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  • Scommesse: perché Mauri è stato scagionato dall'accusa di illecito

    Scommesse: perché Mauri è stato scagionato dall'accusa di illecito

    • Vincenzo Murgolo

    Uno degli aspetti più discussi e controversi della sentenza emessa dalla Commissione Disciplinare in merito al quarto filone cremonese del calcioscommesse è quello relativo alla posizione del capitano della Lazio, Stefano Mauri.

     Per il calciatore, arrestato lo scorso 28 maggio e rilasciato otto giorni dopo, il Procuratore Federale, Stefano Palazzi aveva chiesto una squalifica di 4 anni e 6 mesi per doppio illecito sportivo; i giudici di primo grado, invece, hanno optato per 6 mesi di squalifica, derubricando l’illecito sportivo relativo alla gara Lazio-Genoa in omessa denuncia e prosciogliendo il calciatore dalle accuse relative alla gara Lecce-Lazio.

    Il modo migliore per capire una decisione che ha suscitato più di un interrogativo nell’opinione pubblica è partire dalle motivazioni contenute nel dispositivo emanato dai giudici federali.

     

    Le parole di Gervasoni. Come altri processi sportivi, anche questo è partito dalle parole di un “chiamante in correità” o “pentito”: a ricoprire tale ruolo, in questa specifica vicenda, è stato l’ex difensore del Piacenza, Carlo Gervasoni (che in questo procedimento ha patteggiato una squalifica di 2 mesi, che però va ad aggiungersi alle squalifiche comminate in precedenti processi sportivi).

    Leggendo a pagina 13 del dispositivo, quando si analizzano le posizioni relative alla gara Lazio-Genoa, è possibile leggere come Gervasoni sia ritenuto credibile dai giudici: “Ritiene la Commissione positivamente superato il primo vaglio imposto al giudicante dal protocollo metodologico enunciato nella richiamata decisione, quello cioè della credibilità del dichiarante. In tal senso depongono tutti gli indici esemplificati dalla giurisprudenza, relativi alla personalità del chiamente, alle condizioni socioeconomiche e familiari, al suo passato e ai rapporti con i soggetti chiamati in correità, che non evidenziano ragioni specifiche di inimicizia o rancore. Anche con riguardo alla genesi della collaborazione, per quanto evidentemente determinata anche dallo stato di detenzione all’epoca sofferto, va rilevato che GERVASONI, fin dall’interrogatorio di garanzia avanti il GIP di Cremona del 22.11.2011, ha riferito dell’alterazione della gara in esame, con la conseguenza che dette dichiarazioni non possono considerarsi unicamente frutto di una strumentale decisione del chiamante di coinvolgere terzi per “alleggerire” la propria posizione processuale. Ritiene altresì la Commissione che, nel caso di specie, possa dirsi superato anche il secondo vaglio imposto dal citato protocollo metodologico, relativo alla intrinseca consistenza delle dichiarazioni del GERVASONI.

    Rispetto all’illecito contestato, infatti, esse risultano precise, coerenti e costanti, nonché – per le ragioni appena evidenziate - spontanee”; nella parte relativa alla gara Lecce-Lazio, precisamente a pagina 16, i giudici riprendono in toto questa tesi. Ricapitolando, dunque, Gervasoni è ritenuto credibile dai giudici per le seguenti ragioni:

    • non sono state riscontrate particolari ragioni di inimicizia nei confronti degli altri soggetti coinvolti;
    • il fatto di aver rilasciato identiche dichiarazioni tanto di fronte ai magistrati ordinari di Cremona quanto alla Procura Federale rende poco credibile la tesi di un Gervasoni interessato unicamente ad alleggerire la propria posizione processuale;
    • la precisione e la coerenza emerse dal racconto di Gervasoni rendono credibile il suo racconto.

    Questa premessa è fondamentale per comprendere le ragioni che hanno spinto i giudici a dar torto alle tesi di Palazzi e a rendere meno grave la posizione di Mauri.

