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  • Sharapova dopata, l’ultimo shock: ma può esistere ancora lo sport pulito?

    Sharapova dopata, l’ultimo shock: ma può esistere ancora lo sport pulito?

    • Stefano Agresti
    Vista così, in quel compìto abito nero e con il volto segnato, ci è quasi sembrata sincera. Quasi. E anzi ne abbiamo perfino apprezzato il coraggio e la dignità. Lei, Maria Sharapova, la pin-up del tennis, la campionessa bella e glaciale diventata anche un marchio da vendere in tutto il mondo perfino sotto forma di caramella, ha guardato in faccia le telecamere e ha annunciato: “Sono dopata”. Poi la spiegazione: colpa mia, sono stata ingenua, ho continuato a prendere il Meldonium benché dal primo gennaio fosse stato inserito tra le sostanze proibite, ho sbagliato a non leggere la mail che mi è stata inviata.
     
    Un’ingenuità: e ti viene quasi da pensare che - poveretta - non è giusto paghi in modo pesante una distrazione. Attenzione, però: troppe volte abbiamo ascoltato giustificazioni plausibili dietro una storia di doping, quasi mai ci è capitato di sentire qualcuno dire “ho preso questa roba per batterli tutti, per diventare famoso, per coprirmi d’oro”. Ma perché Maria Sharapova, così forte e potente, da dieci anni prendeva una sostanza “per curare il diabete”, come ha detto lei? Era davvero malata, pur continuando a giocare e vincere in ogni angolo del mondo? E perché questo Meldonium in realtà è indicato per le cefalee e come anti-ischemico, visto che aumenta la fluidità del sangue, ma non come farmaco utile per il diabete? Ed è un caso che proprio tale prodotto sia alla base di tutti i più recenti casi di doping nello sport russo, non solo nel tennis ma anche nel ciclismo, nel biathlon, nell’atletica? Perché tutti gli sportivi di quel Paese impiegavano lo stesso farmaco? Erano tutti malati, come capita ormai a troppi atleti che denunciano asme e patologie assortite e che a causa di queste dichiarano di doversi curare con un medicinale oppure con l'altro?
     
    Attenuato lo shock per una notizia che sconvolge lo sport mondiale, dobbiamo ampliare la nostra riflessione sul caso Sharapova. E pensare se è fisicamente sopportabile quanto viene chiesto oggi agli atleti e alle atlete nelle discipline più diffuse. Il circo del tennis impone ritmi forsennati per almeno undici mesi l’anno, con viaggi massacranti e incontri basati sempre più sulla potenza, quindi con un impegno atletico straordinario. Lo stesso accade in altre discipline, ciascuna con le proprie caratteristiche: il ciclismo, il basket, il calcio. I campioni, i big, quelli che portano la gente negli stadi o sulle strade e producono ricchezza con i diritti televisivi, non possono fermarsi mai: lo impone la folle regola dello sport business. Di fronte a questo, c’è davvero chi crede che si possa ancora andare avanti a pastasciutta e acqua naturale? Si viaggia sempre più spesso sul filo del burrone, a volte si va oltre. Nessuno ovviamente giustifica chi inganna, ma almeno - per favore - non stupiamoci quando scopriamo un baro.

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    @steagresti

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