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  • Sampmania: 'Solo per la maglia'?

    Sampmania: 'Solo per la maglia'?

    • Lorenzo Montaldo
    Non so dire se quella di ieri sia stata la Sampdoria peggiore della stagione, un paio di partite brutte brutte dei blucerchiati quest’anno ce le siamo già sciroppate. Di sicuro ha vinto il premio per la più irritante. In un campionato che si sta piano piano trasformando in un’agonia, e che di certo non contribuisce ad alimentare passione e entusiasmo per una squadra molle e perennemente in difficoltà, stilare la classifica delle prestazioni peggiori si rivelerebbe un esercizio stucchevole e inutile. Anche perchè non saprei da dove cominciare. 

    Soffermarsi sull’aspetto tattico relativo alla gara sarebbe altrettanto insensato. Torno a ribadire, come sostengo già da parecchi mesi, che la cifra tecnica complessiva della Sampdoria è estremamente bassa. La trasferta di Cagliari ha certificato l’esistenza di un gruppo composto da dodici, massimo tredici calciatori su cui poter fare affidamento per tentare di rimanere in Serie A, e poco altro. La sconfitta con il Parma invece ha reso lampante un altro aspetto: finita la spinta data dall’arrivo di Ranieri, il Doria è tornato ad arrancare. L’unica differenza rispetto alla prima Samp stagionale è che questa quantomeno è ben messa in campo, resta quadrata e soffre meno. Anche ieri i blucerchiati sono stati trafitti su un calcio piazzato, a seguito di un errore individuale, e in difesa hanno rischiato relativamente poco. Può bastare per salvarsi? Onestamente non credo, penso serva anche altro. Se dopo cinque mesi di Serie A sei quart’ultimo, ad un punto dalla zona retrocessione, significa che è la tua reale dimensione. Dice bene Quagliarella, “Noi siamo questi”. Ce ne siamo accorti.

    Ovviamente tutto ciò ha effetti ad ampio raggio persino sul pubblico, che continua a calare. Diminuisce nell’arco della stagione (se vogliamo è anche fisiologico, c’è chi è stufo di incitare una squadra che reagisce in uguale maniera sia ai fischi che agli applausi), ma il grado di partecipazione sta scendendo anche sul lungo periodo. Ritengo ci sia bisogno di un esame di coscienza a trecentosessanta gradi nel mondo Samp, e penso che all’interno di questa analisi ci si debba interrogare al fine di scoprire il motivo per cui il Ferraris, tolti gli irriducibili, diventa sempre più tiepido. Chiediamocelo senza pruriginose frasi fatte, stile “Solo per la maglia”, evitando di incensarci con autoreferenzialità, del tipo ‘che belli che siamo, come cantiamo, quanti siamo’. Domandiamoci quale possa essere davvero la causa alla base di tale distacco tra tifo, società e squadra. Sarà mica che risulta difficile affezionarsi ad una formazione senz’anima e senza identità, fondata sulla compravendita selvaggia di calciatori, rappresentata da una proprietà completamente disinteressata, per sua diretta ammissione, ai risultati e agli obiettivi sportivi? 

    Se l’importante è tenere il club sulla cosiddetta ‘linea di galleggiamento’, non si può sperare di alimentare con la mediocrità la passione e l’entusiasmo. Esse scaturiscono da alcune componenti immutabili (tradizione familiare, il particolare fascino della maglia, storia e passato) ma anche da precisi aspetti contingenti. Negare che tra essi figurino i risultati sportivi, o un gruppo capace di creare spirito di appartenenza, è miope e sciocco. Pensate alla Sampdoria di Novellino, quella di Volpi, Palombo, Flachi, Lucchini. Al di là dei risultati, nettamente migliori di quelli ottenuti dalla Samp attuale, quella squadra sapeva farsi voler bene. L’amore era reciproco, e me ne sono reso conto nettamente alla partita di addio al calcio di Flachi. Immaginare una situazione del genere in un futuro più o meno prossimo, basandomi sullo scenario e sui protagonisti di oggi, suona ridicolo.

    Purtroppo, temo che i risultati di questo tipo di gestione li vedremo tra cinque-dieci anni, quando i bambini di oggi saranno i giovani uomini o i ragazzi chiamati ad innervare una linfa che si perpetua da generazioni. E questo potrebbe rivelarsi un danno persino peggiore rispetto a quello inflitto da una retrocessione. Godiamoci il derby, uno dei residui sussulti di calcio vecchio stile, forse l’ultima arma che abbiamo per far innamorare di una squadra o dell’altra i potenziali tifosi di domani, e auguriamoci che ci resti quest'àncora a cui aggrapparci per tanti anni. E’ una delle poche occasioni per tornare a respirare un’aria che non c’è più, e che sarà difficilissimo ricostruire.

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