     

    Lazio-Genoa: da illecito sportivo a omessa denuncia. Dell’attendibilità attribuita dai giudici al racconto di Gervasoni si è parlato in precedenza, per cui andiamo oltre e leggiamo a pagina 14 del dispositivo: “Dall’esame degli atti trasmessi con il deferimento può senz’altro ritenersi provato l’incontro avvenuto il giorno 14.5.2011 a poche ore dall’inizio della gara Lazio-Genoa tra MAURI e ZAMPERINI. Le dichiarazioni rese da GERVASONI sul punto (in data 27.12.2011 e 12.3.2012, 4.2.2013 al PM; in data 13.4.2012 alla Procura Federale) risultano confermate dagli stessi protagonisti di tale evento […], nonché dalle risultanze degli accertamenti esperiti dalla Polizia giudiziaria delegata dalla Procura di Cremona con riguardo all’utenza telefonica in uso a ZAMPERINI. Ritiene la Commissione provata anche la ragione di detto incontro per come riferita dal GERVASONI, da rinvenire nella volontà del gruppo dei c.d. “zingari” di prendere contatto con il calciatore MAURI attraverso l’amico di questi ZAMPERINI, Al fine di proporre e ottenere l’alterazione dell’imminente gara sulla quale gli stessi avrebbero scommesso ingenti somme di denaro. Dagli atti, infatti, risultano plurimi contatti telefonici tra GERVASONI e ZAMPERINI la notte precedente l’incontro di Formello, nonché tra GERVASONI e gli esponenti del gruppo citato e tra uno di essi e lo stesso ZAMPERINI, anche successivamente all’incontro medesimo. Né del resto si spiegano altrimenti l’incontro tra ZAMPERINI e l’appartenente al citato gruppo, individuato in atti, e il fatto che il primo conduca il secondo, così come accertato dall’esame del tragitto delle rispettive schede telefoniche tracciato dalla Polizia giudiziaria di Cremona, presso il luogo del ritiro della Lazio.

    D’altra parte, per come risulta agli atti, l’esponente del gruppo dei c.d. “zingari” si è recato a Roma proprio per incontrare ZAMPERINI e andare con questi a Formello, essendo ripartito il giorno stesso per Milano. A fronte delle circostanze appena citate, risulta non credibile la spiegazione fornita da MAURI e ZAMPERINI per i quali quest’ultimo si era recato presso il ritiro della Lazio esclusivamente per la consegna di biglietti per la gara in programma in serata. Infatti, ZAMPERINI non avrebbe avuto alcuna ragione di portare con sé l’appartenente al gruppo degli “zingari” se l’incontro in questione fosse stato preordinato unicamente alla consegna dei titoli per l’ingresso allo stadio. Ad avviso della Commissione, quanto sopra risulta sufficiente per ritenere riscontrato il portato dichiarativo di GERVASONI quanto alla responsabilità di ZAMPERINI, cui è contestato di aver preso contatti con MAURI per proporre l’alterazione del risultato del primo tempo della gara in esame”.

