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  • Tifosi Reggina:| Nel deserto del 'Granillo'

    Tifosi Reggina:| Nel deserto del 'Granillo'

    • D.M.

    Dov'è finito l'entusiasmo del popolo amaranto? Perché le strade e le piazze cittadine non risuonano più di cori osannanti alla luce di grandi imprese, non sono più traboccanti di folle ebbre di gioia? Perché in poco più di due lustri lo stadio di viale Galilei, dove pure va in scena la serie cadetta - non sfide fra dilettanti - offre desolanti vuoti e il tifo non vuol sorreggere la squadra? Quali le cause essenziali, o le concause, che limitano la passione; fanno lievitare rabbia e rancori; attenuano il senso di appartenenza verso un collettivo, e una società la cui storia gloriosa a partire dal 1914 (è vicina al centenario) contempla altresì la svolta dell'86, configurando nel dna della gente di Reggio Calabria, un amore infinito?

    Viaggio nel deserto del 'Granillo'. È la politica della dirigenza Foti a non corrispondere alle aspettative degli sportivi? La squadra a non attrarre con le sue prestazioni? La serie A ha troppo affinato il palato degli aficionados, al punto che il torneo cadetto rappresenta una scelta, a loro avviso, ormai di second'ordine rispetto ad altri interessi di carattere sociale, culturale se non addirittura sportivo e comunque d'evasione? Quanto incide, in una terra endemicamente povera, la crisi economica che stiamo attraversando nella 'corsa' all'abbonamento o al tagliando dello stadio, per non parlare dei riflessi legati alla tessera del tifoso che in questi giorni è stata trasformata in 'carta fedeltà', ma che, nella sostanza, stando ai club organizzati, non migliora le cose e non filtra i pregiudizi?

    Un riscontro: Reggina-Novara andata playoff della scorsa stagione, allenatore Gianluca Atzori, Emiliano Bonazzoli cavallo di razza in prima linea con 17 centri alla fine della regular season, fece registrare un pienone. C'era 'l'obiettivo sportivo’ sul tappeto erboso, le folle si mobilitarono. Un dato da non trascurare in questa nostra inchiesta. Quando la Reggina spiccò il salto storico verso la massima divisione, giugno '99 (masse festose al seguito in tutte le trasferte: il clima però era diverso, i tempi mutano non solo nel calcio) dalla fine dell'estate successiva scattò un'annata irripetibile di scalee sempre assiepate in ogni dove, comprendenti ovviamente gli omaggi e la percentuale di tagliandi riservati agli ospiti. Gli abbonati erano 24.715 su una capienza di 28mila posti. La Reggina era la vessillifera dell'estremo Sud poiché la Sicilia non vantava rappresentanti e, più a Nord, figuravano solo Bari, Lecce e Cagliari.

    Dopo la prima retrocessione e l'immediata promozione in A, sempre sotto Roma, la Reggina poteva fregiarsi del titolo di Stella del Sud con 23.004 abbonati, che oggi sono appena 3.941, a confronto dei 3.525 della stagione passata (e dei 5.100 subito dopo l'ultimo declassamento, con Novellino chiamato dal presidente Foti al timone della Reggina, ma protagonista di un eclatante flop). Allo stadio confluivano, in quell'avvio di epopea, protrattasi per quasi un decennio, fan di tutta la regione, dalla Sicilia e persino dall'estero. Non c'era allora la tv come oggi, almeno durante i primi passi le schede (ricordate quelle taroccate?), inserite nei decoder dei club e dei circoli ricreativi e sportivi, dei bar, dei ristoranti, avevano il potere di radunare durante le trasferte gruppi nutriti di tifosi che poi, nel turno successivo casalingo, si riversavano al ‘Granillo’. Così da trepidare direttamente per l'amata Reggina.

    Tutto trasformato. Dai dati che Sky ci ha potuto fornire (gli altri non sono comunicabili per ovvie questioni di riservatezza aziendale) ecco qualche scampolo di come venga seguita la Reggina adesso: sabato 3 settembre 2011 Reggina-Grosseto ha avuto come indice di spettatori-medi (alle 20,45) la cifra di 112.052. Domenica 9 ottobre Reggina-Bari (20,45) 212.423. Bari-Reggina (ore 12,30) 139.775 spettatori medi. Valutando una massiccia presenza di tifosi avversari e ipotizzando un dato al 50% sul fronte calabrese, si tratta pur sempre di uno 'share' incredibile. Il che richiama, altre considerazioni. La questione-stadi per la collegata fidelizzazione, e la comodità della poltrona di casa interdipendente da prestazioni (il sabato, giorno feriale) che non scaldano i cuori nel trait-d'union con gli obiettivi non centrati. Certo, nel calcio non esistono certezze sui risultati. Ma siamo sicuri che la ragione prioritaria non risieda in un sentimento verso la squadra condizionato dalla crisi economica delle famiglie? Assuefazione, insoddisfazione per la politica societaria quanto hanno influito? E che cosa si può fare per ritornare all'antico splendore?

    (Gazzetta del Sud)

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