Calciomercato.com

  • Sono gli hooligans la vera Brexit

    Sono gli hooligans la vera Brexit

    • Pippo Russo
    La Brexit? È stata già messa in atto da un quarto di secolo e negli ultimi due giorni a Marsiglia ne abbiamo avuto l’ennesima dimostrazione. Una violenza bestiale, inscenata in collaborazione col peggio della tifoseria russa al seguito della nazionale e con la partecipazione straordinaria di ultras locali o appositamente giunti in loco. E suonava davvero surreale constatare quale fosse ieri la scaletta dei notiziari televisivi e radiofonici: notizia d’apertura, gli incidenti di Marsiglia iniziati il venerdì e andati avanti per tutto il sabato; seconda notizia, l’allarme sul referendum con cui il prossimo 23 giugno i cittadini di Sua Maestà decideranno se rimanere o meno nell’Unione Europea, e che stando ai sondaggi porterebbe all’uscita della Gran Bretagna dall’Ue.

    Da quell’ordine di scaletta veniva fuori un quadretto paradossale. Fra undici giorni i sudditi di Sua Maestà voteranno per decidere se uscire dall’Europa comunitaria, ma intanto continuano a mandare in libera uscita per tutto il continente il peggio della loro teppa calcistica. E lo fanno dopo aver reso i loro stadi fra i luoghi più sicuri al mondo. Teatri di uno show calcistico patinato, presto convertito in un brand globale venduto in tutto il mondo, come magistralmente racconta Matthew Bazell nel suo libro “Stadi o teatri?” edito in Italia da Eclettica. Questa trasformazione è avvenuta grazie all’applicazione di una ricetta “Law and Order” che certamente ha funzionato nello sterilizzare gli impianti di gioco, e attorno alla quale si è costruita l’esagerata enfasi sulla presunta fine dell’hooliganismo. Un mito sociale rispetto al quale gli studiosi del fenomeno e uno sparuto gruppo di operatori dell’informazione hanno provato a fare una controstoria, mettendo in evidenza che la violenza dei gruppi radicali del tifo non è stata affatto disinnescata, e che anzi continua a esprimersi in forma molecolare e a relativa distanza dai teatri del calcio fashion di Premier. Ma niente, non c’è modo di scardinare il mito sociale. Anche perché scardinarlo significherebbe mettere a rischio il brand globale. E allora si lascia che quei residui di hooliganismo si ricompattino fuori dai confini nazionali, attorno all’unico elemento identitario capace di produrre unificazione al di là delle inimicizie di club: la nazionale.

    È attorno a quel vessillo che l’orda ritrova un senso originario della tribù. Ma sarebbe anche profondamente sbagliato pensare che quell’orda sia fatta soltanto di hooligan incalliti, di ex teppa da stadio espulsa dagli impianti perché le severe leggi di Sua Maestà così hanno voluto, e perché nel frattempo lo spettacolo è diventato troppo costoso azionando un meccanismo di darwinismo economico; allo stesso modo in cui non erano soltanto hooligan i russi che ieri per le vie di Marsiglia hanno dato vita a uno scontro di campo che sapeva di Medio Evo. Erano in troppi da entrambe le parti per autorizzare a dire che si trattasse soltanto di frange radicali, composte da violenti abituali. Decisivo è stato il richiamo della tribù, da entrambe le parti. L’ultima declinazione calcistica di un senso della nazione nell’epoca del calcio globalizzato. A quel richiamo i tifosi inglesi in trasferta all’estero non riescono proprio a resistere. Nemmeno nell’epoca in cui c’è da sostenere la nazionale inglese meno inglese di sempre, la rappresentativa che più d’ogni altra al mondo ha perso qualsiasi riferimento ai vecchi “stili nazionali di gioco”. I soli rimasti a giocarsela “all’inglese” sono proprio i teppisti, eredità di un tempo che in Inghilterra s’erano affrettati a mettere in archivio. E invece resiste, e alla minima occasione ci ricorda d’essere ancora vivo e vegeto. Specie quando, come ha raccontato magistralmente John King in uno dei suoi romanzi tradotti in Italia da Guanda, c’è da andare “Fuori casa”. Del resto, la parola “leave” che nel referendum verrà privilegiata dai fautori della “Brexit” significa non soltanto “lasciare, uscire da”, ma anche “partire”. E farsi un bel viaggetto fuori dai confini nazionali a ritrovare l’istinto tribale che in casa è stato represso.

    @pippoevai

    Altre Notizie