    Mettiamo ordine: i giudici ritengono fondata l’ipotesi di un incontro che ha visto protagonisti, a poche ore dall’inizio di Lazio-Genoa, Mauri, Zamperini e un esponente del gruppo degli “zingari” per ottenere l’alterazione del primo tempo della partita stessa e ad avvalorare questa ipotesi sono le parole di Gervasoni e le intercettazioni telefoniche relative al telefono di Zamperini e a quello dell’esponente del gruppo sopra citato. Indizi che portano gli stessi giudici a sposare la tesi della colpevolezza di Zamperini (che, infatti, sarà punito con una squalifica di 2 anni) e che sembrerebbero far propendere anche per la colpevolezza di Mauri, eppure a questo punto la situazione cambia: nelle pagine 14 e 15, infatti, si legge che “Non altrettanto, invece, può dirsi rispetto alla condotta di adesione all’illecito e all’alterazione del risultato contestata a MAURI, atteso che nulla in atti consente di ritenere che egli, dopo aver parlato con ZAMPERINI, si sia adoperato per realizzare quanto proposto. Non appaiono indizi univoci in tal senso i contatti intervenuti tra MAURI e ZAMPERINI il giorno della gara, evidenziati nell’atto di deferimento. Essi infatti ben possono spiegarsi, come rilevato dalla difesa del deferito, con l’amicizia pluriennale tra i due e con la necessità dello ZAMPERINI di comunicare all’amico il suo arrivo a Formello […]. Né appaiono rilevanti […] i contatti telefonici tracciati in atti tra MAURI e AURELI, titolare di un’agenzia di scommesse, e tra quest’ultimo e ZAMPERINI. Anche tali contatti sono stati spiegati dal MAURI, fin dall’interrogatorio di garanzia all’Autorità giudiziaria di Cremona, con ragioni altrettanto plausibili, e cioè con la necessità di effettuare scommesse sull’incontro tennistico in programma in quegli stessi giorni […]. Neppure il possesso da parte di MAURI di una scheda telefonica “coperta”, fornitagli dall’AURELI, appare di per sé dimostrativo dell’adesione all’illecito, specie ove si consideri che la Procura federale ritiene che tale utenza fosse nella disponibilità del MAURI fin dalla fine del mese d’aprile del 2011, epoca di molto anteriore alla fase preparativa dell’illecito, collocata invece il giorno precedente la gara in esame.

    Del resto lo stesso GERVASONI, nell’audizione davanti la Procura federale del 13.4.2012, riferisce di aver appreso via SMS da ZAMPERINI che questo fosse dubbioso sul raggiungimento dell’accordo illecito dopo l’incontro di Formello. In conclusione, la Commissione ritiene non sufficientemente provata la responsabilità di MAURI in ordine all’adesione e alla partecipazione attiva all’illecito contestato, non essendo emerso, in base al materiale probatorio acquisito, alcun elemento, nemmeno di carattere indiziario, in ordine al compimento da parte di MAURI, nei confronti di compagni di squadra neppure individuati, di atti rientranti nella previsione dell’art.7, comma 1, CGS, in quanto diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato della gara Lazio-Genoa del 14.5.2011”.

    Riassumendo, le ragioni che hanno indotto la Commissione a non sposare la linea di Palazzi e a non condannare Mauri per illecito sportivo sono le seguenti:

    • i contatti tra Mauri e Zamperini sono spiegabili con l’amicizia che intercorreva tra i due;
    • i contatti tra Mauri e Aureli (il titolare di un’agenzia di scommesse) sono spiegabili con il fatto che il calciatore intendeva scommettere su un incontro di tennis, scommessa che non costituisce alcun illecito essendo fatta su uno sport diverso da quello praticato da Mauri;
    • lo stesso Zamperini, nei contatti tramite SMS avuti con Gervasoni, si era detto dubbioso sul raggiungimento dell’accordo in seguito all’incontro avuto con Mauri e l’esponente del gruppo degli “zingari” a Formello;
    • non sono emersi indizi relativi a possibili altri calciatori della Lazio con cui Mauri potesse aver architettato la combine del primo tempo di Lazio-Genoa.

    Volendo sunteggiare in poche parole, è passata la linea (teorizzata nei giorni scorsi da alcuni organi di informazione) secondo cui non sono emersi indizi che facciano pensare al di là di ogni “ragionevole dubbio” alla colpevolezza di Mauri; volendo usare un’espressione cara al diritto ordinario, l’illecito sportivo contestato da Palazzi in dibattimento è caduto per “insufficienza di prove”.

