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  • Sintini, dal tumore allo scudetto: 'Forza Sinisa, avrai giorni feroci ma ti rialzerai'

    Sintini, dal tumore allo scudetto: 'Forza Sinisa, avrai giorni feroci ma ti rialzerai'

    L'ex pallavolista Giacomo Sintini, 40 anni, ha dichiarato in un'intervista a La Repubblica: "Ascoltando Mihajlovic, faccio fatica a non pensare a me. Sinisa è un guerriero, ha l’atteggiamento giusto per combattere la malattia. Ma dovrà stringere i denti. Ci saranno giorni feroci". 

    "Linfoma non Hodgkin a grandi cellule B diffuso, alto grado di malignità, quarto stadio. Era il 1° giugno 2011. Quel giorno la mia vita si è fermata. Poi ho lottato e vinto. Si trovano forza e coraggio nella squadra: la famiglia, gli amici, i medici. Lo sport è una metafora perfetta, o almeno quella che meglio conosco, anche nella malattia: che è come una caduta o una specie di sconfitta, ma l’atleta deve saperla accettare e poi provare a rialzarsi. Avevo dolore alla schiena. Pensavo fosse per lo sforzo agonistico, era appena finito il campionato. Mi curavo in piscina. Un giorno, nuotando, sbattei le mani a bordo vasca. Sentii un dolore insopportabile, quasi affogavo. Stessa cosa due giorni dopo, in un bar: era una mattina fresca, starnutii, di nuovo come una coltellata al torace. Corsi a fare degli esami, mi trovarono una massa tumorale che mi aveva rotto una costola. Poi altre tre lesioni. Ho iniziato le cure il 23 giugno 2011 all’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia, con lo staff del professor Brunangelo Falini. Chemio durissima, per certi cicli inefficace, e dopo sette mesi l’autotrapianto di midollo osseo". 

    "Il momento più duro? La notizia della diagnosi. È stato terribile, un giorno spietato. Mi ha messo in ginocchio. Paura, terrore, confusione. Ti passano mille cose per la testa: capita proprio a me, l’invincibile? Meglio che capiti a me, che a mia figlia Carolina. Poi quelli di certe notti a vomitare, da solo nella mia stanza d’ospedale. Sono dimagrito 21 chili, ero sulla sedia a rotelle. E quei momenti in cui non lo dici, non lo dice tua moglie, non lo dicono i tuoi genitori, provi persino a scherzare, a parlare d’altro, ma tutti sanno che può finire male. Ho ricominciato ad allenarmi appena terminate le cure. Andai all’Inps a farmi togliere l’invalidità, volevo l’idoneità sportiva. Quando è caduto l’ultimo pallone a terra nella finale scudetto 2013 sono tornato Jack il pallavolista, guarito del tutto. Non è stata una fortuna la malattia, non la rivivrei ma neanche la cancellerei. Ti insegna l’amore, la pazienza, la gratitudine, il coraggio. E la forza della squadra". 

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