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  • Romamania:| No, non siamo su 'Scherzi a parte'

    Romamania:| No, non siamo su 'Scherzi a parte'

    Un brutto scherzo e una pessima figura. Ieri la Roma ha mostrato al pubblico dell'Olimpico la sua peggior veste, il suo difetto congenito più inspiegabile, che si manifesta in tutta la sua invasività ormai da undici anni. Durante l'epopea spallettiana gli fu dato il nome di 'black out', ma a distanza a di tre anni dalle dimissioni del tecnico toscano nessuno ancora ne conosce la cura.

    La responsabilità del 2-3 contro il Bologna è da attribuire all'allenatore e ai giocatori. Zeman evidentemente è stato incapace di controllare i sentimenti già vittoriosi dei pischelli romanisti rientrati in campo orologio alla mano  dopo l'intervallo, in attesa del termine della pratica. Come l'anno scorso, la squadra fatica ancora a capire il concetto dei novanta minuti e ne gioca 30, 45, 60.

    Fatto il suo in quell'arco di tempo, si sente appagata e si rilassa. E' sorda alla guida e per giunta la disorienta. Perché il doppio cambio al 69' da parte del mister boemo è da autentico dilettante. Sostituisce l'unico giocatore in grado di tenere alti i ritmi e agevolare la superiorità numerica, stravolge completamente sia il centrocampo che la corsia destra del campo.

    Fuori Lamela, Florenzi va dalla parte opposta, a destra rimane solo Piris, che guarda caso da quel momento in poi inizia a vivere il suo incubo. Atletismo, doppie sedute, cultura dell'attacco: puoi rendere più zemaniana o meno luisenriquiana possibile la formazione da presentare, la Roma continua ad essere una squadra bambina. Vittima di se stessa. 

    Il rimedio? Inserire nell'undici calciatori di caratura e personalità internazionale, e in panchina uno stratega cinico, quindi non idealista (vedi stagione 2000/01). Pare facile: finchè il club proseguirà con la cultura dei giovani (in realtà ciò che si fa passare per filosofia è più una forzatura dovuta ai conti), allora figuracce come ieri si presenteranno ad intervalli regolari. A tutta la platea va l'onere di non doversi più stupire. Di nulla.

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