    Rimane, tuttavia, l’omessa denuncia: a pagina 15, infatti, si legge che “Risulta dimostrata, tuttavia, la conoscenza da parte del MAURI dei fatti illeciti programmati dagli altri soggetti coinvolti, ragione – come sottolineato – dell’incontro avvenuto a Formello e pacificamente provato. La relativa condotta, dunque, va derubricata nella meno grave ipotesi di cui all’art.7, comma 7, CGS (l’omessa denuncia, ndr) e per tale titolo va affermata la responsabilità del deferito, cui consegue quella della Società di appartenenza, ai sensi dell’art.4, comma 2, CGS”; Mauri, dunque, nell’incontro avuto a Formello con Zamperini e lo “zingaro” non aveva preso parte attiva all’illecito, ma ne era comunque venuto a conoscenza, ragione che ha indotto la Commissione a propendere per l’imputazione meno grave dell’omessa denuncia.

     

    Lecce-Lazio: da illecito sportivo a proscioglimento. Come detto in precedenza, la Commissione ha ritenuto credibile il racconto di Gervasoni anche in merito alla gara Lecce-Lazio, ragion per cui passiamo subito ad analizzare cosa scrivono i giudici a proposito della posizione di Mauri: a pagina 18 si legge che “Quanto alla posizione del MAURI, valgono le stesse considerazioni svolte con riferimento alla gara Lazio-Genoa della settimana precedente. I rapporti tra il suddetto e ZAMPERINI sono di certo risalenti nel tempo. Anche in occasione della gara in epigrafe ZAMPERINI gli si è rivolto per ottenere i biglietti d’ingresso allo stadio. I due si sono poi incontrati nella hall dell’albergo presso cui la Lazio era in ritiro la domenica pomeriggio prima della gara. La circostanza non consente di ritenere che, dopo la consegna dei biglietti a ZAMPERINI, particolare noto anche a BROCCHI (audizione 13.4.2012), MAURI si sia poi attivato presso i propri compagni ai fini dell’alterazione della gara. Sicchè, per lo meno allo stato degli atti, in mancanza di riscontri positivi sulle presunte violazioni contestate a MAURI con riferimento alla gara in epigrafe, deve dichiararsene il proscioglimento”. Mauri, dunque, viene prosciolto perché non esistono prove che consentano di affermare con certezza (o, per citare l’espressione tanto cara ad alcuni organi d’informazione, “oltre ogni ragionevole dubbio”) che l’incontro tra Mauri e Zamperini, avvenuto il giorno della gara nell’albergo di Lecce dove alloggiava la Lazio, fosse finalizzato all’effettivo svolgimento dell’illecito da parte del capitano laziale; inoltre, scrivono i giudici, non esiste prova alcuna che dimostri come Mauri si sia effettivamente attivato per procedere concretamente all’alterazione della gara. Anche in questo caso, come in quello precedente, l’insufficienza di prove ha fatto propendere la Commissione Disciplinare per il proscioglimento di Mauri dall’imputazione di illecito sportivo teorizzata in dibattimento da Palazzi.

     

    Conclusioni. A questo punto, analizzati i fatti e la loro ricostruzione svolta dai giudici della Disciplinare, è opportuno soffermarsi su alcuni aspetti fondamentali di questa vicenda:

