JUVENTUS - "È un dato di fatto che in Italia si pensa più alla tattica. Guarda la Juventus: hanno vinto il campionato per sei anni, ma la differenza è come giocano. Non pressano come degli stupidi, usano la testa; pressano a seconda della situazione, a volte aspettano. Sono anni di duro lavoro: ognuno sa dove deve andare, e penso che non si parlino nemmeno così tanto tra loro. Chiellini, Barzagli, Bonucci e Buffon giocano da tanti anni insieme, in Nazionale e nel club, e quindi sanno perfettamente cosa sta facendo ognuno. Non credo che in Germania ci sia una squadra che difende come la Juventus. La Bundesliga è più fisica, è più di corsa. Le squadre vanno avanti e indietro. Se puoi correre per 90 minuti allora va bene".

    DIFFERENZE CON LA JUVE - "Prima di tutto è evidente la qualità dei giocatori della Juventus. La seconda cosa è che hanno la mentalità vincente. Ma la cosa più importante è Torino. Roma è diversa, lo sappiamo. Sono passati 16 anni da quando la Roma ha vinto lo scudetto. Quindi le aspettative delle persone sono molto alte. La scorsa stagione, all’inizio, noi abbiamo vinto tutto e la Juve invece ha perso qualcosa come otto partite, nonostante alla fine abbia vinto il campionato facilmente. Se lo stesso fosse accaduto a Roma sarebbe stato... E invece lì non è successo niente. Ma io non mi sento sotto pressione, faccio sì che la pressione non arrivi a me. Ogni giocatore ha una mentalità diversa: alcuni se ne curano, e quindi si sentono sotto pressione e non riescono ad essere al 100%. È una cosa importante, penso: se puoi lavorare senza che le persone ti disturbino diventa tutto più semplice".

    PROTEZIONE - "Calore romano? Non è importate se mi piace o no. Conta se tu ci fai caso, se la tua testa è concentrata su quello che pensano gli altri. Io non sono così, ma non significa che non mi interessi. Io la chiamo protezione. Sto solo proteggendo me stesso. Perché se inizi a pensare a ciò che dicono gli altri poi non puoi giocare a calcio".

    RAZZISMO - "Non dico che gli italiani siano razzisti. Non mi sembra, però, che la Federazione italiana stia facendo qualcosa per fermare il razzismo. E questo è un problema. Perché in Germania se accadesse una cosa simile si prenderebbero dei provvedimenti. Ma qui non succede niente. È facile dire “No al razzismo”, fare striscioni allo stadio contro il razzismo, ma ad un certo punto devi mettere un limite. Muntari? È la sua reazione: lo posso capire perché so come ci si sente. Le persone la fanno troppo facile, dicono: Perché ha lasciato il campo? È facile finché non capita a te, è facile dire: Non devi reagire alle provocazioni. Se ti taglio il braccio esce fuori il sangue, e lo stesso succede se taglio il mio. È lo stesso".

    TIMIDEZZA - "Nelle interviste non sono timido, ma se mi chiedi di parlare davanti a tutti adesso, allora sono timido. Io so qual è la mia parte, che chiamerei “aiutare la squadra dove posso”. Tutti devono essere leader. Il fatto è che alcuni lo fanno con le parole, io preferisco farlo in campo. Perché non riesco a parlare di fronte a molte persone. In campo sono solo me stesso. Il balletto con l'Inter? Quella è stata una cosa non intelligente, volevo chiedere scusa. Non ho mai voluto offendere nessuno: l’ho fatto anche in Bundesliga. Ma qui le persone vogliono prendere delle piccole cose e farci dei grossi problemi".

    FRATELLI DI CRESCITA - "Non ero una persona facile, mi arrabbiavo sempre, anche in campo a volte perdevo la testa. È stato Ibisevic a mostrarmi la via dell’equilibrio di mezzo. Per la mia forza mentale è stato molto importante. Mi parlava come un fratello maggiore e una persona del genere non è facile da trovare oggi in questo mondo. Un altro è Boateng. Io gliel’ho detto: se non avesse giocato la finale contro l’Argentina, la Germania non avrebbe vinto. Prima di tutto ha un’ottima tecnica di passaggio. Quando gioca, tutto sembra semplice nonostante sia molto veloce. È sempre calmo quando gestisce il pallone. Lui dà tutto ma da fuori sembra comunque che non stia facendo sforzo. Differenze tra me e lui? Credo che la differenza stia nel numero delle partite giocate. Lui ha 28 anni, io 24. Io so da lui, perché lui me l’ha detto, che lui non era al mio livello quando aveva 24 anni. Non era così avanti".

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