Definire De Rossi 'poco integrato nella squadra' sembra più un paradosso, uno scherzo, che una battuta seria dell'allenatore della Roma. De Rossi è un pezzo di storia della società, una succursale della Curva Sud in campo. Ha la sfortuna di trovarsi a disagio con il gioco del boemo. Queste incomprensioni portano ad un flashback di ventotto anni fa. Lo stesso Di Bartolomei fu costretto a lasciare la maglia, l'amore della propria vita, per dissidi tecnici con Eriksson, lo Zeman degli anni Ottanta. Ago allora decise di seguire il suo maestro Liedholm al Milan, suscitando la rabbia dei tifosi giallorossi, poi trasformatasi in indignazione dopo l'esultanza in un gol contro la Roma a San Siro.

Onestamente non ho memoria di come la gente allora si schierò all'annuncio della vendita, ma dal mio punto di vista in caso di incompatibilità tra un ottimo giocatore e un allenatore, a perdere il posto dovrebbe essere proprio quest'ultimo. Oltretutto De Rossi ha scritto la storia del club negli ultimi nove anni, e sa come si vive a Trigoria. Al contrario è Zeman ad apparire poco integrato con la squadra, a rimanere sulle sue posizioni, nonostante le caratteristiche di molti giocatori lo dovrebbero invitare a rivedere il suo credo. Se non nei numeri (è un 4-3-3 atipico), nel modo di lavorare è rimasto sempre lo stesso.

Rispetto all'intervista rilasciata al Tg1 si può essere d'accordo in disaccordo sui contenuti: Zeman ha espresso un suo pensiero e quindi c'è poco da romanzarci sopra. Il boemo è un libro aperto, eccessivamente istintivo, il suo carattere lo conosciamo. E lo conosce pure la società, che evidentemente aveva calcolato già il rischio. Baldini, Sabatini e Fenucci hanno dichiarato più volte che la cessione di De Rossi non è necessaria. A giudicare dai conti, viene qualche dubbio. Tuttavia, se il centrocampista iniziasse a fare molta panchina, allora a motivare una sua eventuale vendita ci sarebbe anche un aspetto tecnico. E i tifosi reagirebbero meglio.