Fin troppo banali. Nel momento più bello, quello del possibile salto di qualità, i giocatori della Roma si tirano sempre indietro. Si guardano terrorizati. Il momento decisivo sempre lontano dall'Olimpico. Quando c'era bisogno di accorciare definitivamente dalla terza sono arrivati i tracolli di Cagliari, Siena, Bergamo, Milano e Lecce. Uno dopo l'altro. Un passo in avanti e uno indietro. Così, dopo tanto fumo, i giallorossi si ritrovano sesti nel campionato più lento del mondo.

Qualcosa non va nella campagna acquisti. Forse sarebbe più logico prendersela con la dirigenza, io invece punto il dito nei confronti di alcuni dei nuovi arrivati. I giovani timidoni Kjaer, Josè Angel, e - udite udite - l'espertissimo Heinze. Diventato un idolo a Roma solo perchè sbraita. Intanto ha sul groppone tutti i quattro gol subiti a Lecce e molti, troppi della prima parte della stagione. Gago a centrocampo alterna ottime partite ad altre in cui sembra impaurito da quella sfera di color bianco. Gli stessi Lamela e Bojan sono indifendibili. Vale poco aggrapparsi alla loro data di nascita, se nel River Plate e nel Barcellona hanno dimostrato cose egregie.

Tutti i nomi sopra citati non si sono ambientati, punto. Ed essendo professionisti, la colpa è soltanto la loro. Le prestazioni di Stekelenburg, Osvaldo, Borini e Pjanic hanno dimostrato che la piazza non ha il potere di bloccare il processo di crescita. I bocciati hanno sette partite per recuperare. L'anno prossimo via tutti? Assolutamente no. Semaforo verde alla seconda parte della rivoluzione, e chi si è adagiato sugli allori da titolare quest'anno, il prossimo osserverà dalla panchina. E imparerà, si spera.