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  • Sampmania: 'Bisogna vincere la prossima' e altri pensierini da libro Cuore

    Sampmania: 'Bisogna vincere la prossima' e altri pensierini da libro Cuore

    • Lorenzo Montaldo
    Sapete cosa mi manda veramente in bestia? Il mantra, rispolverato tendenzalmente il giorno successivo ad una gara persa, che recita: “Non sono queste le partite da vincere”. E sapete perché? Perché a furia di ripetere ossessivamente tale teatrino, poi le partite che sono sul serio “da vincere” - come se ne esistessero da perdere - arrivano davvero, e di solito quando ciò accade prendi schiaffi a destra e manca. Mentalmente, fisicamente e psicologicamente sei a terra, e hai già inconsciamente a tua disposizione la scusa bella e pronta per giustificare un fallimento. Non ti devi neppure sforzare. 

    La bava alla bocca non te la costruisci in una settimana, o in questo caso in tre giorni. Non ti ritorna così, come ad accendere un interruttore, soltanto perché ne hai bisogno. No, miei cari. Se la mentalità da perdente si è insinuata nel cervello, ti rimane ancorata in testa come un parassita. Non te la scrolli via tanto facilmente. Persino dopo Sampdoria-Bologna sono riuscito a leggere “Non bisogna sbagliare la prossima, è l’ultima chance”. No signori, quella da non sbagliare non è la prossima, era quella di ieri. Se ceffi simili partite, nella migliore congiuntura astrale possibile considerando i risultati sugli altri campi, allora la retrocessione te la meriti proprio tutta. Prima ne prendiamo coscienza, e meglio è.

    Fatemi capire: cosa impedirà a questa squadra, la stessa che ha fronteggiato il Bologna come se si trovasse a Ponte di Legno in braghette e infradito, di volare fino in Puglia per poi riproporre lo stesso scempio? Un sussulto di orgoglio, la paura di perdere la categoria e gli stipendi ad essa correlati? Non riesco a trovare una motivazione, una, che sia plausibile. Spero che basti la determinazione di Ranieri, finito pure lui nell’occhio del ciclone. Lo stesso Ranieri che si volta e osserva la panchina, costruita per lui dalla società, e vede: Falcone-Augello-Chabot-Bonazzoli-Askildsen-Thorsby-Ramirez-Maroni-Leris-D’Amico-Bertolacci-Yoshida. Vogliamo fargliene una colpa, se non ha cercato di cambiare prima il volto della squadra? Con quali cambi, con quali effettivi? Oppure ci vogliamo incaponire fingendo di non capire che la panchina di Ramirez e Thorsby era obbligata, per averli a disposizione mercoledì, e mantenere acceso l’ultimo flebile barlume di speranza di una permanenza in Serie A? Vogliamo continuare a dire che con il povero Augello al posto di Murru sarebbe stata un’altra partita? Non prendiamoci in giro.

    Sì, è vero, questa stagione è dannatamente simile al 2011. Anche lì, ricordo distintamente il partito del ‘dobbiamo per forza vincere la prossima, è l’ultima chance’. Immagino abbiate tutti ben presente come è andata a finire. La cosa agghiacciante è che probabilmente la rosa di quella Sampdoria era persino superiore alla rosa odierna, davvero mal assortita, improvvisata, carente in alcuni ruoli e raffazzonata in altri. L’emblema di questa approssimazione programmatica è dato dalle manovre di riparazione a gennaio, che illustrano alla perfezione il modo migliore per massimizzare i rischi, riducendo al minimo le chance di concludere una buona transazione. L’unica differenza tra questa Sampdoria e quella del 2011 è rappresentata dall’allenatore, almeno sino a quando non si inizierà a prendere Ranieri come capro espiatorio per una squadra che tenta di giocare, mettendo però in mostra quelli che sono i suoi enormi limiti tecnici. Perché questa Samp, a differenza di quella del 2011, quantomeno tenta di impegnarsi. Purtroppo però lo fa inutilmente, a causa delle sue vaste lacune qualitative. E a quelle io non credo ci si possa mettere mano.

    Saranno 48 ore lunghissime, perché poi alla fine anche io, come tutti voi, casco nel trappolone del ‘bisogna vincere la prossima, è quella decisiva’. E’ un aspetto squisitamente umano, quello di aggrapparsi ad ogni minima scintilla di speranza, persino nella situazione più disperata. Però questa volta non voglio cadere nella spirale dell’auto-illusione, almeno sino a mercoledì sera. Credo anche che sia legittimo iniziare a togliere qualche alibi a questa squadra. Altrimenti possiamo continuare a raccontarci la favoletta dei giocatori che vanno sostenuti sempre e a prescindere, sul fatto che le critiche ora sono dannose perché ci sarà tempo in futuro per tirare le somme, anche se questo tempo alla fine non c’è mai, o su come tutti uniti remando dalla stessa parte si possa raggiungere un porto sicuro. Io personalmente ne ho abbastanza di questi pensierini da libro Cuore. Lo avevo già scritto una volta, oggi lo ripeto: di retrocessioni con il pubblico che canta ne ho già vissuta una, e gradirei non ripeterla.

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