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  • Tessera del tifoso:| Illegale, ecco perché
Tessera del tifoso:| Illegale, ecco perché

Tessera del tifoso:| Illegale, ecco perché

Ricordo con piacere che questo giornale è sempre stato in prima fila per quella che chiamammo un anno fa una “lotta di civiltà”. Evitando le autocelebrazioni, ricordo ancora come a maggio del 2010 lanciammo la campagna per scongiurare quello che il direttore ha definito come un “obbrobrio”, ossia l’entrata in vigore della “Fidelity card”, la famigerata Tessera del Tifoso. Il nostro quotidiano ha fatto propria questa battaglia, insieme a molti altri, Daniele De Rossi, il Capitano, speciali radiofonici di ottimo contenuto giornalistico, convegni ed incontri organizzati da quasi tutti i Roma club e da My- Roma, importanti approfondimenti nelle riviste legate ai colori oro-porpora, le fondamentali contestazioni effettuate dalla Curva – in particolare, lo slogan “Io non mi tessero” della prima giornata di campionato- ed infine alcune personalità di spicco di fede romanista, come, ad esempio, Paolo Cento, Claudio Amendola e Michele Baldi. I profili discriminatori della “Privilege” sono molteplici: in primis, la violazione della privacy. Il chip all’interno della carta è dotato di tecnologia RFID, che sta per Radio Frequenza Identificazione a Distanza. Le tessere volute dal Ministero sono dotate di chip in grado di tracciare i possessori potenzialmente ovunque. Ora, la riservatezza è tutelata dall’art. 2 della Costituzione italiana, in quanto facente parte dei diritti della personalità, ossia dei diritti inviolabili dell’uomo, per il legame che si instaura tra il singolo cittadino e le formazioni sociali, comprese le istituzioni. Tale diritto viene inoltre legittimato, riconosciuto e protetto anche a livello europeo dal Trattato di Lisbona del 2008 che ha reso operativa la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea o Carta di Nizza, base di una vera e propria Costituzione dell’Unione Europea, che elenca le libertà meritevoli di protezione all’interno del territorio comunitario. Fra queste libertà è ricompreso il diritto alla privacy: l’art. 8 stabilisce infatti che «ogni individuo ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che lo riguardano». Inoltre, sempre la norma in questione prevede che «tali dati devono essere trattati secondo il principio di lealtà, per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o a un altro fondamento legittimo previsto dalla legge». Occorrerebbe, appunto, valutare la legittimità della Tessera rispetto alla normativa comunitaria, dato che la “Card” non ha un fondamento legislativo. Il programma di fidelizzazione dei tifosi attraverso la attribuzione di carte dotate di microchip si basa, infatti, su una direttiva del Ministero dell’Interno. Direttiva che, pur non avendo una efficacia esterna, cioè non incidendo sulle situazioni dei singoli cittadini, costituisce tuttavia una “regola tecnica” alla quale la Pubblica Amministrazione si deve adeguare nel trattare le posizioni individuali. Come regola tecnica appunto, può essere impugnata davanti al T.A.R. insieme al provvedimento emanato dal Prefetto o dall’Osservatorio, oltre che per la riservatezza, anche per violazione del principio di ragionevolezza, ossia per trattare situazioni simili in maniera diversa. Il principio di ragionevolezza è esattamente una applicazione del fondamentale diritto di uguaglianza, sancito dall’art. 3 della Costituzione, che impone: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Questo cardine del sistema costituzionale italiano, sottolineato ieri dal Direttore nel suo editoriale, impone che non possano effettuarsi discriminazioni fra cittadini e, quindi, nel nostro caso, che non possano sussistere “tifosi irregolari”, senza Tessera, differenziati dai “tifosi regolari”. Il principio in questione è anche ribadito, a livello europeo, dalla Carta di Nizza che, agli articoli 20 e 21, solennemente afferma: «Tutte le persone sono uguali davanti alla legge» e «È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura». Non può quindi determinarsi in alcun modo, né a livello di normativa interna, né a livello di legislazione comunitaria, una disparità di trattamento tra cittadini “tesserati” e “non tesserati”. Più specificamente, il Tar, competente a ricevere il ricorso, oltre a non applicare il provvedimento o interpretarlo in maniera conforme alle norme europee, può legittimamente rinviare gli atti alla Corte di Giustizia comunitaria, per valutarne la legittimità. Infine, la circolare del Ministero degli Interni, come sottolineato da vari giuristi, fra i quali Lorenzo Contucci, contrasta anche con la legge interna. L’art. 8 della Legge 4 Aprile 2007 N° 41, che prevede “misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche”, emanata subito dopo la morte dell’Ispettore Raciti, obbliga i club di Serie A, B, Lega Pro e Dilettanti ad escludere qualsiasi tipo di facilitazione per i supporters delle squadre di calcio, pena una sanzione amministrativa del Prefetto con multa dai 50.000 ai 200.000 euro. Stessa norma è prevista dall’art. 12 del Codice di Giustizia Sportiva, che stabilisce: «Alle società è fatto divieto di contribuire, con interventi finanziari o con altre utilità, alla costituzione e al mantenimento di gruppi, organizzati e non, di propri sostenitori». Ma la direttiva Maroni del 2010 prevede la concessione di una serie di benefits a favore dei tifosi “fidelizzati” che abbiano ottenuto la famigerata Carta. L’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive, difatti, spinge le società a favorire “la concessione di facilitazioni, privilegi e/o benefici”. In sostanza, la legge osteggia la possibilità di favorire i tifosi da parte delle società ma, allo stesso tempo, concede ai “tesserati” dei benefici…Se non è discriminazione questa…

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