    • Una giustizia sportiva a “velocità variabile”. Come ricordato, Mauri e gli altri soggetti coinvolti in questa vicenda sono stati arrestati il 28 maggio di un anno fa e rilasciati dopo otto giorni di custodia cautelare; si ricorderà, inoltre, come in quegli stessi giorni veniva iscritto nel registro degli indagati anche l’allenatore della Juventus, Antonio Conte per fatti risalenti al periodo in cui il tecnico leccese allenava il Siena.
    • Il processo a carico di Conte fu celebrato all’inizio di agosto dello scorso anno e vide la condanna del tecnico bianconero per omessa denuncia, mentre per questa vicenda il Procuratore Federale Palazzi ha aspettato oltre un anno, sostenendo che fosse necessario attendere ulteriori sviluppi dalle indagini penali: detto che questa motivazione può essere condivisibile in punta di garantismo, come mai nel caso di Conte e in altri casi la velocità è stata diametralmente differente? Un interrogativo che pone l’accento sul tema dell’arbitrarietà dei tempi della giustizia sportiva: se è vero che essa deve agire entro l’inizio dei campionati, è altrettanto vero che Mauri e gli altri soggetti deferiti in questo filone d’indagine hanno potuto tranquillamente disputare un’intera stagione prima di affrontare questo processo sportivo; e allora, se nei successivi gradi di giudizio dovessero essere accertate o confermate gravi responsabilità da parte di qualcuno dei soggetti coinvolti, che ne sarebbe della credibilità (o di quel che ne rimane) della giustizia sportiva?
    • Il tema del “ragionevole dubbio”. Che sia passata la linea del “ragionevole dubbio” citata in precedenza è un dato di fatto. Detto anche in questo caso che tale linea può essere condivisibile sul piano del garantismo (una persona va condannata solo in presenza di prove certe della sua colpevolezza, su questo non ci piove), viene da chiedersi come mai anche in questo caso la giustizia sportiva abbia agito con un’arbitrarietà palese, come dimostrano due casi passati: il 27 giugno 2001 la stessa Commissione Disciplinare aveva assolto l’amministratore delegato interista Rinaldo Ghelfi dalla vicenda dei passaporti falsi (una condanna di Ghelfi avrebbe determinato la responsabilità diretta della società interista, con tutte le conseguenze del caso…) sostenendo che non fosse “desumibile alcuna circostanza che faccia riferire al Ghelfi, in modo certo ed inequivoco, l’adozione di decisioni in tal senso, non potendosi escludere in modo assoluto l’ipotesi che altri soggetti abbiano provveduto negli stessi termini”; il 15 novembre dello scorso anno, invece, il TNAS rimarcava il concetto secondo cui Antonio Conte era stato condannato perché “non poteva non sapere”, sostenendo nelle sue motivazioni la tesi secondo cui “Sotto il profilo probatorio per affermare la responsabilità di un incolpato di una violazione disciplinare sportiva non occorre la certezza assoluta della commissione dell’illecito né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel diritto penale, risultando invece sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza sulla commissione dell’illecito”.
    • Ricapitolando: nel 2001 si assolve Ghelfi perché non ci sono prove certe della sua colpevolezza, nel 2012 si condanna Conte perché basta un “grado inferiore di certezza” della sua colpevolezza e nel 2013 si alleggerisce notevolmente la posizione di Mauri per le ragioni utilizzate nel primo caso. A prescindere dai casi specifici (nessuno ha intenzione, in questa sede, di teorizzare complotti o disegni a favore di Tizio o contro Caio), a questo punto il problema non è tanto quello della scelta della posizione più giusta, ma piuttosto il fatto che un sistema giuridico serio dovrebbe scegliere un “modus operandi” e applicarlo in tutti i casi che è chiamato a giudicare; agire a “targhe alterne” è uno schiaffo al concetto di credibilità, oltre che alla logica…
    • Tanto rumore per nulla? Quando lo scorso anno Mauri e gli altri soggetti coinvolti in questa tornata di processi sportivi sono stati arrestati la notizia ha suscitato un clamore che a molti ha ricordato quello derivante dagli arresti compiuti nel 1980, all’epoca del primo Totonero. Poi questo processo è stato rinviato di oltre un anno per le ragioni citate in precedenza, dopodiché la sentenza (almeno in primo grado, bisognerà vedere come evolverà la situazione in appello e davanti al TNAS) ha visto Mauri condannato per un’omessa denuncia anziché per due illeciti e Milanetto addirittura prosciolto (anche se, a differenza di Mauri, l’ex centrocampista genoano doveva rispondere unicamente per l’illecito sportivo relativo a Lazio-Genoa); è ovvio, come che nessun commentatore obiettivo e scevro da antipatie tifoidee avrebbe voluto i due calciatori condannati a tutti i costi, ma che qualcuno abbia pensato, a fronte di quanto detto in precedenza, Tanto rumore per nulla, è altamente probabile.

     

     

     

     

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