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  • Speziamania: lo stesso spirito 36 anni dopo

    Speziamania: lo stesso spirito 36 anni dopo

    • Gianni Salis
    Nel settembre del 1985, quando parte il campionato, Vincenzo Italiano non ha ancora compiuto  otto anni. In quella stagione di trentasei anni fa nasce la grande epopea spezzina. Probabilmente la pietra angolare per capire tutto quello che è successo nei decenni a seguire e per spiegare quell’amore viscerale che lega le maglie bianche ai propri tifosi. Certo, un calcio diverso, con la legge Bosman lontana anni luce, che avrebbe sconvolto parecchio quel mondo, in campo e fuori.

    Allora una società dissoltasi nel nulla mentre staff e tecnico che, sorretti da un amore sconfinato dei propri tifosi, arrivando perfino a comprare le casacche per poter giocare, conquistano un’incredibile promozione in C1. Quei nomi, quelle facce, sono tutt’ora scolpiti nella mente di tutti e tramandati alle nuove generazioni che ne conoscono le gesta per filo e per segno. Roba da sciamani di pellerossa americani.

    Sergio (Borgo), ne è  il capitano di quel gruppo di ‘Uomini’, come oggi Claudio (Terzi), anch’egli capitano. Un altro Sergio (Carpanesi), ‘Il Maestro’, ne conduce le gesta e di fatto come Vincenzo (Italiano) assume la guida spirituale del gruppo, blindandolo da tutto: allora come adesso, sebbene con connotazioni societarie di fondo diametralmente opposte.

    Certo è che i ‘rumors’ di vendita della società e che hanno di fatto paralizzato il club bianco proprio a ridosso del ‘mercato di riparazione’, hanno altresì certificato il momento meno felice dell’era Volpi, un patron che, va ricordato, non solo ha preso lo Spezia in D portandolo in 12 anni in A ma lo ha mantenuto e strutturato e al quale i ringraziamenti non saranno mai abbastanza; ecco dunque che quello spirito sembra essersi nuovamente materializzato in riva al Golfo dei Poeti.

    Il successo di Reggio Emilia, al di là del risultato finale, è figlio proprio di quella blindatura, di quell’isolamento mentale che il tecnico siciliano ha saputo imporre al gruppo. Una squadra che non ha pensato a null’altro che a giocare, remando tutti dalla solita parte, ognuno secondo le proprie capacità, siglando di fatto un patto di ferro, anzi, d’acciaio tra ‘Uomini’. Proprio come trentasei anni fa.
     

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