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  • Sconcerti a CM: 'Nessuno meglio della Juve in Champions, ma Dybala è sulle nuvole. Pallone d'Oro, giusto a Modric'

    Sconcerti a CM: 'Nessuno meglio della Juve in Champions, ma Dybala è sulle nuvole. Pallone d'Oro, giusto a Modric'

    • Furio Zara
    Tra Champions e Europa League, le italiane possono fare en plein, con la Juventus che si stacca da tutte, per qualità e potenza di fuoco. Ma qualcosa rispetto al passato è cambiato. E più del calcio sono cambiati i calciatori. Ne abbiamo parlato - stimolati dalle domande dei nostri lettori - con Mario Sconcerti.

    Sconcerti, chi la vince la Champions League?
    «Non lo so, so solo che di squadre migliori della Juventus non ne ho viste. E’ quella che gioca meglio, ha i tratti della vincitrice. Ha tanti giocatori che possono risolvere la partita, ne ha più di qualsiasi altra squadra. A parte Cristiano Ronaldo, fuoriclasse straordinario, parlo di Dybala, che oggi è sospeso su una nuvola, di Mandzukic, che ha preso possesso della squadra, così come di Douglas Costa, uno a cui basta mezzora per farti vincere».

    Sulle altre italiane di Champions che riflessione si può fare?
    «La Roma ce l’ha fatta a qualifIcarsi, bene così. L’Inter è messa bene: gioca in casa contro la squadra più debole, il Psv. E comunque non si capisce perché il Barcellona dovrebbe regalarla al Tottenham. L’Inter è messa meglio del Napoli, che comunque va a giocare contro una squadra, il Liverpool, che ha già perso tre partite su cinque: il Napoli rischia qualcosa ma può anche vincere ad Anfield Road».

    Come ti sembra questa edizione di Champions?
    «Il livello generale si è abbassato, questo è chiaro, ma la tendenza è questa da tre-quattro anni. Ci sono molti più giocatori normali. E’ quel famoso cambiamento annunciato da tanto tempo che ora si sta manifestando in tutta la sua evidenza».

    Ci spieghi di cosa si tratta?
    «Sono cambiati i calciatori, più che il calcio. I calciatori sono diventate persone migliori, quindi giocano meno bene a calcio. C’è un dato che va studiato e che all’apparenza può far ridere: tutta questa crisi che per adesso definiamo di generazione, nasce con l’arrivo della Rete, il web, i social network. Mentre il calciatore prima o giocava a carte o smanettava alla playstation, oggi fa quello che fanno gli altri: naviga in rete, esattamente come tutto il resto del mondo. E questo l’ha fatto crescere. Oggi il calciatore è entrato in un altro mondo. Un mondo dove tu acquisisci informazioni di qualunque genere, dove tu rifletti di più, e allora di conseguenza sei un giocatore diverso».

    Ci stai dicendo che il calciatore è maturato come persona e questo penalizza le sue prestazioni.
    «Credo di sì. C’è uno strappo molto forte a cui ci si dovrà abituare, altrimenti è difficile spiegare il cambiamento di questa generazione diversa, sicuramente più «morbida» di quelle precedenti».

    Passiamo all’Europa League. Che impressione ti hanno fatto Milan e Lazio? Dove possono arrivare?
    «Il Milan è una squadra di qualità ma senza personalità. Finora ha affrontato avversarie di livello proprio bassino, non so quanta strada potrà fare e come se la caverà con squadre più competitive. La Lazio può fare quello che vuole. E’ una squadra molto forte. Non darei peso alla sconfitta con l’Apollon. Se giochi con dieci riserve, allora ti può capitare. E’ una squadra da combattimento europeo, certamente più del Milan. L’anno scorso prese un’imbarcata con il Salisburgo ai quarti, il rischio che perda la testa esiste».

    Infine: a chi daresti il Pallone d’Oro.
    «Lo merita Modric. Cristiano l’ha già vinto cinque volte, il dualismo tra lui e Messi ormai mi è venuto a noia».

    Chi ti ricorda Modric? A quale giocatore del passato ti viene da paragonarlo?
    «Mi ricorda abbastanza De Sisti, come intelligenza e come intraprendenza. Assicura tanta intensità, pochi gol, non ti dà quasi mai l’assist, ma è un grande cucitore. De Sisti è stato uno dei calciatori più sottovalutati del calcio italiano. Tu pensa che per far giocare De Sisti nella nazionale del 1970, quella che in Messico perse la finale del Mondiale contro il Brasile di Pelè, il ct Valcareggi tenne fuori Rivera. Non c’era verso: o Rivera fuori o Mazzola fuori. De Sisti era imprescindibile».

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