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  • Stramaccioni: 'Vengo dai campetti di terra, ma provinciale non lo accetto'

    Stramaccioni: 'Vengo dai campetti di terra, ma provinciale non lo accetto'

    La scalata del giovane allenatore dell'Inter: "Grazie a mia madre".
    Stramaccioni: "Vengo dai campetti di terra, ma provinciale non lo accetto".
    "Venivamo da due settimane in cui ne avevamo sentite di tutti i colori, più o meno giustamente, anche sull'allenatore. Posso accettarlo. Però mi arrabbio se sento critiche strumentali, e cattive. Se dicono che vinciamo da provinciali, facendo sottintendere che per vincere dovremo avviarci a una dimensione di quel tipo, non ci sto. È una mancanza di rispetto per il mio club. Noi siamo l'Inter. Facciamo il 62% di possesso palla e siamo provinciali? Se lo dici, è un attacco strumentale. Se parliamo di tattica, cioè di calcio, accetto che mi si dica: hai rinunciato a un attaccante per un centrocampista, ma è un discorso diverso. L'Inter non ha cambiato idea di gioco, che è basata sul possesso palla, sulla ricerca delle fasce: a Torino abbiamo solo interpretato il nostro calcio con giocatori diversi, più difensivi, perché non avevo al massimo Palacio, che avrebbe giocato, né Alvarez. Parliamo di calcio, dico io. Né sento dire a nessuno che contro Roma e Torino abbiamo pressato alti nell'area di rigore avversaria".

    Dai giovani alla Serie A: "Con i campioni ho bisogno di dialogo e di una relazione intensa, credo che apprezzino le mie idee e la mia umanità".

    I colleghi: "Gli italiani sono i più bravi. Spalletti, Ventura e Sacchi lasciano la loro impronta. Zeman? Lui non è nato in Italia...". 
    Predestinato? "Questo non lo so. Mi inorgoglisce il fatto che tutte le mie squadre, dall’inizio, avevano un'impronta chiara, e lo notavano sempre tutti".

    "Ero un calciatore, sì: difensore centrale bravo a impostare, gli stage con l’under 15 con la classe ‘76 di Totti e Nesta, poi le giovanili del Bologna e subito il salto eccezionale: a 15 anni gioco con la Primavera. È l’inizio della fine, perché la differenza d’età quando sei così piccolo si sente, io giocavo contro i ‘73, contro Vieri… Così mi capita un infortunio drammatico, da trauma: 2’ dalla fine a Empoli in Coppa Italia, entro in scivolata e porto via il pallone ma il tacchetto mi rimane nel terreno e l’avversario, senza volerlo, mi frana sul ginocchio. E mi spacca tutto: tre legamenti rotti. Me ne ricostruiscono solo uno, altrimenti mi si bloccherebbe la crescita, ma il ginocchio rimane instabile e inizia il calvario. Dopo la terza operazione da Mariani, fatta almeno per riuscire a camminare normalmente, smetto. E non voglio più sentir parlare di calcio, la botta è stata troppo forte. Pensi che a 15 anni mi voleva la Roma e molto tempo dopo, negli uffici del club, vidi la relazione su di me: 'da prendere', c’era scritto".


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