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  • Sconcerti, il cappuccino numero 500: io, Pallavicino e Calciomercato.com, un felice viaggio dentro una grande compagnia

    Sconcerti, il cappuccino numero 500: io, Pallavicino e Calciomercato.com, un felice viaggio dentro una grande compagnia

    • Mario Sconcerti
      Mario Sconcerti
    E’ questo il mio cinquecentesimo cappuccino e vorrei celebrarlo raccontandovi una storia da cui nasce anche questo grande sito di calcio. Chiedo scusa ad Agresti se divago, ma è una bella storia. Ho conosciuto Carlo Pallavicino, editore e ideatore di questo sito, circa quarantacinque anni fa. Io ero un uomo giovane, lui un ragazzo dell’Italia nobile. La ferita a Giuseppe Garibaldi in Calabria la procurò un giovane tenente che si chiamava Pallavicino come lui. Era un suo avo. Suo padre era un principe, sua madre una Marchi, un tempo la famiglia più ricca e celebrata di Firenze. Il mio giovane amico voleva però fare il giornalista sportivo. Fu mandato a scuola a Torino nel Tuttosport di Cesare Baretti, maestro rigido, persona squisita, che andò a schiantarsi con l’aereo che pilotava contro una collina. Carlo era uno snob fragile, con una faccia alla Mancini, sempre sorpresa, lo sguardo continuamente a caccia di qualcosa. Pensava in grande, a venticinque anni, si comprò un settimanale sportivo e mi chiese di rimetterglielo a posto. Ci lavoravano grandi professionisti ragazzi, Manuela Righini, Massimo Sandrelli e lui stesso. Quando mia figlia nacque in una clinica fiorentina e io ebbi il tempo di tornare a Firenze senza scappare subito, lo rimettemmo a posto quel giornale. Mi piaceva la voglia di esplorare il mestiere che aveva Carlo. Era incredibilmente pronto per la sua età, era curioso, e scriveva bene. Non era umile, ma non bisogna esserlo quando si ha talento. Quando qualche anno dopo tornai a Firenze ad aprire le cronache di Repubblica gli chiesi di venire con me. Ma Giovanni Branchini aveva già cominciato a portarmelo via. 

    Non so perché lui mi abbia sempre voluto bene, ma lo ha fatto. Ci siamo sempre stimati molto e in modo non becero, da fiorentini antichi. Machiavelli soffriva di giorno nella Firenze ufficiale, ma si sfogava la sera nella bettole col vino e le carte. Noi si andava dal Troia a mangiare bistecche e fagioli, a parlare di giornali e calciatori. Ho viso crescere Calciomercato da un angolo, l’ho visto diventare una cosa importante, ho visto nascere e moltiplicarsi giornalisti al suo desk, ho visto arrivare la corrazzata Agresti. Poi ho visto anche Carlo arrivare un giorno a casa mia e propormi questa idea sfinente. Perché non è facile vivere ogni giorno avendo un appuntamento, tantomeno con i lettori di calcio. Ma la cosa bella era che Carlo sembrava credere a quello che chiedeva. Aveva proprio piacere che scrivessi per lui. Che quella storia nata quarantacinque anni fa finalmente si capovolgesse e fosse lui a potermi offrire il mestiere. 

    Così eccoci arrivati. Spengo la mia candelina numero cinquecento, quasi gli anni della mia vita. Sono contento perché ho avuto le conferme che non avevo sbagliato, Carlo è rimasto come l’ho conosciuto, appena sfiorato dal tempo, sempre con un’idea da realizzare, sempre insicuro, sempre sospeso tra nobiltà e popolo. Un giorno finirò di conoscere anche Stefano, che però è un mugellano, terra di streghe e talento, tra Giotto e i Medici, gente che parla ma non si apre. Vorrei dividere con loro e con voi la piccola, felice sensazione che provo stasera, di aver fatto un lungo viaggio dentro una grande compagnia.

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