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  • Sms mafiosi| A "Quelli che il calcio"

    Sms mafiosi| A "Quelli che il calcio"

    Per aggirare il regime d'isolamento imposto dal "41 bis", la criminalità organizzata utilizzava messaggi cifrati mandati in onda la domenica nel rullo della famosa trasmissione condotta da Simona Ventura. Il mondo del pallone non può più permettersi di nascondere la testa sotto la sabbia, ma ha il dovere di fare la sua parte e contribuire a combattere la cultura mafiosa. Bisogna ricreare un sistema di valori e lo sport in questo senso può rivelarsi veicolo ideale.

    Gli stratagemmi e i modi utilizzati dai boss in regime di carcere duro per comunicare con l'esterno non sono una novità. Un sms apparentemente banale: "Tutto ok, Paolo". Un messaggio che scorreva, in mezzo a migliaia di altri simili, nel rullo che fa da "sottopancia" alla trasmissione domenicale "Quelli che il calcio...". Macrì, oggi procuratore generale ad Ancona, ha parlato di questa procedura di invio di messaggi cifrati l'11 maggio scorso, nel corso dell'audizione alla Commissione parlamentare antimafia, non rivelando da quale carcere sia stata fatta la segnalazione.

    Il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso ha così chiesto una verifica sui programmi tv la cui visione è consentita ai detenuti in regime di 41 bis. Va subito precisato che la staff e la macchina produttiva di "Quelli che il calcio..." non hanno la minima responsabilità su ciò che è avvenuto: i brevi testi che vengono pubblicati non sono così espliciti da meritare una censura da parte degli autori. D'altronde - prosegue Grasso - "non esiste un sistema d'isolamento assolutamente impenetrabile. Per esempio, i colloqui tra i boss e i loro avvocati non possono essere intercettati o registrati, quindi gli avvocati corrotti potrebbero diventare facili messaggeri per i capi clan. Stesso discorso per gli agenti infedeli, per i medici e i cappellani, tutte persone che hanno contatti con i detenuti".

    Questa rivelazione arriva dopo la recente denuncia fatta da Libera, che ha evidenziato che la criminalità organizzata ha allungato le mani anche sul business calcio. E sono più di 30 i clan direttamente coinvolti o contigui censiti nelle principali inchieste riguardanti le infiltrazioni mafiose e i casi di corruzione nel mondo del football.

    Il dossier "Le mafie nel pallone" (anticipazione di un libro di Daniele Poto, in distribuzione a settembre) denuncia come alla "spartizione della torta" partecipi il gotha delle cosche, "dai Lo Piccolo ai Casalesi, dai Mallardo ai Pellè, dai Misso ai Pesce e Santapaola".

    "Mi stupisco di chi si stupisce - ammette don Luigi Ciotti, presidente di Libera -. Da sempre le mafie hanno controllato sul territorio le squadre di calcio. E oggi più che mai gestiscono il calcio scommesse, condizionano le partite, usano lo sport per cementare legami della politica, riciclano soldi". 'Ndrangheta, Camorra, Cosa nostra, Sacra corona unita, "tutte attive ed operative - assicura il dossier - nel corrompere quella che sembrava in apparenza un'isola felice  e che viene interpretata solo come un enorme affare".

    Dalla Lombardia al Lazio, passando per la Campania, la Basilicata, la Calabria e la Puglia, con "sospetti" in Abruzzo e un "radicamento profondo" in  Sicilia. La geografia della commistione di calcio e illegalità disegnata dal dossier risparmia poche aree del Paese. "Il sistema calcio - accusano i curatori - parte dalle scuole giovanili, dove più dei meriti contano le appartenenze alle cosche e la raccomandazione deviata" ma si sviluppa e si autoalimenta attraverso attività di copertura, riciclaggio di soldi sporchi, compravendite "in nero", gestione delle scommesse: "nel campionato scorso, le partite del campionato di serie B 'indirizzate' sarebbero state almeno 25".

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