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Stadio e sponsor: Barcellona senza soldi

Stadio e sponsor: Barcellona senza soldi

Più sono belli e più nascondono: "Stiamo cadendo nella trappola di credere a Messi". A Barcellona c'è qualcosa che non torna. Quei tre (ovviamente Messi, Suarez e Neymar) segnano e divertono, la squadra gioca a memoria un calcio a tratti paradisiaco, la gente affluisce copiosa al Camp Nou (erano in 87 mila per il Getafe) dimenticando che in tasca i quattrini sono quello che sono. Riceve, la gente blaugrana, così tanta luce da sentirsi trascinata, tutta insieme, senza distinzioni d'età, censo, cultura, quasi all'estremo opposto, provando una specie di goduria d'appagamento, un misto di noia e passione. E dimentica, sempre collettivamente, che la situazione del mes que un club non è un roseto fiammeggiante al confine della primavera e se anche lo fosse sarebbe corretto dotarsi di guanti per evitare il contatto con le spine. Che ci sono, sono sostanzialmente tre e hanno anche un nome: rigori, stadio e soldi.

Dei rigori dovrebbero rispondere i tre caballeros, dieci sbagliati su diciotto: "E' come se fosse poco poetico segnare così", si dice in giro, nell'unica occasione che si ha per contestare l'operato di Messi, Neymar e Suarez. Che per loro i rigori siano una difficoltà appare assurdo al punto che la loro fallibilità dal dischetto nasconde un altro dato eclatante: che il Barcellona entra a così alta velocità e così spesso nell'area avversaria da farsi fischiare diciotto rigori a favore: un'enormità: "E meno male che non ci servono...", proseguono i tifosi, che poi chiedono a Luis Enrique se per caso non sia stimolante per le altre squadre sapere che "ai rigori" il Barcellona diventa una squadra come le altre, se non peggio: "Tranquilli. Se arrivassimo ai rigori in finale, i miei li segnerebbero tutti!". Interrogarsi su quella specie di decadente "ennui" che porta gli stessi tifosi a temere la "maledizione" della Champions (nessuna squadra da quando non si chiama più Coppa dei Campioni ha vinto per due volte consecutive) e il "contrappasso" di Guardiola: "Arriveremo ancora una volta in finale ma perderemo". Contro chi? I timori dei più scaramantici sanno contro chi. Ma i problemi più "spinosi" sono altri. E anche più urgenti.

Hanno presentato il progetto del nuovo stadio. L'appalto è stato vinto da uno studio giapponese, il Nikken Sekkei, che lavorerà insieme con i catalani del Pascual i Ausió Arquitectes. Sulla carta è meraviglioso. Si tratterebbe di una riqualificazione urbanistica dell'intera area più una ristrutturazione dello scheletro dell'attuale impianto. La spesa è incalcolabile, ma da 600 milioni si può ragionevolmente spingersi a sospettare che, anche se si dovessero concludere i lavori nei tempi prestabiliti (dal 2017 al 2021), il costo dell'operazione non potrebbe fermarsi sotto il miliardo di euro. E chi paga? Pur apparendo sempre tra le aziende calcistiche col più alto fatturato, il Barcellona non ha praticamente una lira. Sta ancora scontando errori e qualche alzata di gomito per festeggiare con eccessivo anticipo traguardi commerciali mai raggiunti. Negli ultimi 25 anni si era già provato due volte a rinnovare lo stadio, che tra i grandi stadi del pallone, diciamo tra quelli più popolati, capienti e visibili a livello planetario, è sicuramente il più vecchio, insomma è nou ma è viejo. Il pubblico di casa lo ama e se potesse lo proteggerebbe con le proprie mani e con le proprie mani darebbe la prima passata di vernice. Ma non è così semplice. Ci sono persino le date delle presentazioni ufficiali del faraonico progetto, ma la verità è che nessuno può garantire che il nuovo Camp Nou si farà sul serio. Così come accadde quando Laporta affidò all'architetto inglese Foster il compito di ridisegnarlo. Anche allora era tutto pronto. Ma non si è mosso un mattone. Per trovare i fondi Laporta aveva venduto ai privati 130 mila ettari di terreno edificabile intorno allo stadio, tra quelli universitari e il quartiere di Les Corts. Quei soldi sarebbe dovuti servire per ricostruire lo stadio, invece sono spariti, inghiottiti dalla famelica bocca dei debiti. Era il 2010. Il vicinato è sul piede di guerra. Non vogliono cantieri ma soprattutto sognano un risarcimento sotto forma di scuole, ospedali, centro di accoglienza per i disabili e gli anziani. Il sindaco di Barcellona Ada Colau, la 43enne attivista di sinistra (una specie di emanazione catalana di Podemos) che un tempo occupava case e adesso le difende per i più poveri, non vede di buon occhio spese di tal portata e non è detto che sia disposta a chiudere un occhio in nome del calcio che unisce.

Per costruire lo stadio il Barcellona dovrebbe chiedere almeno 400 milioni in prestito e non c'è nessuna possibilità di ottenerli, non prima che il club effettui un aumento di capitale, ma questo, in una specie di corto circuito finanziario, non sarà mai possibile finché non viene sciolto il nodo Qatar Airways: rapporti interrotti e impossibilità di mettere a bilancio gli incassi futuri da "jersey sponsorship" (finora Qatar dava 60 mln all'anno, pochissimo rispetto a quanto prende, per esempio, lo United da Chevrolet). Il nodo Qatar blocca anche la Nike. Il colosso americano è in ritardo di due mesi sulla produzione delle magliette per la nuova stagione perché il Barcellona non sa cosa fargli stampare sopra, se Qatar o altro, o addirittura niente. Fatto sta che due mesi di ritardo sui tempi di produzione sono un'enormità che la Nike farà pesare sul suo rapporto col Barcellona. In tutto questo c'è sempre da pensare ai rinnovi dei contratti di Neymar e Busquets, i più delicati (parliamo di 30 milioni l'anno netti e complessivi). Ma anche in questo caso, senza un aumento di capitale, il Barcellona, pur non avendo un tetto salariale, non può rischiare di contravvenire il fair play finanziario (non più del 69% del capitale può essere utilizzato per i costi di mantenimento della rosa) e rischiare altre sanzioni di mercato dalla Fifa. Insomma il nuovo Camp Nou, il cui nome fra l'altro verrebbe ceduto a un marchio per un certo numero di anni, quindi non si chiamerebbe più Camp Nou ma, supponiamo, Zabaione Catalano Arena, c'è ma soltanto sulla carta. Sulle foto sembra l'aeroporto di Singapore. Ma quando lo presenteranno, presenteranno il nulla. E il presidente Bartomeu lo sa. L'intreccio morboso di vecchi errori e grande calcio continua.

da repubblica.it

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